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European Economic and Social Committee A bridge between Europe and organised civil society

Gennaio 2025 | IT

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Editoriale

Prefazione del Presidente del CESE

Nel 2025 abbiamo la responsabilità condivisa di costruire un'Europa più forte

In questo inizio d'anno, la presidenza polacca del Consiglio dell'Unione europea mette in rilievo l'urgenza delle complesse sfide che caratterizzano il presente e il futuro dell'Europa e segnala la determinazione ad affrontarle. Nell'ambito del tema generale della sicurezza, la leadership della Polonia promette di fungere da guida nel corso di un anno che sarà fondamentale per la resilienza, la coesione e i progressi dell'UE.

Nel 2025 abbiamo la responsabilità condivisa di costruire un'Europa più forte

In questo inizio d'anno, la presidenza polacca del Consiglio dell'Unione europea mette in rilevo l'urgenza delle complesse sfide che caratterizzano il presente e il futuro dell'Europa e segnala la determinazione ad affrontarle. Nell'ambito del tema generale della sicurezza, la leadership della Polonia promette di fungere da guida nel corso di un anno...Leggi

Nel 2025 abbiamo la responsabilità condivisa di costruire un'Europa più forte

In questo inizio d'anno, la presidenza polacca del Consiglio dell'Unione europea mette in rilevo l'urgenza delle complesse sfide che caratterizzano il presente e il futuro dell'Europa e segnala la determinazione ad affrontarle. Nell'ambito del tema generale della sicurezza, la leadership della Polonia promette di fungere da guida nel corso di un anno che sarà fondamentale per la resilienza, la coesione e i progressi dell'UE.

Le priorità delineate dalla presidenza polacca riflettono un approccio globale alla sicurezza nelle sue molteplici dimensioni. La sicurezza interna, specie per quanto riguarda la protezione delle frontiere e il contrasto della disinformazione, vede in primo piano l'esigenza di vigilare contro le minacce emergenti. La sicurezza esterna si concentrerà sul rafforzamento delle capacità di difesa, sulla promozione dell'innovazione e sull'accelerazione del lavoro diretto a realizzare l'allargamento per garantire la stabilità nel nostro vicinato. Nel frattempo, la sicurezza economica, energetica, alimentare e sanitaria rimarrà essenziale per garantire l'indipendenza dell'Europa e il benessere dei suoi cittadini.

Al Comitato economico e sociale europeo (CESE) siamo pronti a sostenere pienamente l'agenda della nuova presidenza, sfruttando il nostro peculiare ruolo di portavoce della società civile. Il CESE contribuirà attivamente alle discussioni su come salvaguardare la competitività dell'Europa, garantendo nel contempo che nessuno sia lasciato indietro nella triplice transizione, verde, digitale ed economica, che ci troviamo ad affrontare.

Quest'anno si caratterizza anche per un rinnovamento politico, con l'avvio del mandato di una nuova Commissione europea. Si presenta così una nuova opportunità di definire quadri strategici e attuare iniziative in linea con le aspettative dei cittadini europei. Il CESE darà il suo contributo a questa nuova fase, garantendo che le prospettive della società civile e delle parti sociali siano al centro del processo decisionale dell'UE.

Guardando in avanti al 2025, siamo coscienti della responsabilità, che è anche nostra, di costruire un'Europa più forte e più inclusiva. Il CESE continuerà a promuovere lo Stato di diritto, lo sviluppo sostenibile e la coesione sociale, facendo in modo che i contributi della società civile definiscano le priorità dell'agenda dell'UE. Insieme alla presidenza polacca ci adopereremo per affrontare le pressanti sfide di questo periodo, aprendo nel contempo la strada a un'Europa sicura, competitiva e unita per le generazioni a venire.

Oliver RÖPKE

Presidente del CESE

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Date da ricordare

23 gennaio 2025

Proiezione del film Flow - Un mondo da salvare, finalista del Premio Lux del pubblico per il cinema europeo 2025

3 febbraio 2025

Giustizia sociale nell'era digitale

18 febbraio 2025

Verso il vertice mondiale sulla disabilità: per uno sviluppo e un'azione umanitaria inclusivi in materia di disabilità

26 e 27 febbraio 2025

Sessione plenaria del CESE

L'ospite a sorpresa

L'azione dell'UE nella Siria post-Assad deve trovare un equilibrio tra le esigenze umanitarie, la politica migratoria e la stabilizzazione e ricostruzione del paese. La politica interna e le considerazioni a breve termine rischiano di dare priorità ai rimpatri e di accelerarli, mentre approcci coordinati ed equilibrati potrebbero svolgere un ruolo cruciale nella stabilizzazione della Siria e nella promozione dello sviluppo a lungo termine, scrive l'ospite a sorpresa di CESE Info, Alberto-Horst Neidhardt, uno dei principali esperti in materia di migrazione presso il Centro di politica europea.

 

 

L'azione dell'UE nella Siria post-Assad deve trovare un equilibrio tra le esigenze umanitarie, la politica migratoria e la stabilizzazione e ricostruzione del paese. La politica interna e le considerazioni a breve termine rischiano di dare priorità ai rimpatri e di accelerarli, mentre approcci coordinati ed equilibrati potrebbero svolgere un ruolo cruciale nella stabilizzazione della Siria e nella promozione dello sviluppo a lungo termine, scrive l'ospite a sorpr...Leggi

L'azione dell'UE nella Siria post-Assad deve trovare un equilibrio tra le esigenze umanitarie, la politica migratoria e la stabilizzazione e ricostruzione del paese. La politica interna e le considerazioni a breve termine rischiano di dare priorità ai rimpatri e di accelerarli, mentre approcci coordinati ed equilibrati potrebbero svolgere un ruolo cruciale nella stabilizzazione della Siria e nella promozione dello sviluppo a lungo termine, scrive l'ospite a sorpresa di CESE Info, Alberto-Horst Neidhardt, uno dei principali esperti in materia di migrazione presso il Centro di politica europea.

Alberto-Horst Neidhardt è analista politico senior e capo del programma europeo per la diversità e la migrazione presso il Centro di politica europea (EPC). Si occupa di legislazione e politiche in materia di asilo e migrazione, diritti dei cittadini dell'UE, disinformazione e politica della migrazione. Ha conseguito il dottorato in diritto dell'UE presso l'Istituto universitario europeo. Insegna politiche di migrazione e mobilità, governance dell'UE ed elaborazione di politiche etiche all'Università cattolica di Lilla.

 

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LA SIRIA DOPO ASSAD: L'APPROCCIO DELL'UE AI RIMPATRI DI SIRIANI POTREBBE SEGNARE UNA SVOLTA NELLA POLITICA IN MATERIA DI MIGRAZIONE

Di Alberto-Horst Neidhardt

A un mese dalla caduta del brutale governo di Bashar al-Assad, la risposta ufficiale dell'UE si limita in grande misura all'annuncio di aiuti allo sviluppo e alla stabilizzazione economica. Non è stato chiarito se e quando le sanzioni nei confronti della Siria saranno revocate. Il sostegno europeo dipenderà dalla protezione delle minoranze e da altre garanzie, le cui prospettive restano incerte. Le complesse dinamiche politiche, umanitarie e di sicurezza della Siria fanno ritenere che qualsiasi consolidamento democratico sarà lungo e impegnativo. 

Di Alberto-Horst Neidhardt

A un mese dalla caduta del brutale governo di Bashar al-Assad, la risposta ufficiale dell'UE si limita in grande misura all'annuncio di aiuti allo sviluppo e a...Leggi

Di Alberto-Horst Neidhardt

A un mese dalla caduta del brutale governo di Bashar al-Assad, la risposta ufficiale dell'UE si limita in grande misura all'annuncio di aiuti allo sviluppo e alla stabilizzazione economica. Non è stato chiarito se e quando le sanzioni nei confronti della Siria saranno revocate. Il sostegno europeo dipenderà dalla protezione delle minoranze e da altre garanzie, le cui prospettive restano incerte. Le complesse dinamiche politiche, umanitarie e di sicurezza della Siria fanno ritenere che qualsiasi consolidamento democratico sarà lungo e impegnativo. Questa situazione metterà alla prova la capacità dell'UE di parlare con una sola voce e di agire congiuntamente per quanto riguarda il futuro del paese. Invece, vari paesi europei non hanno esitato a sottolineare una priorità immediata e comune: rimpatriare gli sfollati siriani. A dicembre, pochi giorni dopo la perdita di Damasco da parte del regime di Assad, l'Austria — dove il leader dell'FPÖ Herbert Kickl ha ricevuto un mandato per formare un nuovo governo — ha annunciato un "bonus rimpatri" e un programma di espulsione per le persone con precedenti penali. Nei Paesi Bassi, il governo di coalizione ispirato dal nazionalista di destra Geert Wilders prevede di individuare aree sicure per i rimpatri. La Germania, dal canto suo, ha annunciato che la protezione concessa ai siriani sarà "riesaminata e revocata" se il paese si stabilizzerà. Altri paesi europei hanno fatto dichiarazioni simili o stanno seguendo attentamente la situazione. Alla luce di quanto precede, anche la decisione di revocare le sanzioni può essere dettata dall'obiettivo di attuare i rimpatri piuttosto che da un cambiamento di opinione sulla nuova leadership siriana.

Con l'aumento del sostegno ai partiti di estrema destra e anti-immigrazione in tutta Europa — e con l'imminenza delle elezioni federali tedesche — la visione degli Stati membri per la Siria rischia di essere dettata da priorità nazionali e calcoli elettorali a breve termine. Tra il 2015 e il 2024 oltre un milione di siriani hanno ottenuto protezione dagli Stati membri dell'UE, per la maggior parte in Germania. La loro presenza si è convertita in una questione politica e sociale controversa. In un contesto di incidenti ampiamente pubblicizzati riguardanti la sicurezza, di inflazione elevata e di aumento dei costi energetici, il sentimento pubblico in molti paesi che ospitano rifugiati è divenuto meno propenso all'accoglienza. Questo cambiamento ha sdoganato la retorica e le politiche ostili. Nonostante gli inviti lanciati dalla Commissione europea e dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati affinché si adotti un approccio prudente nei confronti dei rimpatri, questa dinamica potrebbe spingere i governi europei ad accelerarli, anche unilateralmente.

Dalla caduta del regime di Assad nel dicembre scorso, oltre 125 000 rifugiati sono già tornati in Siria, per lo più da paesi vicini. Tuttavia, le loro prospettive sono tutt'altro che incoraggianti. Anche prima dei recenti avvenimenti, oltre la metà della popolazione siriana si trovava in condizioni di insicurezza alimentare, con tre milioni di persone in condizioni di grave carenza alimentare. Poiché numerose abitazioni sono state distrutte dal conflitto, le strutture di accoglienza sono già piene. Secondo l'UNHCR servono quasi 300 milioni di EUR per l'alloggio, il cibo e l'acqua per quelli che ritornano. Mentre l'UE e gli Stati membri dovrebbero sviluppare approcci coordinati per facilitare a lungo termine un rimpatrio sicuro e volontario dei siriani, la priorità immediata dovrebbe essere quella di rispondere alle esigenze umanitarie del paese in tale contesto. Costringere i rifugiati a ritornare rapidamente in un paese instabile e dilaniato dalla guerra potrebbe nei fatti risultare controproducente, limitando ulteriormente l'accesso a cibo, energia e alloggi. Rimpatri su vasta scala potrebbero anche perturbare il tessuto etnico e socioeconomico di regioni già fragili. Un approccio equilibrato e sostenibile è ancor più giustificato alla luce del potenziale contributo della diaspora siriana agli sforzi di ricostruzione. Il paese avrà bisogno di ingegneri, medici, amministratori, insegnanti e operai con vari livelli di competenza. I siriani hanno acquisito competenze ed esperienze preziose in Europa in tutti i settori pertinenti, comprese l'istruzione, l'edilizia e l'assistenza sanitaria, ma non sarà facile reperire i profili giusti. Inoltre un rimpatrio permanente non costituirebbe una condizione preliminare per contribuire alla ricostruzione: le rimesse provenienti dall'Europa potrebbero svolgere un ruolo cruciale nella riduzione della povertà e nello sviluppo sostenibile. Impegnandosi nella diaspora, i siriani che vivono in Europa potrebbero anche contribuire a rafforzare i legami diplomatici e culturali tra l'UE e la Siria post-Assad.

Può però verificarsi che gli Stati membri abbiano difficoltà ad adottare un approccio equilibrato e non riescano a perseguire un'agenda coordinata. Alcuni di essi potrebbero dare priorità alla stabilità a lungo termine e alla ricostruzione della Siria, consentendo che i rimpatri avvengano spontaneamente. Altri potrebbero accelerare l'offerta di incentivi finanziari al rimpatrio volontario o addirittura rivedere sistematicamente lo status dei siriani non appena la situazione umanitaria sia migliorata, anche leggermente. Tuttavia, l'attuazione di un riesame sistematico dello status di rifugiato andrà incontro a notevoli ostacoli giuridici e comporterà ingenti costi finanziari e amministrativi. Tra l'altro, qualsiasi incentivo al rimpatrio dovrà tenere conto del fatto che la maggior parte dei siriani sfollati in Europa è ormai insediata, e oltre 300 000 persone hanno acquisito la cittadinanza dell'UE. Per di più, le pessime prospettive economiche e occupazionali della Siria possono dissuadere dal ritornare anche chi è più motivato a farlo. In questo contesto molto dipenderà dal fatto che i siriani siano autorizzati o meno a partecipare ai cosiddetti "movimenti pendolari", ossia a rientrare in Siria per periodi limitati mentre i paesi europei ospitanti continuano a offrire loro opportunità sostenibili per un rimpatrio più permanente. Tali questioni saranno inevitabilmente interconnesse con discussioni più ampie sulla politica migratoria dell'UE. I futuri negoziati sulla revisione della direttiva UE che disciplina i rimpatri, per la quale si attende a breve una proposta della Commissione europea, potrebbero ricevere un impulso decisivo in funzione dell'evoluzione delle discussioni sui rimpatri dei siriani. Ma la revisione della direttiva potrebbe anche far emergere ulteriori divisioni tra gli Stati membri dell'UE. Poiché le politiche migratorie necessitano di un profondo ripensamento per affrontare efficacemente le sfide odierne, l'approccio dell'UE nei confronti degli sfollati siriani costituirà probabilmente un primo punto di svolta critico nel nuovo ciclo.

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VENIAMO AL PUNTO!

L'UE si trova ad affrontare una grave crisi abitativa dovuta all'aumento degli affitti, ai prezzi degli immobili saliti alle stelle e al fatto che i salari non riescono a tenere il passo con l'inflazione.  Per rimediare al fallimento del mercato nel settore dell'edilizia abitativa il Comitato chiede che siano adottate misure urgenti e l'elaborazione di una solida strategia dell'UE in materia di alloggi, scrive Thomas Kattnig, relatore del parere del CESE sul tema Edilizia sociale nell'UE - alloggi dignitosi, sostenibili ed economicamente accessibili.

L'UE si trova ad affrontare una grave crisi abitativa dovuta all'aumento degli affitti, ai prezzi degli immobili saliti alle stelle e al fatto che i salari non riescono a tenere il passo con l'inflazione.  Per rimediare al fallimento del mercato nel settore dell'edilizia abitativa il Comitato chiede che siano adottate misure urgenti e l'elaborazione di una solida strategia dell'UE in materia di alloggi, scrive Thomas Kattnig, relatore del parere del ...Leggi

L'UE si trova ad affrontare una grave crisi abitativa dovuta all'aumento degli affitti, ai prezzi degli immobili saliti alle stelle e al fatto che i salari non riescono a tenere il passo con l'inflazione.  Per rimediare al fallimento del mercato nel settore dell'edilizia abitativa il Comitato chiede che siano adottate misure urgenti e l'elaborazione di una solida strategia dell'UE in materia di alloggi, scrive Thomas Kattnig, relatore del parere del CESE sul tema Edilizia sociale nell'UE - alloggi dignitosi, sostenibili ed economicamente accessibili.

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Il CESE propone soluzioni per superare la crisi abitativa in Europa

di Thomas Kattnig

L'aumento degli affitti, i prezzi degli immobili saliti alle stelle e i salari che non riescono a tenere il passo con l'inflazione fanno sì che gli alloggi siano diventati inaccessibili per un numero sempre maggiore di persone. La crisi degli alloggi nell'Unione europea è un dato di fatto.

Questa situazione comporta un aumento della spesa sanitaria, perdite di produttività, danni ambientali e conseguenze economiche negative dovute al calo del potere d'acquisto.

di Thomas Kattnig

L'aumento degli affitti, i prezzi degli immobili saliti alle stelle e i salari che non riescono a tenere il passo con l'inflazione fanno sì che gli alloggi siano diventati inaccessibili per un numero sempre maggiore di persone. La crisi degli alloggi nell'Unione europea è un dato di fatto.

Questa situazione comporta un aumento della spesa sanitaria, perdite di produttività, danni ambientali e conseguenze econom...Leggi

di Thomas Kattnig

L'aumento degli affitti, i prezzi degli immobili saliti alle stelle e i salari che non riescono a tenere il passo con l'inflazione fanno sì che gli alloggi siano diventati inaccessibili per un numero sempre maggiore di persone. La crisi degli alloggi nell'Unione europea è un dato di fatto.

Questa situazione comporta un aumento della spesa sanitaria, perdite di produttività, danni ambientali e conseguenze economiche negative dovute al calo del potere d'acquisto.

In quanto portavoce della società civile organizzata, il CESE ritiene necessario agire con urgenza per rimediare al fallimento del mercato nel settore dell'edilizia abitativa. Invita pertanto la Commissione a collaborare con il Parlamento europeo, gli Stati membri e la società civile per elaborare un pacchetto completo di misure dell'UE che definisca le condizioni quadro e sancisca il diritto all'alloggio, in linea con il pilastro europeo dei diritti sociali e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Accoglie quindi con favore la nomina di un commissario per l'Energia e l'edilizia abitativa e l'annuncio che nei prossimi cento giorni sarà presentato un piano europeo per gli alloggi a prezzi accessibili. Abbiamo bisogno, tra l'altro, di un registro a livello dell'UE per la trasparenza delle operazioni immobiliari, di un coordinamento più razionale, di procedure di autorizzazione più efficienti, di una migliore pianificazione del territorio, di terreni a prezzi accessibili per gli alloggi sociali, di maggiori investimenti nelle ristrutturazioni e nelle costruzioni rispettose del clima e del programma "Prima la casa" (Housing First), in modo da garantire nuovamente sicurezza e prospettive alle persone senza fissa dimora. Chiediamo che l'alloggio sia riconosciuto come un diritto fondamentale e non come una merce, integrandolo nel diritto primario dell'UE.

Al tempo stesso, concordiamo con la relazione Letta secondo cui l'accesso agli alloggi sociali deve essere definito in modo più ampio nella normativa in materia di aiuti di Stato.

Il CESE chiede inoltre un aumento significativo del sostegno finanziario per l'edilizia residenziale sociale. In primo luogo, gli investimenti pubblici nell'edilizia sociale devono essere esclusi dall'applicazione delle regole sul debito del patto di stabilità e crescita. In secondo luogo, gli imprenditori immobiliari senza scopo di lucro e le cooperative, come pure gli enti locali, dovrebbero poter ottenere prestiti a lungo termine a tasso di interesse zero grazie alla piattaforma di investimento prevista a tal fine o direttamente dalla Banca europea per gli investimenti.

Gli alloggi dati in locazione a breve termine, che costituiscono un problema in molte grandi città europee, riducono ulteriormente il numero delle abitazioni disponibili. Per far fronte a questo fenomeno abbiamo bisogno di un pacchetto di strumenti a livello dell'UE che comprenda, tra l'altro, una tassa sugli alloggi vacanti e massimali degli affitti, e che consenta agli Stati membri di adottare misure adeguate.

Occorre inoltre prestare particolare attenzione alla necessità di a) soddisfare le esigenze abitative dei giovani attraverso programmi mirati come Housing First for Youth - HF4Y (Prima la casa per i giovani) e b) includere le persone con disabilità.

Per garantire che gli alloggi siano non solo economicamente accessibili ma anche sostenibili, la ristrutturazione e la riqualificazione degli immobili dovrebbero essere considerate prioritarie rispetto alla costruzione di edifici nuovi. Per facilitare tali ristrutturazioni, chiediamo di combinare misure obbligatorie e misure di accompagnamento al fine di garantire azioni per il clima eque. È necessario prevedere strumenti di finanziamento che consentano a chiunque, indipendentemente dalla propria situazione finanziaria, di realizzare ristrutturazioni termiche ed energetiche. Allo stesso tempo occorre stabilire degli obblighi per i proprietari di beni immobili, in particolare per coloro che li danno in locazione, al fine di tutelare gli inquilini da aumenti eccessivi degli affitti dovuti a un trasferimento dei costi da parte dei padroni di casa.

Infine, sottolineiamo che la crisi abitativa non solo incide negativamente sulla qualità di vita dei cittadini europei, ma minaccia anche il buon funzionamento del mercato interno dell'UE. È quindi necessario adottare una strategia dell'UE in materia di alloggi che permetta di incrementare l'offerta di abitazioni, introdurre misure volte a ridurre i costi di costruzione, contribuire a migliorare le competenze della forza lavoro, aumentare la produttività e migliorare le prestazioni ambientali del settore dell'edilizia.

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Una domanda a…

Nell'aprile 2024 Enrico Letta ha pubblicato la tanto attesa relazione sul futuro del mercato unico dell'UE, dal titolo Much More than a Market [Molto più di un mercato]. Nella sessione plenaria di gennaio il CESE ha adottato un parere sul tema Come sostenere i soggetti dell'economia sociale in linea con le norme in materia di aiuti di Stato: alcune riflessioni a seguito dei suggerimenti contenuti nella relazione di Enrico Letta. Abbiamo chiesto al relatore del parere, Giuseppe Guerini, in che misura e per quale motivo ha tratto ispirazione dalla relazione Letta, la quale invita tra l'altro le istituzioni europee a migliorare il quadro giuridico in materia di aiuti di Stato e a consentire alle imprese dell'economia sociale di ottenere più facilmente prestiti e finanziamenti. Sulla base delle conclusioni di questa relazione, in che modo il CESE intende aiutare tali imprese a rispettare le norme in materia di aiuti di Stato?

Nell'aprile 2024 Enrico Letta ha pubblicato la tanto attesa relazione sul futuro del mercato unico dell'UE, dal titolo Much More than a Market [Molto più di un mercato]. Nella sessione plenaria di gennaio il CESE ha adottato un parere sul tema Co...Leggi

Nell'aprile 2024 Enrico Letta ha pubblicato la tanto attesa relazione sul futuro del mercato unico dell'UE, dal titolo Much More than a Market [Molto più di un mercato]. Nella sessione plenaria di gennaio il CESE ha adottato un parere sul tema Come sostenere i soggetti dell'economia sociale in linea con le norme in materia di aiuti di Stato: alcune riflessioni a seguito dei suggerimenti contenuti nella relazione di Enrico Letta. Abbiamo chiesto al relatore del parere, Giuseppe Guerini, in che misura e per quale motivo ha tratto ispirazione dalla relazione Letta, la quale invita tra l'altro le istituzioni europee a migliorare il quadro giuridico in materia di aiuti di Stato e a consentire alle imprese dell'economia sociale di ottenere più facilmente prestiti e finanziamenti. Sulla base delle conclusioni di questa relazione, in che modo il CESE intende aiutare tali imprese a rispettare le norme in materia di aiuti di Stato?

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Garantire un sostegno finanziario equo ai soggetti dell'economia sociale nel rispetto delle norme dell'UE

di Giuseppe Guerini

Come indicato sin dal titolo della relazione Letta, l'Unione Europea e il suo sistema economico e imprenditoriale rappresentano molto più di un mercato perché, fin da principio, l'Unione Europea ha scelto di essere un'economia sociale di mercato, in cui la prosperità economica non è data soltanto dall'accumulazione di ricchezza, ma anche dalla capacità di fare in modo che la ricchezza scambiata e accumulata nel mercato vada a vantaggio di tutti. 

di Giuseppe Guerini

Come indicato sin dal titolo della relazione Letta, l'Unione Europea e il suo sistema economico e imprenditoriale rappresentano molto più di un mercato perché, fin da principio, l'Unione Europea ha scelto di essere un'economia sociale di mercato, in cui la prosperità economica non è data soltanto dall'accumulazione di ricchezza, ma anche dalla capacità di fare in modo che la ricchezza scambiata e...Leggi

di Giuseppe Guerini

Come indicato sin dal titolo della relazione Letta, l'Unione Europea e il suo sistema economico e imprenditoriale rappresentano molto più di un mercato perché, fin da principio, l'Unione Europea ha scelto di essere un'economia sociale di mercato, in cui la prosperità economica non è data soltanto dall'accumulazione di ricchezza, ma anche dalla capacità di fare in modo che la ricchezza scambiata e accumulata nel mercato vada a vantaggio di tutti.

In questo modello economico i soggetti dell'economia sociale formano un ecosistema che garantisce solidarietà nello svolgimento dell'attività d'impresa, e si tratti quindi di un modello vantaggioso per le organizzazioni private che però operano nell'interesse generale.

La relazione Letta coglie questa caratteristica – già individuata dal piano d'azione e dalla raccomandazione sull'economia sociale – e invita le istituzioni europee a riconoscere le peculiarità delle imprese dell'economia sociale, adeguando le norme che disciplinano il mercato interno e la concorrenza e migliorando il quadro giuridico in materia di aiuti di Stato, al fine di assicurare a queste imprese un accesso più rapido a prestiti e finanziamenti.

Il CESE si è molto adoperato per assicurarsi che le istituzioni europee e internazionali riconoscano la finalità e la funzione delle imprese dell'economia sociale. Ha partecipato a molteplici iniziative e ha adottato numerosi pareri in linea con i lavori che hanno portato all'adozione del piano d'azione dell'UE per l'economia sociale, nel 2021, e della raccomandazione agli Stati membri, nel 2023. Inoltre, con i suoi pareri sulla politica di concorrenza e sugli aiuti di Stato relativi a servizi d'interesse economico generale, il Comitato ha messo in luce la necessità di aumentare le soglie per gli aiuti de minimis e si è assicurato che questi cambiamenti venissero introdotti nel regolamento in materia, che così modificato è stato adottato alla fine del 2023. Le richieste di adeguare il regolamento generale di esenzione per categoria e di migliorare i finanziamenti, contenute nella relazione Letta, sono in linea gli appelli formulati dal CESE in diversi pareri pubblicati nel 2022 e nel 2023. Ciò incoraggia il Comitato a continuare a lavorare alla promozione di questo parere, con l'obiettivo di aumentare il riconoscimento dell'economia sociale. Vogliamo che tra i cittadini si diffonda la consapevolezza circa i vantaggi di una regolamentazione efficace in materia di concorrenza e di aiuti di Stato sia per le imprese dell'economia sociale che per l'intero sistema dei servizi di interesse generale.

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Notizie dal CESE

Il Presidente del Consiglio europeo António Costa chiede l'aiuto della società civile per realizzare la sua visione di un'Europa più forte e competitiva

António Costa, nuovo Presidente del Consiglio europeo, ha colto l'occasione del suo primo intervento al Comitato economico e sociale europeo (CESE) per delineare le sue priorità fondamentali per l'UE. Ha posto l'accento sulla competitività quale fondamento della prosperità dell'Europa, sottolineando l'importanza di coniugarla con i diritti sociali per costruire un futuro sostenibile. Il Presidente del CESE Oliver Röpke gli ha fatto eco affermando che "la competitività deve essere al servizio dei molti e non dei pochi".

António Costa, nuovo Presidente del Consiglio europeo, ha colto l'occasione del suo primo intervento al Comitato economico e sociale europeo (CESE) per delineare le sue priorità fondamentali per l'UE. Ha posto l'accento sulla competitività quale fondamento della prosperità dell'Europa, sottolineando l'importanza di coniugarla con i diritti sociali per costruire un futuro sostenibile. Il Presidente del CESE Oliver Röpke gli ha f...Leggi

António Costa, nuovo Presidente del Consiglio europeo, ha colto l'occasione del suo primo intervento al Comitato economico e sociale europeo (CESE) per delineare le sue priorità fondamentali per l'UE. Ha posto l'accento sulla competitività quale fondamento della prosperità dell'Europa, sottolineando l'importanza di coniugarla con i diritti sociali per costruire un futuro sostenibile. Il Presidente del CESE Oliver Röpke gli ha fatto eco affermando che "la competitività deve essere al servizio dei molti e non dei pochi".

Nel suo intervento alla plenaria del CESE pochi giorni dopo il suo insediamento, avvenuto il 1º dicembre scorso, Costa ha invocato un'azione collettiva urgente. "Siamo sulla buona strada. Abbiamo fatto la diagnosi, abbiamo proposte ambiziose, ma dobbiamo avere la volontà politica. Dobbiamo concentrare la nostra attenzione sulla crescita, sull'occupazione e su un'Europa sociale, in modo che la giovane generazione di oggi possa guardare indietro e dire: questo è stato il momento in cui ci siamo assicurati la prosperità."

La competitività e riforme su misura sono al centro dell'agenda del Presidente Costa: ha proposto di rinnovare il mercato unico, di ridurre le regolamentazioni superflue e di investire nelle competenze e nell'innovazione per rafforzare l'economia europea. "Abbiamo bisogno di imprese forti, non perché siano meno costose, ma perché innovano con idee e con una forza lavoro qualificata", ha dichiarato. Costa ha inoltre chiesto riforme basate sui risultati, ispirate al NextGenerationEU: "Si tratta di sana logica per il futuro". Ha esortato gli Stati membri ad affrontare il prossimo bilancio dell'UE con apertura.

"La competitività non è solo una questione di obiettivi economici, ma anche di creazione di opportunità per tutti gli europei e di promozione della resilienza", ha aggiunto Röpke. "La crescita economica deve andare di pari passo con il progresso sociale, garantendo che nessuno sia lasciato indietro."

Costa ha elogiato il ruolo del CESE nel promuovere il dialogo sociale, definendolo "il modello europeo" per entrare in contatto con i cittadini. "Il dialogo sociale ci consente di trovare soluzioni sostenibili attraverso la costante negoziazione tra i diversi rappresentanti delle nostre società. Si tratta di un fattore essenziale, soprattutto in questo momento", ha dichiarato.

Il dibattito in sessione plenaria ha toccato temi centrali come gli alloggi, la migrazione e i costi dell'energia: questioni che Costa considera prioritarie. Per parte sua, Röpke ha sottolineato la necessità di soluzioni pratiche, mettendo in rilievo l'importanza di investire nell'istruzione, nella riqualificazione, negli alloggi a prezzi accessibili e nella transizione verde. "Il CESE è pienamente impegnato a far sentire la voce della società civile nel processo di definizione di un'Europa inclusiva, resiliente e preparata alle sfide del futuro." (gb)

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Il primo Forum del CESE sull'edilizia abitativa invoca il diritto all'alloggio in quanto diritto fondamentale

Il diritto all'alloggio deve essere riconosciuto in quanto diritto fondamentale, garantendo abitazioni dignitose e sostenibili a tutti i cittadini europei, compresi i giovani e gli appartenenti a gruppi vulnerabili.

Il diritto all'alloggio deve essere riconosciuto in quanto diritto fondamentale, garantendo abitazioni dignitose e sostenibili a tutti i cittadini europei, compresi i giovani e gli appartenenti a gruppi vulnerabili.

È questo il forte appello lanciato dal Forum del CESE sull'edilizia abitativa, la cui prima edizione si è tenuta in occasione della seduta del 5 dicembre 2024 dell'ultima sessione plenaria. Il dibattito, nel corso del quale è stato adottat...Leggi

Il diritto all'alloggio deve essere riconosciuto in quanto diritto fondamentale, garantendo abitazioni dignitose e sostenibili a tutti i cittadini europei, compresi i giovani e gli appartenenti a gruppi vulnerabili.

È questo il forte appello lanciato dal Forum del CESE sull'edilizia abitativa, la cui prima edizione si è tenuta in occasione della seduta del 5 dicembre 2024 dell'ultima sessione plenaria. Il dibattito, nel corso del quale è stato adottato un parere sull'argomento, ha potuto contare sulla partecipazione di oratori di spicco.

In seguito alla nomina di Dan Jørgensen quale commissario europeo per l'Energia e l'edilizia abitativa, il Presidente del CESE Oliver Röpke ha espresso il proprio compiacimento per la storica decisione di istituire un portafoglio ad hoc per la questione degli alloggi in seno alla nuova Commissione. Röpke ha affermato che "avere un alloggio è un diritto fondamentale, non un privilegio, e non possiamo accettare che fasce vulnerabili della popolazione siano escluse dal soddisfacimento di questo bisogno essenziale. In questo periodo in cui una grave crisi abitativa colpisce quasi tutti gli Stati membri, sottolineo che è necessario e urgente fare in modo che alloggi economicamente accessibili, sostenibili e dignitosi diventino una realtà per tutti".

Nell'invocare una nuova prospettiva che consideri l'alloggio come una delle infrastrutture fondamentali per la società, al pari della sanità e dell'istruzione, Bent Madsen, presidente di Housing Europe, ha dichiarato: "Accogliamo con soddisfazione l'opinione espressa dal nuovo commissario per l'Edilizia abitativa quando sostiene che il nostro approccio dovrebbe basarsi su valori, regole e investimenti. Nel nostro ruolo di cooperativa pubblica e di fornitori di alloggi sociali, siamo pronti a dare dimostrazione di come si debbano garantire ai nostri cittadini e alle nostre società le abitazioni di cui hanno bisogno."

Nel parere sul tema Edilizia sociale nell'UE - alloggi dignitosi, sostenibili ed economicamente accessibili, elaborato da Thomas Kattnig e Rudolf Kolbe, il CESE riconosce che nel settore dell'edilizia abitativa si deve constatare un fallimento del mercato. Occorre porvi rimedio migliorando le condizioni quadro - ad esempio i dati, il coordinamento, le procedure di approvazione e le norme sulla pianificazione dell'utilizzo del territorio -, introducendo un diritto fondamentale all'alloggio, erogando finanziamenti sufficienti, attuando l'approccio "Prima la casa" (Housing First) per le persone senza fissa dimora e riservando maggiore attenzione al tema della sostenibilità e alle esigenze dei giovani. (mp)

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Non solo atleti paralimpici: atleti di alto livello

Nella sessione plenaria del 5 dicembre a Bruxelles, il CESE ha tenuto un dibattito per celebrare sia la Giornata internazionale delle persone con disabilità che lo spirito olimpico. 

Nella sessione plenaria del 5 dicembre a Bruxelles, il CESE ha tenuto un dibattito per celebrare sia la Giornata internazionale delle persone con disabilità che lo spirito olimpico. 

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha celebrato sia la Giornata internazionale delle persone con disabilità che lo spirito olimpico, invitando personalità del mondo dello sport paralimpico, tra cui il campione paralimpico belga Joachim Gé...Leggi

Nella sessione plenaria del 5 dicembre a Bruxelles, il CESE ha tenuto un dibattito per celebrare sia la Giornata internazionale delle persone con disabilità che lo spirito olimpico. 

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha celebrato sia la Giornata internazionale delle persone con disabilità che lo spirito olimpico, invitando personalità del mondo dello sport paralimpico, tra cui il campione paralimpico belga Joachim Gérard.

Nel suo intervento di apertura il Presidente del CESE Oliver Röpke ha dichiarato: "Questo dibattito mette in evidenza l'urgente necessità di affrontare il divario occupazionale cui devono far fronte le persone con disabilità. Nonostante i quadri giuridici in vigore, troppe persone sono escluse dal mercato del lavoro a causa di ostacoli persistenti. Il CESE invita pertanto ad agire per creare luoghi di lavoro inclusivi, abbattere gli ostacoli sistemici e garantire pari opportunità per tutti. Un'Europa veramente inclusiva non deve lasciare indietro nessuno".

 

Joachim Gérard, campione belga di tennis in carrozzina, ha raccontato durante la sessione plenaria che, quando ha iniziato a giocare a tennis, la sua presenza suscitava stupore o veniva addirittura contestata da chi sosteneva che la sua sedia a rotelle "rovinasse il campo". "Negli ultimi dieci anni sono stati fatti enormi progressi per quanto riguarda il ruolo delle persone a mobilità ridotta nel mondo dello sport. Ho giocato in diversi tornei del Grande Slam in tutto il mondo e ho la sensazione che, grazie a queste partite e ai giochi paralimpici, io sia sempre più accettato in quanto atleta di alto livello. Non solo come atleta paralimpico, ma come atleta di alto livello".

Anne d'Ieteren, presidente della Lega francofona belga delle attività sportive per persone con disabilità (Ligue Handisport Francophone) ha sottolineato che, nonostante gli importanti successi conseguiti durante i Giochi paralimpici, la vita quotidiana delle persone con disabilità presenta tuttora molti ostacoli. "Un numero significativo di impianti sportivi è ancora inaccessibile, a causa di parcheggi inadeguati o di una cattiva progettazione. Questi possono sembrare problemi di lieve entità, ma il loro effetto cumulativo può escludere le persone con disabilità e scoraggiarne la partecipazione".

Aurel Laurenţiu Plosceanu, vicepresidente del CESE responsabile della comunicazione, ha dato il benvenuto a Joachim Gérard e Anne d'Ieteren e ha dichiarato che "la loro presenza e i loro risultati ci ricordano quanto l'eccellenza atletica possa essere fonte di ispirazione per tutti noi che ci impegniamo per realizzare appieno il nostro potenziale e, nel contempo, mettono in rilievo il ruolo fondamentale che le persone con disabilità svolgono nella nostra società e in particolare nel mondo sportivo".

Christophe Lefèvre, presidente del gruppo di studio permanente Diritti delle persone con disabilità del CESE, si è espresso favorevolmente all'istituzione di un meccanismo dell'UE di accessibilità, dotato di indicatori pertinenti, che copra settori quali gli alloggi sostenibili, lo sport, la giustizia e l'istruzione; Pietro Vittorio Barbieri (membro del gruppo permanente) ha aggiunto che "è essenziale che tutte le persone con disabilità che vivono in Europa abbiano accesso allo sport e all'istruzione, affinché tutti possano godere degli stessi privilegi all'interno della società." (lm)

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La società civile è la molla del cambiamento nel continente africano

Nella sessione plenaria dello scorso dicembre il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha tenuto un dibattito sulla democrazia in Africa cui hanno partecipato i rappresentanti del Consiglio economico, sociale e culturale dell'Unione africana (ECOSOCC dell'UA). Il CESE e l'ECOSOCC hanno convenuto che la società civile è la forza trainante per la riuscita di un partenariato tra l'UE e l'Africa che sia fondato sulla parità e che promuova il dialogo civile e sociale.

Nella sessione plenaria dello scorso dicembre il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha tenuto un dibattito sulla democrazia in Africa cui hanno partecipato i rappresentanti del Consiglio economico, sociale e culturale dell'Unione africana (ECOSOCC dell'UA). Il CESE e l'ECOSOCC hanno convenuto che la società civile è la forza trainante per la riuscita di un partenariato tra l'UE e l'Africa che sia fondato sulla parità e che promuov...Leggi

Nella sessione plenaria dello scorso dicembre il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha tenuto un dibattito sulla democrazia in Africa cui hanno partecipato i rappresentanti del Consiglio economico, sociale e culturale dell'Unione africana (ECOSOCC dell'UA). Il CESE e l'ECOSOCC hanno convenuto che la società civile è la forza trainante per la riuscita di un partenariato tra l'UE e l'Africa che sia fondato sulla parità e che promuova il dialogo civile e sociale.

Nel dibattito tenutosi in sessione plenaria, in cui è stato anche adottato il parere sul tema Democrazia in Africa: situazione attuale e prospettive future - Quale ruolo può svolgere il CESE?, il Comitato ha ribadito il suo impegno a favore del rafforzamento del partenariato strategico con l'Unione africana, sostenendo l'iniziativa di una collaborazione volta a promuovere i valori della democrazia, il dialogo inclusivo e lo sviluppo sostenibile. Nel luglio 2024 il CESE e l'ECOSCOCC dell'UA hanno infatti firmato un memorandum d'intesa.

Kyeretwie Osei, capo della sezione Programmi presso l'ECOSOCC dell'UA, ha spiegato nel suo intervento a nome del Presidente dell'ECOSOCC Khalid Boudali che "abbiamo davanti a noi un lavoro importante di costruzione istituzionale finalizzato a consolidare le istituzioni democratiche in tutto il continente africano, e a tal fine dobbiamo assicurarci di riuscire a stimolare un clima di buon governo contrastando la corruzione, se non eliminandola del tutto, e creando spazi in cui i cittadini possano esprimersi. La società civile è il fulcro di questo obiettivo".

Il Presidente del CESE Oliver Röpke ha sottolineato che "la cooperazione con l'ECOSOCC dell'UA è fondamentale per promuovere il ruolo della società civile in Africa. La società civile dovrebbe essere parte integrante del processo decisionale e affrontare con decisione le sfide all'orizzonte, come i cambiamenti climatici, lo sviluppo sostenibile e la migrazione".

Il CESE, che esamina queste sfide nel suo parere, ritiene di poter contribuire, assieme ai rappresentanti riconosciuti delle piattaforme della società civile africana, a promuovere i valori democratici, a difendere i diritti umani e a sostenere i regimi democratici in Africa. 

Secondo Carlos Trindade, membro del CESE e relatore del parere, l'approccio europeo allo sviluppo della democrazia in Africa dovrebbe basarsi su un rapporto tra pari, in cui si tenga conto della complessità del continente in termini di sviluppo economico, differenze interne e interessi geopolitici.

Sifa Chiyoge Buchekabiri, direttrice regionale e amministratrice delegata dell'Alleanza cooperativa internazionale-Africa (ICA-Africa), si è soffermata sull'importanza dell'emancipazione femminile nel continente africano. "È essenziale promuovere l'emancipazione femminile, in quanto le donne sono spesso la colonna portante della famiglia. Pertanto, con la loro emancipazione non aiutiamo soltanto singole persone, ma intere comunità".

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Una transizione giusta per l'Europa: il CESE chiede politiche verdi eque e inclusive

Il CESE chiede che la transizione sia equa e inclusiva nel passaggio dell'UE verso la neutralità climatica. In un recente parere, il CESE sottolinea la necessità di sforzi coordinati per garantire che nessuno sia lasciato indietro nel cammino verso il conseguimento di obiettivi climatici ambiziosi. Queste raccomandazioni sono in sintonia con le priorità della Commissione europea per il periodo 2024-2029 in materia di occupazione, competenze, benessere sociale e disparità regionali.

Il CESE chiede che la transizione sia equa e inclusiva nel passaggio dell'UE verso la neutralità climatica. In un recente parere, il CESE sottolinea la necessità di sforzi coordinati per garantire che nessuno sia lasciato in...Leggi

Il CESE chiede che la transizione sia equa e inclusiva nel passaggio dell'UE verso la neutralità climatica. In un recente parere, il CESE sottolinea la necessità di sforzi coordinati per garantire che nessuno sia lasciato indietro nel cammino verso il conseguimento di obiettivi climatici ambiziosi. Queste raccomandazioni sono in sintonia con le priorità della Commissione europea per il periodo 2024-2029 in materia di occupazione, competenze, benessere sociale e disparità regionali.

Il CESE raccomanda un pacchetto globale di politiche per una transizione giusta che offra agli Stati membri un margine di flessibilità sufficiente per tenere conto delle proprie condizioni specifiche. Individuando nel dialogo sociale e nella contrattazione collettiva degli strumenti fondamentali, il Comitato propone una mappatura delle carenze in termini di competenze, programmi di formazione inclusivi, piani aziendali di transizione trasparenti, una maggiore consultazione dei lavoratori e l'integrazione dei principi per una transizione giusta nei quadri di riferimento dell'UE, come il pilastro europeo dei diritti sociali.

"Vogliamo che il cammino verso una transizione giusta sia improntato all'equità, alla resilienza e alla sostenibilità, in modo da spianare la via a un futuro più verde e più inclusivo", ha dichiarato il relatore del parere Dirk Bergrath.

Per realizzare gli obiettivi ambiziosi dell'UE in materia di clima (riduzione delle emissioni del 75 % entro il 2030 e loro azzeramento entro il 2050), l'equità deve permeare tutte le politiche, come sottolineato dal CESE nel suo parere. È essenziale dare la priorità al lavoro dignitoso, all'inclusione sociale e alla riduzione della povertà per ottenere il sostegno dell'opinione pubblica e garantire la riuscita del Green Deal europeo.

Il CESE sottolinea inoltre che occorre fornire un sostegno mirato alle regioni colpite oltremisura dalla transizione verde. È essenziale mappare i fabbisogni regionali e le transizioni settoriali, e a questo proposito l'Osservatorio per una transizione giusta assicura il monitoraggio dei progressi compiuti in modo da garantire che nessuna comunità sia lasciata da parte.

Per ovviare alle carenze di finanziamento, è essenziale potenziare il Fondo per una transizione giusta, fare leva sugli investimenti privati e allineare gli strumenti finanziari dell'UE. Le condizionalità sociali e ambientali garantiranno una ripartizione equa delle risorse finanziarie ponendo al centro dell'attenzione la formazione e la protezione dei gruppi vulnerabili. (ks) 

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Giornata europea del consumatore del CESE: l'UE dovrebbe mantenere il proprio impegno ad attuare il Blue Deal

L'edizione 2024 della Giornata europea del consumatore è stata dedicata al tema Sfide legate alle risorse idriche: esplorare le prospettive dei consumatori - Portare avanti l'attuazione del Blue Deal dell'UE. Nel corso dell'evento l'accento è stato posto sulla necessità di una gestione sostenibile delle risorse idriche, di infrastrutture migliori e di un'educazione al consumo, per garantire che l'acqua rimanga un bene economicamente accessibile a tutti gli europei.

L'edizione 2024 della Giornata europea del consumatore è stata dedicata al tema Sfide legate alle risorse idriche: esplorare le prospettive dei consumatori - Portare avanti l'attuazione del Blue Deal dell'UE. Nel corso dell'evento l'accento &eg...Leggi

L'edizione 2024 della Giornata europea del consumatore è stata dedicata al tema Sfide legate alle risorse idriche: esplorare le prospettive dei consumatori - Portare avanti l'attuazione del Blue Deal dell'UE. Nel corso dell'evento l'accento è stato posto sulla necessità di una gestione sostenibile delle risorse idriche, di infrastrutture migliori e di un'educazione al consumo, per garantire che l'acqua rimanga un bene economicamente accessibile a tutti gli europei.

Come è apparso evidente in occasione della Giornata europea del consumatore del 9 dicembre a cura del Comitato economico e sociale europeo (CESE), sulla base di una previsione di incremento del prezzo dell'acqua del 25 % entro il 2030, l'UE dovrà investire oltre 250 miliardi di EUR per soddisfare il proprio fabbisogno idrico e costruire una società in cui ciascuno abbia accesso a un'acqua pulita e a un costo abbordabile.

L'acqua è una risorsa che inizia a scarseggiare, persino in Europa: ben il 30 % degli europei è esposto a stress idrico almeno una volta all'anno. Questo significa che i consumatori, che in genere considerano ancora l'acqua come un bene di base largamente disponibile, saranno obbligati a modificare i loro comportamenti per giungere a un uso più efficiente di questa risorsa, sia maturando una maggiore consapevolezza della loro impronta idrica che avvalendosi di tecnologie di risparmio idrico intelligenti.

Va sottolineato, però, che i costi dovrebbero essere sostenuti anche dai principali inquinatori, che non devono trasferire sui consumatori la responsabilità di farsi carico degli oneri occulti da loro generati.

Dal momento che si impiegano 15 000 litri d"acqua per produrre un solo chilo di carne e 8 000 litri per un paio di jeans, anche i grandi consumatori di questa risorsa - come l'industria manifatturiera, ma soprattutto il settore agricolo, responsabile del 72 % di tutti i prelievi idrici - dovranno sostenere i costi dei loro impatti ambientali e investire in impianti di produzione più efficienti.

"La questione dell'acqua dovrebbe essere considerata un tassello fondamentale delle prossime iniziative politiche faro della Commissione europea. Auspichiamo il varo della nuova Coalizione per l'acqua quale contributo all'attuazione del Blue Deal, e attualmente siamo al lavoro per istituire una piattaforma per le parti interessate del Blue Deal dell'UE", ha dichiarato Milena Angelova, relatrice del parere del CESE sul tema Consumo efficiente dell'acqua e consapevolezza dei consumatori in merito alla loro impronta idrica. Angelova ha posto l'accento sull'importanza del Blue Deal dell'UE in quanto iniziativa chiave del CESE, "istituzione dell'UE con un ruolo di pioniera" sulle questioni legate all'acqua.

Nel suo intervento di apertura Gaetano Casale, direttore dell'ufficio di collegamento dell'Istituto per gli studi sull'acqua IHE-Delft, ha sottolineato che ancora oggi il problema dell'acqua è sottovalutato in Europa. Casale ritiene che a questo punto sia assolutamente essenziale adottare un approccio sostenibile alla questione dell'acqua ed esorta ad avere una maggiore consapevolezza dei costi ambientali, oltre che delle sfide poste dall'aumento della popolazione mondiale e dai cambiamenti climatici.

"Sarei davvero lieta se tutti noi - cittadini, governi, agenzie, scienziati, imprenditori e legislatori - formassimo un fronte comune e cogliessimo questa opportunità unica per compiere un grande balzo in avanti e fare di uno dei nostri beni più preziosi - l'acqua presente nel suolo, nei mari e nel cielo - una risorsa a prova di futuro", ha dichiarato Hildegard Bentele, relatrice ombra del Parlamento europeo per la direttiva quadro sulle acque. (ll)

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Il CESE al fianco del popolo bielorusso

Il 13 dicembre 2024 il Comitato economico e sociale europeo (CESE), il Fondo europeo per la democrazia (EED) e il Club della stampa bielorusso hanno organizzato congiuntamente un seminario sul ruolo dei media indipendenti bielorussi nella promozione di una società resiliente e democratica. Affinché la Bielorussia mantenga il suo rilievo nell'informazione internazionale occorre che i media indipendenti bielorussi, unica fonte di informazioni per i cittadini del paese, siano sostenuti finanziariamente e coinvolti in partenariati con i media occidentali.

 

Il 13 dicembre 2024 il Comitato economico e sociale europeo (CESE), il Fondo europeo per la democrazia (EED) e il Club della stampa bielorusso hanno organizzato congiuntamente un seminario sul ruolo dei media indipendenti bielorussi nella promozione di una società resiliente e democratica. Affinché la Bielorussia mantenga il suo rilievo nell'informazione internazionale occorre che i media indipendenti bielorussi, unica fonte di informazioni per i cittadini del paese...Leggi

Il 13 dicembre 2024 il Comitato economico e sociale europeo (CESE), il Fondo europeo per la democrazia (EED) e il Club della stampa bielorusso hanno organizzato congiuntamente un seminario sul ruolo dei media indipendenti bielorussi nella promozione di una società resiliente e democratica. Affinché la Bielorussia mantenga il suo rilievo nell'informazione internazionale occorre che i media indipendenti bielorussi, unica fonte di informazioni per i cittadini del paese, siano sostenuti finanziariamente e coinvolti in partenariati con i media occidentali.

 

Partecipando all'iniziativa "Giornate della Bielorussia" (9-13 dicembre 2024), organizzata dal Servizio europeo per l'azione esterna e dalla direzione generale Politica di vicinato e negoziati di allargamento della Commissione, il CESE ha dato prova del suo fermo impegno a favore di una Bielorussia democratica e rispettosa dei diritti umani e della libertà di parola.

Nella sua allocuzione di apertura, il Presidente del CESE Oliver Röpke ha dichiarato: "I media indipendenti sono la spina dorsale di una società libera e democratica. Oggi, nell'ambito delle Giornate della Bielorussia, ribadiamo la nostra solidarietà con il popolo bielorusso e con la sua coraggiosa lotta contro la disinformazione e l'oppressione".

Jerzy Pomianowski, direttore esecutivo del Fondo europeo per la democrazia, ha sottolineato: "Il risultato delle elezioni del prossimo 26 gennaio è già scritto, il regime cercherà di voltare pagina, di acquisire legittimità internazionale e di occultare l'oppressione di cui è responsabile. Sembra però che i media indipendenti bielorussi riescano a coinvolgere il loro pubblico".

Hanna Liubakova, giornalista freelance in esilio, condannata in contumacia a dieci anni di carcere sulla base di quattro incriminazioni, si è detta entusiasta per la volontà del popolo bielorusso di rimanere informato e di fruire di media indipendenti, e ha rilevato che il 50 % del traffico sui siti web gestiti da bielorussi al di fuori del paese proviene dall'interno di esso. Ha confermato che fino al 90 % del pubblico delle piattaforme dei social media si trova in Bielorussia. "I media indipendenti in Bielorussia sono il migliore antidoto alla propaganda di Lukashenko e del Cremlino", ha aggiunto.

Natalia Belikova, che lavora per il Club della stampa bielorusso, ha affermato che la nuova propaganda del governo mira a cambiare la percezione pubblica delle elezioni, e quindi a cercare di unire l'opinione pubblica e di incoraggiarla a esibire il proprio patriottismo. "Grazie a queste tattiche cercano di cambiare la percezione dell'intera popolazione riguardo a ciò che è la democrazia", ha detto Belikova.

Il seminario si è concluso con la proiezione del lungometraggio Sotto il cielo grigio, ispirato alla storia vera di Katsyaryna Andreeva, giornalista bielorussa attualmente in carcere, alla presenza della regista Mara Tamkovich. (mt)

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Sotto il cielo crudele della Bielorussia

Nel dicembre scorso il CESE ha ospitato una proiezione di Under the Grey Sky, film di denuncia sul terribile prezzo personale pagato dai giornalisti bielorussi per aver esercitato il loro diritto-dovere di cronaca

 

Nel dicembre scorso il CESE ha ospitato una proiezione di Under the Grey Sky, film di denuncia sul terribile prezzo personale pagato dai giornalisti bielorussi per aver esercitato il loro diritto-dovere di cronaca

Under the Grey Sky, il primo lungometraggio della regista polacco-bielorussa Mara Tamkovich, racconta il dramma di Lena, giornalista che finisce in carcere dopo aver trasmesso in diretta la repressio...Leggi

Nel dicembre scorso il CESE ha ospitato una proiezione di Under the Grey Sky, film di denuncia sul terribile prezzo personale pagato dai giornalisti bielorussi per aver esercitato il loro diritto-dovere di cronaca

Under the Grey Sky, il primo lungometraggio della regista polacco-bielorussa Mara Tamkovich, racconta il dramma di Lena, giornalista che finisce in carcere dopo aver trasmesso in diretta la repressione, ordinata dal regime bielorusso, di una manifestazione pacifica svoltasi in una piazza di Minsk. L'anno è il 2020, e la Bielorussia è attraversata da un'ondata di proteste senza precedenti per i brogli e le intimidazioni che hanno portato Aleksandr Lukashenko ad essere rieletto presidente per la sesta volta.

Lena e la sua teleoperatrice Olya sono arrestate per aver continuato a filmare le proteste malgrado fossero state intercettate da un drone della polizia. In un crescendo kafkiano di vicissitudini giudiziarie, Lena è accusata inizialmente di "organizzare sommosse e perturbare i trasporti pubblici" per poi veder mutare il suo capo d'imputazione in quello di alto tradimento. Così, a seguito di un processo a porte chiuse, quello che avrebbe dovuto essere un arresto amministrativo di sette giorni diventa una pena detentiva di otto anni, mentre la teleoperatrice Olya viene condannata a due anni di reclusione. Il marito della giornalista, Ilya, a sua volta minacciato dalla polizia del regime, tenta disperatamente di ottenere il rilascio di Lena, giungendo persino a tentare di persuaderla a dichiararsi colpevole in cambio della libertà – un'opzione che Lena ritiene inaccettabile.

Il film si ispira alla storia vera della giornalista televisiva bielorussa Katsiaryna Andreyeva, della sua collega Darya Chultsova e del marito della prima Ihar Iljash. Mentre Darya ha già scontato una reclusione di due anni, Katsiaryna e Ihar sono ancora in carcere, essendo stati condannati a una pena detentiva aggiuntiva di otto anni e tre mesi. Sono tutt'altro che i soli a trovarsi in tale situazione: l'Associazione della stampa bielorussa ha dichiarato che, alla fine del 2024, in Bielorussia erano ancora dietro le sbarre 45 giornalisti. Molti giornalisti bielorussi devono subire pressioni anche dopo essere fuggiti all'estero.

Nel giugno 2024 il film Under the Grey Sky è stato presentato in anteprima mondiale a New York al Tribeca Film Festival.

E il 13 dicembre scorso, nel quadro di un seminario sul ruolo dei media indipendenti bielorussi nel promuovere una società resiliente e democratica, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha ospitato una proiezione del film alla presenza della regista polacco-bielorussa.

CESE Info ha parlato del film con la regista Mara Tamkovich.

In che misura il Suo film è aderente alla realtà dei fatti e in particolare del caso di Katsiaryna Andreyeva? Sono stati usati filmati autentici delle proteste del 2020 e della vicenda reale della giornalista bielorussa?

Sì, riprese autentiche sono state utilizzate più volte nel corso del film. Le riprese della manifestazione di protesta effettuate dai protagonisti all'inizio del film sono quelle che nella realtà sono state filmate da Andreyeva e Chultsova: le immagini reali sono state incorporate in una sequenza interpretata dagli attori. Anche il filmato relativo alla detenzione di Raman Bandarenka che i personaggi del film guardano sul loro computer portatile è autentico (NdA: l'attivista Raman Bandarenka è stato picchiato a morte da teppisti mascherati per aver cercato di impedire loro di tagliare i nastri rossi e bianchi che simboleggiano la bandiera bielorussa prima dell'occupazione sovietica). E, a mo' di epilogo, alla fine del film ho inserito un montaggio delle riprese trasmesse in diretta da Katsiaryna per documentare le proteste.

La trama di base del film è anch'essa strettamente legata alla realtà, per quanto riguarda l'arresto, la persecuzione giudiziaria e la detenzione dei giornalisti. Il mio obiettivo, tuttavia, non era fornire una cronaca esatta degli eventi, bensì rappresentare la verità emotiva – la realtà dolorosa – delle scelte che le vittime di questa situazione hanno dovuto compiere e hanno dovuto affrontare. Ho scelto di dare ai personaggi dei nomi di fantasia per mettere una certa distanza tra loro e le persone reali che li hanno ispirati, ma anche per invitare il pubblico a considerare questa storia come una delle tante, come una metafora di ciò che è accaduto all'intera nazione. 

In Bielorussia il grande pubblico è a conoscenza di quanto è accaduto a Katsyarina Andreyeva e ad altri giornalisti come lei? E quante persone Le risulta abbiano subito o stiano subendo lo stesso destino o un destino analogo?

In Bielorussia gli arresti politici e la repressione sono avvenuti e avvengono su scala così ampia che è difficile non essere a conoscenza della situazione. Una qualche forma di repressione è stata esercitata su almeno 130 000 persone, e circa 500 000 bielorussi hanno lasciato il paese dopo il 2020. Una realtà semplicemente troppo grande per poter essere nascosta.

Negli ultimi tempi in Bielorussia il computo ufficiale dei detenuti per ragioni politiche (condannati o in attesa di giudizio) si attesta stabilmente a circa 1 300 persone, ma occorre considerare che centinaia, se non migliaia, hanno già scontato la loro pena, che alcuni sono stati rilasciati anticipatamente e che molti dei nuovi condannati hanno paura di rivendicare il proprio status di prigionieri politici. La macchina della repressione è in costante attività, con nuovi prigionieri che prendono il posto di quelli rilasciati. 

Qual è stata la motivazione principale che La ha spinta a realizzare Under the Grey Sky? E cosa spera di ottenere con questo film?

Come bielorussa, quando il regime del mio paese ha brutalmente represso la protesta del 2020, ho sentito che dovevo fare qualcosa. Come ex giornalista, ho potuto rapportarmi strettamente con i miei personaggi e con il loro punto di vista. Come regista, ho ravvisato in questa vicenda una storia forte e profondamente toccante che avevo semplicemente il dovere di raccontare. 

Quale messaggio o emozione importante spera rimanga con gli spettatori dopo la visione del Suo film?

Spero davvero che questo film induca gli spettatori a soffermarsi un po' a riflettere su cosa sia davvero la libertà e sul prezzo che per essa si può essere costretti a pagare, e li spinga anche a chiedersi se esse apprezzino veramente ciò che hanno. Spero che pensino a Kacia [NdT: diminuitivo di Katsiaryna] e a Ihar e a tutti gli altri che, come loro, si trovano in prigione, dato che la libertà è qualcosa che molte persone qui in Europa danno per scontato. 

Cosa dovrebbe fare l'Unione europea – le sue istituzioni, la società civile, le associazioni di giornalisti, le organizzazioni che si battono per i diritti umani, i governi nazionali – per contribuire a porre fine a questa situazione?

L'esortazione che rivolgo all'Unione europea è a non dimenticare la Bielorussia, a non considerare il mio paese come una causa ormai persa. Il sostegno dell'UE è ciò che consente alla nostra cultura, ai nostri media e alla nostra società civile di resistere, di sopravvivere sotto questa enorme pressione; ed è un sostegno che, per quanto possa apparire come un investimento a lungo termine, vale la pena di essere dato.

 

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"Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo" – il gruppo di collegamento del CESE celebra il suo ventennale

In occasione del 20° anniversario del gruppo di collegamento del CESE, i fondatori e gli attuali membri del gruppo hanno chiesto misure attive per difendere la democrazia europea, lo spazio pubblico aperto e un'Europa giusta.

In occasione del 20° anniversario del gruppo di collegamento del CESE, i fondatori e gli attuali membri del gruppo hanno chiesto misure attive per difendere la democrazia europea, lo spazio pubblico aperto e un'Europa giusta.

L'11 dicembre il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha ospitato un evento celebrativo del 20° anniversario del suo gruppo di collegamento...Leggi

In occasione del 20° anniversario del gruppo di collegamento del CESE, i fondatori e gli attuali membri del gruppo hanno chiesto misure attive per difendere la democrazia europea, lo spazio pubblico aperto e un'Europa giusta.

L'11 dicembre il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha ospitato un evento celebrativo del 20° anniversario del suo gruppo di collegamento con le reti europee della società civile, l'unico organo permanente per il dialogo politico e la cooperazione strutturata tra le organizzazioni della società civile (OSC) e le istituzioni dell'UE. In questi suoi vent'anni di attività, il gruppo di collegamento ha svolto un ruolo importante nel dare più forza alla voce della società civile organizzata e nel portare le sue preoccupazioni all'ordine del giorno delle istituzioni europee. Il gruppo riunisce 45 reti della società civile attive a livello europeo, che incarnano pienamente i principi sanciti dall'articolo 11 del Trattato sull'Unione europea.

"Celebrare i vent'anni del gruppo di collegamento del CESE significa rendere omaggio non soltanto ai suoi notevoli risultati, ma anche ai partenariati duraturi che hanno plasmato e continuano a plasmare la democrazia partecipativa in Europa. In questi vent'anni il gruppo di collegamento è diventato una piattaforma dinamica, che amplifica le voci della società civile e promuove la cooperazione tra diversi portatori d'interesse. Guardando al futuro, continuiamo a restare uniti per rafforzare i valori democratici, ampliare lo spazio civico e costruire un'Europa che sia realmente al servizio di tutti i suoi cittadini", ha affermato il Presidente del CESE Oliver Röpke nel suo discorso di apertura dell'evento.

"Il nostro non è stato un percorso facile", ha poi spiegato Brikena Xhomaqi, copresidente del gruppo di collegamento, "ma abbiamo imparato a confidare gli uni negli altri. Il mio auspicio è che continueremo a rafforzare la nostra cooperazione per combattere insieme a favore di una strategia europea coerente per la società civile".

Intervenendo all'evento del CESE, Katarina Barley, vicepresidente del Parlamento europeo e responsabile dei rapporti di tale istituzione con le OSC, ha dichiarato che "da parte nostra, come Parlamento europeo, siamo pronti a rafforzare la nostra cooperazione con il gruppo di collegamento. Abbiamo infatti bisogno di una cooperazione sempre più strutturata con le organizzazioni della società civile.  Insieme, dobbiamo fare di più per sventare le minacce alla democrazia nell'Unione europea, che sono oggi più gravi di quanto siano mai state nella storia dell'UE", aggiungendo che "se il gruppo di collegamento non ci fosse, bisognerebbe inventarlo".

All'evento che ha celebrato il ventennale del gruppo di collegamento hanno partecipato oltre cento invitati, tra cui diverse personalità di spicco del settore della società civile. Tra questi figuravano anche esponenti di OSC della Serbia e della Moldova, in linea con la politica del CESE di invitare a partecipare alle proprie attività rappresentanti di paesi candidati all'adesione all'UE. Hanno presenziato all'evento anche quattro ex presidenti del CESE: Staffan Nilsson, Henri Malosse, Luca Jahier e George Dassis. In particolare Jahier ha sottolineato che il CESE ha la responsabilità di istituire e mantenere una piattaforma per il dialogo civile, mentre Dassis ha affermato che "la cosa più importante è conseguire la pace, e per raggiungere tale obiettivo dobbiamo essere forti e restare uniti".

Se non avete potuto partecipare all'evento, potete comunque trovare qui, nella pagina web dedicata, la registrazione degli interventi, la dichiarazione congiunta della presidenza del gruppo di collegamento, il video riassuntivo, le immagini e il comunicato stampa relativi alla celebrazione.  (lm)

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Fresco di stampa: l'opuscolo sulle attività del CESE durante la presidenza polacca

Il 1º gennaio la Polonia è subentrata all'Ungheria alla guida dell'Unione europea assumendo la presidenza del Consiglio dell'UE per il primo semestre di quest'anno. La presidenza polacca giunge in un periodo di trasformazione per l'Europa, in coincidenza con l'inizio del nuovo mandato della Commissione europea. 

Il 1º gennaio la Polonia è subentrata all'Ungheria alla guida dell'Unione europea assumendo la presidenza del Consiglio dell'UE per il primo semestre di quest'anno. La presidenza polacca giunge in un periodo di trasformazione per l'Europa, in coincidenza con l'inizio del nuovo mandato della Commissione europea. 

Con il protrarsi incessante dell'aggressione russa nei confronti dell'Ucraina, e in una fase in cui le tensi...Leggi

Il 1º gennaio la Polonia è subentrata all'Ungheria alla guida dell'Unione europea assumendo la presidenza del Consiglio dell'UE per il primo semestre di quest'anno. La presidenza polacca giunge in un periodo di trasformazione per l'Europa, in coincidenza con l'inizio del nuovo mandato della Commissione europea. 

Con il protrarsi incessante dell'aggressione russa nei confronti dell'Ucraina, e in una fase in cui le tensioni geopolitiche sono al livello più alto della storia europea recente, la nuova presidenza dell'UE focalizza le sue priorità sul tema della sicurezza, intesa come concetto generale che include la sicurezza esterna, interna, economica, energetica, alimentare e sanitaria, nonché la garanzia dello Stato di diritto.

Queste priorità corrispondono all'impegno del Comitato economico e sociale europeo (CESE) a promuovere la coesione, salvaguardare i valori democratici e garantire una stabile prosperità. "Il Comitato è fiero di essere per la presidenza polacca un partner affidabile e partecipe, impegnato a svolgere un ruolo attivo nella definizione delle priorità politiche che informeranno questo nuovo ciclo europeo", ha dichiarato il Presidente del CESE Oliver Röpke.

Su richiesta della presidenza polacca, il CESE elaborerà 14 pareri esplorativi. Per saperne di più su questi pareri e sulle altre attività del CESE durante il primo semestre del 2025, vi invitiamo a consultare il nostro nuovo opuscolo, in cui presentiamo anche i membri polacchi del CESE e le organizzazioni che essi rappresentano. L'opuscolo è disponibile soltanto online e in lingua francese, inglese, polacca e tedesca. (ll)

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Ridefinire l'immagine dell'Europa

Se vuole sopravvivere, l'UE deve saper comunicare in modo efficace, soprattutto nell'attuale contesto di disinformazione dilagante, di rapida diffusione dell'intelligenza artificiale e di aumento delle tendenze autoritarie. Per raggiungere tutti i cittadini, la comunicazione sull'UE deve arrivare al livello locale.

Se vuole sopravvivere, l'UE deve saper comunicare in modo efficace, soprattutto nell'attuale contesto di disinformazione dilagante, di rapida diffusione dell'intelligenza artificiale e di aumento delle tendenze autoritarie. Per raggiungere tutti i cittadini, la comunicazione sull'UE deve arrivare al livello locale.

Rebranding Europe ["Ridefinire l'immagine dell'Europa"], il nuovo libro dello specialista in comunicazione e...Leggi

Se vuole sopravvivere, l'UE deve saper comunicare in modo efficace, soprattutto nell'attuale contesto di disinformazione dilagante, di rapida diffusione dell'intelligenza artificiale e di aumento delle tendenze autoritarie. Per raggiungere tutti i cittadini, la comunicazione sull'UE deve arrivare al livello locale.

Rebranding Europe ["Ridefinire l'immagine dell'Europa"], il nuovo libro dello specialista in comunicazione e scrittore Stavros Papagianneas, getta le basi per una discussione critica sul ruolo dell'UE sulla scena mondiale, che vede l'Europa a un crocevia: di fronte all'aggressione russa contro l'Ucraina, che sta entrando nel suo terzo anno, alla guerra in Medio Oriente e a una serie di sfide geopolitiche ed economiche.

La presentazione del libro si è svolta il 3 dicembre presso il Residence Palace a Bruxelles, alla presenza del vicepresidente del CESE responsabile per la Comunicazione Laurenţiu Plosceanu, che ha partecipato al dibattito sul posizionamento dell'Europa in uno scenario mondiale turbolento e sulla necessità che l'UE comunichi i suoi valori in modo efficace.

"L'UE si trova a un momento di svolta. Per garantire il suo futuro, l'Europa deve comunicare una visione chiara e convincente ai suoi cittadini e al mondo. Non è una questione di politica, ma di fiducia, di identità e di uno scopo condiviso", ha spiegato Papagianneas.

I partecipanti al dibattito hanno sottolineato che una comunicazione efficace non è una semplice possibilità, ma una necessità per la sopravvivenza stessa dell'UE, in particolare nell'epoca contemporanea della disinformazione, dell'intelligenza artificiale e di un crescente autoritarismo. L'Europa deve assumere un ruolo di guida nella promozione della democrazia e dei diritti umani. La funzione dei media è essenziale nel plasmare la sfera pubblica europea, come ha riconosciuto Colin Stevens, caporedattore di EU Reporter e moderatore del dibattito. "Noi dei media dobbiamo insistere sul fatto che l'Europa riguarda tutti. È una cosa che dobbiamo fare tutti i giorni", ha dichiarato.

Gli esperti concordano sul fatto che è molto difficile combattere la disinformazione o le "fake news" alla fonte, in particolare con il diffondersi dell'intelligenza artificiale. La contromisura più efficace consiste nel rafforzare la resilienza della popolazione.

Plosceanu ha segnalato che "è giunto il momento di ascoltare le persone più che di parlare con loro. I cittadini vogliono maggiore coinvolgimento e maggiore partecipazione". Ha sottolineato inoltre l'importanza di cooperare con la stampa regionale e ha esortato le istituzioni dell'UE a sviluppare partenariati con i media regionali e a invitare i giornalisti delle testate regionali a Bruxelles. Ha infine dichiarato che l'Europa deve arrivare al livello locale, al livello dei cittadini.

Poiché la stragrande maggioranza degli europei pensa dapprima a livello locale, poi regionale e quindi nazionale, e solo alla fine europeo, la comunicazione sull'Europa deve adattarsi a questa realtà riconoscendo che, per raggiungere i cittadini, le narrazioni devono essere locali, regionali e nazionali. (mt)

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Segnatevi in agenda: Settimana della società civile del CESE, 17-20 marzo 2025

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), nella sua veste di partner istituzionale della società civile, è orgogliosa di accogliere anche quest'anno la seconda edizione della Settimana della società civile. 

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), nella sua veste di partner istituzionale della società civile, è orgogliosa di accogliere anche quest'anno la seconda edizione della Settimana della società civile. 

Dedicata al tema Rafforzare la coesione e la partecipazione nelle società polarizzate...Leggi

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), nella sua veste di partner istituzionale della società civile, è orgogliosa di accogliere anche quest'anno la seconda edizione della Settimana della società civile. 

Dedicata al tema Rafforzare la coesione e la partecipazione nelle società polarizzate, la manifestazione si svolgerà nell'arco di quattro giorni con una serie di sessioni sotto la guida del gruppo di collegamento del CESE con le reti europee della società civile. Tra gli eventi di spicco della Settimana figurano inoltre la Giornata dell'iniziativa dei cittadini europei (ICE), la cerimonia di consegna del Premio per la società civile e diversi contributi di consigli economici e sociali nazionali, rappresentanti dei giovani, giornalisti e organizzazioni della società civile dei paesi candidati all'adesione.

Sarà possibile iscriversi a partire da febbraio 2025. Ulteriori informazioni saranno presto disponibili sulla pagina web e sui canali social della Settimana della società civile (#CivSocWeek).  Continuate a seguirci per rimanere aggiornati!

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Scuole secondarie di secondo grado: preparatevi per YEYS 2025!

Per l'edizione di quest'anno di Your Europe, Your Say! (La vostra Europa, la vostra opinione!, YEYS), il CESE ha ricevuto centinaia di candidature da scuole secondarie di tutta l'UE, dei paesi candidati e del Regno Unito. 

Per l'edizione di quest'anno di Your Europe, Your Say! (La vostra Europa, la vostra opinione!, YEYS), il CESE ha ricevuto centinaia di candidature da scuole secondarie di tutta l'UE, dei paesi candidati e del Regno Unito.

Gli organizzatori hanno esaminato e valutato attentamente tutte le candidature, selezionando Leggi

Per l'edizione di quest'anno di Your Europe, Your Say! (La vostra Europa, la vostra opinione!, YEYS), il CESE ha ricevuto centinaia di candidature da scuole secondarie di tutta l'UE, dei paesi candidati e del Regno Unito.

Gli organizzatori hanno esaminato e valutato attentamente tutte le candidature, selezionando 36 scuole secondarie che parteciperanno a YEYS 2025 il 13 e 14 marzo!

Quest'anno quasi 100 studenti e 37 insegnanti parteciperanno a questo evento faro annuale del CESE dedicato ai giovani. L'edizione 2025 di YEYS, intitolata Dare voce ai giovani, durerà un giorno e mezzo e si concentrerà appunto sul ruolo che i giovani possono svolgere nel plasmare un futuro resiliente. L'idea è infatti quella di mettere i giovani in condizione di partecipare all'azione civica e di concorrere attivamente alle iniziative di democrazia partecipativa nella loro comunità e al di là di essa.

Mentre il CESE si prepara ad accogliere tutti i partecipanti a YEYS, i membri del Comitato visiteranno le scuole selezionate all'inizio del 2025 per un incontro e uno scambio di idee con i partecipanti prima dell'evento principale.

Le sessioni di apertura e di chiusura del 14 marzo 2025 saranno trasmesse in diretta streaming. Il link per seguire l'evento sarà pubblicato sul sito web del CESE, nella pagina ufficiale di YEYS 2025, La vostra Europa, la vostra opinione! 2025 | CESE, dove figurano anche ulteriori informazioni e aggiornamenti sull'evento.

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"Flow" fa parlare di sé al CESE

Il 23 gennaio il CESE ospiterà la proiezione di "Flow", uno dei film in lizza per l'edizione 2025 del Premio LUX del pubblico per il cinema europeo.

Il 23 gennaio il CESE ospiterà la proiezione di "Flow", uno dei film in lizza per l'edizione 2025 del Premio LUX del pubblico per il cinema europeo.

Diretto dal regista lettone Gints Zilbalodis, questo film d'animazione osannato dalla critica è frutto di una coproduzione tra Lettonia, Francia e Belgio, e ha ottenuto riconoscimenti a ...Leggi

Il 23 gennaio il CESE ospiterà la proiezione di "Flow", uno dei film in lizza per l'edizione 2025 del Premio LUX del pubblico per il cinema europeo.

Diretto dal regista lettone Gints Zilbalodis, questo film d'animazione osannato dalla critica è frutto di una coproduzione tra Lettonia, Francia e Belgio, e ha ottenuto riconoscimenti a livello mondiale, vincendo il Golden Globe per il miglior film d'animazione e premi di spicco a festival quali l'Annecy International Animation Film Festival, i New York Film Critics Circle Awards e gli European Film Awards.

Segui il viaggio di Gatto, un felino solitario sopravvissuto a un'alluvione post-apocalittica, mentre naviga su un'imbarcazione di salvataggio attraverso una nuova realtà e impara a collaborare con altri compagni del mondo animale.

L'evento fa parte della serie di proiezioni cinematografiche in corso al CESE, organizzata in collaborazione con il Premio LUX del pubblico per il cinema europeo del Parlamento europeo, con l'obiettivo di promuovere la diversità culturale e stimolare il dialogo su questioni sociali urgenti.

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Scopri la versione interattiva del Passaporto per la democrazia europea

In questo momento vengono distribuite in tutta Europa migliaia di copie dell'ultima edizione del Passaporto per la democrazia europea, il popolare opuscolo del CESE. Per caso ti stai chiedendo se la pubblicazione è disponibile anche in formato elettronico? La risposta è sì! 

In questo momento vengono distribuite in tutta Europa migliaia di copie dell'ultima edizione del Passaporto per la democrazia europea, il popolare opuscolo del CESE. Per caso ti stai chiedendo se la pubblicazione è disponibile anche in formato elettronico? La risposta è sì! ...Leggi

In questo momento vengono distribuite in tutta Europa migliaia di copie dell'ultima edizione del Passaporto per la democrazia europea, il popolare opuscolo del CESE. Per caso ti stai chiedendo se la pubblicazione è disponibile anche in formato elettronico? La risposta è sì! 

La versione online interattiva del Passaporto per la democrazia europea, con video, quiz, mappe e molto altro ancora, è già disponibile in 13 lingue ufficiali dell'UE, e altre versioni linguistiche sono in preparazione. Dai un'occhiata e scopri come puoi davvero cambiare le cose! 

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11 storie di successi conseguiti dal CESE

L'ultima pubblicazione del Comitato economico e sociale europeo (CESE) presenta una serie di 11 resoconti delle sue realizzazioni più recenti

L'ultima pubblicazione del Comitato economico e sociale europeo (CESE) presenta una serie di 11 resoconti delle sue realizzazioni più recenti.

Queste storie di successo illustrano l'impegno profuso dal CESE per garantire che le principali questioni economiche e sociali – individuate dalle parti sociali e dalla società civile – siano discusse e affrontate a livello europeo.

Mostrano inoltre come il Comitato, attraverso i suoi lav...Leggi

L'ultima pubblicazione del Comitato economico e sociale europeo (CESE) presenta una serie di 11 resoconti delle sue realizzazioni più recenti.

Queste storie di successo illustrano l'impegno profuso dal CESE per garantire che le principali questioni economiche e sociali – individuate dalle parti sociali e dalla società civile – siano discusse e affrontate a livello europeo.

Mostrano inoltre come il Comitato, attraverso i suoi lavori consultivi, influisca sulla legislazione dell'UE e ne monitori la corretta attuazione.

Per saperne di più sugli 11 resoconti o per scaricarli, si può consultare la pagina dedicata del nostro sito web: Le più recenti realizzazioni del CESE | CESE.

Per ricevere invece copie cartacee (in inglese e in francese), vi invitiamo a scriverci all'indirizzo email vipcese@eesc.europa.eu.

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Notizie dai gruppi

Sfruttare appieno la competitività per una prosperità condivisa: le priorità del gruppo Datori di lavoro

Stefano Mallia, presidente del gruppo Datori di lavoro

"Sfruttare appieno la competitività per una prosperità condivisa": è questo l'obiettivo essenziale delle priorità recentemente adottate dal nostro gruppo.

Stefano Mallia, presidente del gruppo Datori di lavoro

"Sfruttare appieno la competitività per una prosperità condivisa": è questo l'obiettivo essenziale delle priorità recentemente adottate dal nostro gruppo.

Alla luce delle attuali sfide globali, occorre che la competitività e la creazione di un contesto favorevole alle imprese siano posti al centro dell'agenda politica e so...Leggi

Stefano Mallia, presidente del gruppo Datori di lavoro

"Sfruttare appieno la competitività per una prosperità condivisa": è questo l'obiettivo essenziale delle priorità recentemente adottate dal nostro gruppo.

Alla luce delle attuali sfide globali, occorre che la competitività e la creazione di un contesto favorevole alle imprese siano posti al centro dell'agenda politica e sostenuti con azioni strategiche concrete.

In un'UE favorevole alle imprese, la competitività si basa sull'eccellenza e su una sana concorrenza – anziché sulle sovvenzioni o sul protezionismo – e le imprese hanno un accesso competitivo a tutte le risorse produttive necessarie. Un'UE propizia all'attività d'impresa dispone inoltre di una regolamentazione che favorisce le imprese e la produttività, di oneri amministrativi ridotti al minimo e di un mercato unico pienamente funzionante. È poi cruciale che vi sia un solido rapporto di reciproca fiducia tra le imprese e i responsabili politici al fine di attrarre investimenti, così come è essenziale che gli interessi delle imprese dell'UE siano tutelati nei confronti della concorrenza internazionale.


Per questo motivo chiediamo che sia data priorità assoluta all'attuazione di dieci serie di azioni strategiche volte a creare un clima favorevole alle imprese:

  1. Una riforma radicale dell'approccio normativo
  2. Sistemi di innovazione produttiva incentrati sugli investimenti e sull'innovazione
  3. Un'elevata capacità tecnologica nei settori della difesa, della sicurezza e della transizione verde e sostegno delle start-up tecnologiche
  4. Una base industriale solida
  5. Mercati finanziari integrati grazie allo sviluppo dell'Unione dei mercati dei capitali e dell'Unione bancaria
  6. Un adeguato accesso al lavoro
  7. Sistemi energetici e di trasporto efficaci
  8. Parità di condizioni commerciali
  9. Una transizione verde orientata alle imprese
  10. Finanze pubbliche efficienti

Tali azioni devono essere intraprese con urgenza se vogliamo sfruttare il ruolo positivo che svolgono le imprese competitive nel costruire un'economia solida e nel garantire che l'UE sia influente a livello mondiale.

Le relazioni Letta e Draghi sono state un campanello d'allarme: se l'UE non ripristina la propria competitività, rischia di dover scendere a difficili compromessi in materia di benessere, norme ambientali e libertà fondamentali.

Non possiamo permettercelo.

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Un patto per l'industria pulita per l'Europa e i suoi lavoratori?

a cura del gruppo Lavoratori

L'industria europea si trova ad affrontare un gran numero di sfide, tra cui i prezzi dell'energia estremamente elevati, le difficoltà ad attirare manodopera qualificata e l'accesso ai finanziamenti. Nel 2023 l'UE ha presentato il piano industriale del Green Deal, incentrato sul conseguimento della neutralità in termini di emissioni di carbonio. Illustrando i suoi orientamenti politici nell'autunno scorso, la Presidente Ursula Von der Leyen ha fatto riferimento a un "patto per l'industria pulita" per industrie competitive e posti di lavoro di qualità, nel solco della relazione Draghi. 

a cura del gruppo Lavoratori

L'industria europea si trova ad affrontare un gran numero di sfide, tra cui i prezzi dell'energia estremamente elevati, le difficoltà ad attirare manodopera qualificata e l'accesso ai finanziamenti. Nel 2023 l'UE ha presentato il piano industriale del Green Deal...Leggi

a cura del gruppo Lavoratori

L'industria europea si trova ad affrontare un gran numero di sfide, tra cui i prezzi dell'energia estremamente elevati, le difficoltà ad attirare manodopera qualificata e l'accesso ai finanziamenti. Nel 2023 l'UE ha presentato il piano industriale del Green Deal, incentrato sul conseguimento della neutralità in termini di emissioni di carbonio. Illustrando i suoi orientamenti politici nell'autunno scorso, la Presidente Ursula Von der Leyen ha fatto riferimento a un "patto per l'industria pulita" per industrie competitive e posti di lavoro di qualità, nel solco della relazione Draghi.

L'industria è una componente essenziale sia della duplice transizione verde e digitale che del nostro sistema economico. Ma che cosa significa questo nuovo patto per i lavoratori? Disporre di una forza lavoro forte, sindacalizzata, ben retribuita e con buone condizioni di lavoro è una questione che riguarda non solo i sindacati ma anche la società in generale, la democrazia e la stabilità sociale, come pure la produttività delle imprese.

Senza orientamenti adeguati e finanziamenti pubblici sufficienti il patto potrebbe finire per basarsi su quelle parti della relazione Draghi e dell'agenda per la competitività che sono maggiormente a favore della deregolamentazione. Questo potrebbe compromettere il modello sociale europeo promuovendo un modello di concorrenza dannosa che alimenterebbe una corsa al ribasso nei salari e nelle condizioni di lavoro.

Per affrontare la questione, il gruppo Lavoratori del CESE e la Confederazione europea dei sindacati (CES) organizzano un convegno congiunto sul tema della politica industriale europea per posti di lavoro di qualità, che si terrà il 14 febbraio presso la sede del CESE a Bruxelles. Invitiamo tutte le parti interessate a segnarsi l'evento nell'agenda e a partecipare al dibattito. 

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L'UE ha bisogno di una risposta strategica paneuropea alla crisi abitativa

A cura del gruppo Organizzazioni della società civile del CESE

Una maggiore digitalizzazione nel settore delle costruzioni e dell'edilizia abitativa e il coinvolgimento degli attori dell'economia sociale nei servizi di fornitura di alloggi possono contribuire ad affrontare le attuali sfide relative all'accessibilità economica e alla sostenibilità degli alloggi in Europa. Poiché l'alloggio non è solo una necessità, ma anche un diritto umano, secondo un recente convegno del CESE è necessaria una risposta paneuropea alle varie sfide poste in questo campo. 

A cura del gruppo Organizzazioni della società civile del CESE

Una maggiore digitalizzazione nel settore delle costruzioni e dell'edilizia abitativa e il coinvolgimento degli attori dell'economia sociale nei servizi di fornitura di alloggi possono contribuire ad affrontare le attuali sfide relative all'accessibilità economica e alla sostenibilità degli alloggi in Europa. Poiché l'alloggio non è solo...Leggi

A cura del gruppo Organizzazioni della società civile del CESE

Una maggiore digitalizzazione nel settore delle costruzioni e dell'edilizia abitativa e il coinvolgimento degli attori dell'economia sociale nei servizi di fornitura di alloggi possono contribuire ad affrontare le attuali sfide relative all'accessibilità economica e alla sostenibilità degli alloggi in Europa. Poiché l'alloggio non è solo una necessità, ma anche un diritto umano, secondo un recente convegno del CESE è necessaria una risposta paneuropea alle varie sfide poste in questo campo. 

Il 21 novembre il gruppo Organizzazioni della società civile del CESE ha organizzato il convegno sul tema Proteggere le persone più vulnerabili d'Europa attraverso alloggi sostenibili e a prezzi accessibili, nel quale si è discusso delle soluzioni con cui l'UE e i suoi Stati membri possono rendere le condizioni abitative in tutta Europa più inclusive, accessibili e sostenibili.

Séamus Boland, presidente del gruppo Organizzazioni della società civile, ha sottolineato che l'accesso a un alloggio adeguato costituisce un diritto umano che richiede un approccio paneuropeo. Ha evidenziato il legame tra l'aumento dei prezzi degli alloggi e i livelli di povertà, affermando che "la fornitura di alloggi economicamente accessibili e sostenibili è fondamentale per l'eliminazione della povertà".

Boland ha inoltre dichiarato che "la strategia dell'UE contro la povertà e il piano europeo per gli alloggi a prezzi accessibili proposto dalla Presidente eletta della Commissione europea devono far parte di un approccio politico intersettoriale per porre fine alla povertà. Esso deve coinvolgere le organizzazioni della società civile durante l'intero processo di concezione, attuazione e monitoraggio delle soluzioni. Gli alloggi sostenibili devono essere esaminati in una prospettiva più ampia che comprenda l'efficienza delle risorse, la circolarità, la resilienza, l'adattamento e l'accessibilità economica".

Nel corso dell'evento è stato inoltre presentato il nuovo studio del CESE sul tema, commissionato dal gruppo Organizzazioni della società civile, che esamina le possibili soluzioni strategiche per conseguire alloggi sostenibili e a prezzi accessibili in tutta l'UE e si sofferma su due tendenze emergenti: la digitalizzazione e il coinvolgimento degli attori dell'economia sociale nella fornitura di alloggi. Lo studio passa in rassegna le iniziative innovative realizzate in sei Stati membri, valutandone il potenziale per un'applicazione più ampia in tutta Europa.

Maggiori informazioni sulle raccomandazioni politiche a medio e lungo termine formulate nello studio del CESE sono disponibili qui.

È inoltre possibile consultare le conclusioni e le raccomandazioni del convegno.

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Riflettori puntati sulla migrazione

Il 9° Forum europeo sulla migrazione: ecco come la società civile può contribuire all'attuazione del patto sulla migrazione e l'asilo

In che modo la società civile può svolgere un ruolo chiave nell'imminente attuazione del patto sulla migrazione e l'asilo? Questo il tema principale del 9° Forum europeo della migrazione, organizzato dal Comitato economico e sociale europeo (CESE) e dalla direzione generale Migrazione e affari interni della Commissione europea, che ha anche posto l'accento sul lavoro delle organizzazioni della società civile che operano direttamente sul campo.

In che modo la società civile può svolgere un ruolo chiave nell'imminente attuazione del patto sulla migrazione e l'asilo? Questo il tema principale del 9° Forum europeo della migrazione, organizzato dal Comitato economico e sociale europeo (CESE) e dalla direzione generale Migrazione e affari interni della Commissione europea, che ha anche posto l'accento sul lavoro delle organizzazioni della società civile che operano direttamente sul campo....Leggi

In che modo la società civile può svolgere un ruolo chiave nell'imminente attuazione del patto sulla migrazione e l'asilo? Questo il tema principale del 9° Forum europeo della migrazione, organizzato dal Comitato economico e sociale europeo (CESE) e dalla direzione generale Migrazione e affari interni della Commissione europea, che ha anche posto l'accento sul lavoro delle organizzazioni della società civile che operano direttamente sul campo.

Il Forum europeo della migrazione, svoltosi a Bruxelles alla fine di novembre, ha acceso i riflettori sul patto sulla migrazione e l'asilo entrato in vigore nel giugno 2024. I partecipanti al Forum hanno discusso della prossima attuazione del patto e in particolare dei modi in cui la società civile può contribuire a sostenere e applicare il patto in modo umano. Una speciale attenzione è stata poi dedicata all'analisi di una serie di temi correlati: il nuovo meccanismo permanente di solidarietà, la creazione di collegamenti più diretti tra procedure di asilo e di rimpatrio, l'adeguatezza delle condizioni di accoglienza e il piano d'azione per l'integrazione e l'inclusione 2021-2027.

Nel suo discorso di apertura di questa edizione del Forum, la commissaria europea uscente per gli Affari interni Ylva Johansson ha dichiarato: "Sono lieta di essere qui oggi, nella mia ultima apparizione pubblica in qualità di commissaria europea, per parlare a questo Forum europeo sulla migrazione, una piattaforma cruciale affinché le organizzazioni della società civile, gli Stati membri dell'UE e i decisori politici affrontino le sfide e colgano le opportunità connesse con la gestione della migrazione. Le discussioni che abbiamo svolto nel corso degli anni sono sempre state fonte di ispirazione. Insieme possiamo costruire comunità più forti e resilienti, difendendo i nostri valori e facendo in modo che l'Europa rimanga un luogo di rifugio e di opportunità".

Il Presidente del CESE, Oliver Röpke, ha ringraziato la commissaria Johansson per il suo impegno a favore della riforma della politica migratoria dell'UE. "Dobbiamo assicurarci che il patto sulla migrazione sia attuato nel modo più umano e sostenibile possibile, e l'unico modo per farlo è ascoltare le organizzazioni della società civile che operano sul campo. Sebbene il patto sia stato adottato, rimane ancora molto lavoro da fare: anzi, si potrebbe dire che il lavoro vero comincia adesso", ha avvertito Röpke.

Il Forum europeo della migrazione è stato istituito nel 2015, come piattaforma per il dialogo tra la società civile, le istituzioni e le autorità su questioni relative alla migrazione e all'integrazione dei cittadini di paesi terzi. Si riunisce una volta all'anno per discutere in merito agli ultimi sviluppi politici e per raccogliere e scambiare informazioni sulle modalità di attuazione delle politiche europee a livello regionale, locale e dei cittadini.

Ogni anno il forum verte su un tema diverso, scelto sulla base dei contributi forniti dalle organizzazioni della società civile nel corso dei processi di consultazione avviati nei mesi precedenti l'evento. Tra i temi affrontati finora figurano le rotte migratorie sicure, l'accesso dei migranti ai diritti, ai servizi e all'UE, un mercato del lavoro europeo più inclusivo per i migranti e il ruolo dei giovani.

Il CESE ha già adottato pareri chiave su temi importanti relativi alla migrazione e all'asilo, come la presentazione del patto sulla migrazione e l'asilo, il regolamento sull'asilo e la migrazione, il pacchetto Unione della sicurezza/pacchetto Schengen , e il piano d'azione per l'integrazione e l'inclusione 2021-2027. Nel 2009 il CESE ha inoltre istituito un gruppo di studio tematico sull'immigrazione e l'integrazione, che contribuisce a dare forma concreta al suo ruolo di facilitatore tra la società civile e le istituzioni dell'UE in materia di migrazione e nel contempo si sforza di promuovere lo sviluppo di una politica europea comune in materia di immigrazione e integrazione. (lm)

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Photo from 'The Jungle' project: Trench foot, a fungal infection that affects the feet, is one of the most common health problems among refugees attempting to cross the Białowieża Forest (October 2022). Copyright: Hanna Jarzabek

La Giungla

Hanna Jarzabek, foto-documentarista ispano-polacca candidata al premio Impact Award 2024 del fondo Giornalismo investigativo per l'Europa (IJ4EU), descrive un quadro desolante della situazione al confine tra Polonia e Bielorussia, dove migliaia di profughi stanno cercando di attraversare la foresta di Białowieża o – come alcuni di loro l'hanno ribattezzata – "la Giungla".

Hanna Jarzabek, foto-documentarista ispano-polacca candidata al premio Impact Award 2024 del fondo Giornalismo investigativo per l'Europa (IJ4EU), descrive un quadro desolante della situazione al confine tra Polonia e Bielorussia, dove migliaia di profughi stanno cercando di attraversare la foresta di Białowieża o – come alcuni di loro l'hanno ribattezzata – "la Giungla".

di Hanna Jarzabek

Dal novembre 2021 migliaia...Leggi

Hanna Jarzabek, foto-documentarista ispano-polacca candidata al premio Impact Award 2024 del fondo Giornalismo investigativo per l'Europa (IJ4EU), descrive un quadro desolante della situazione al confine tra Polonia e Bielorussia, dove migliaia di profughi stanno cercando di attraversare la foresta di Białowieża o – come alcuni di loro l'hanno ribattezzata – "la Giungla".

di Hanna Jarzabek

Dal novembre 2021 migliaia di profughi, provenienti principalmente da paesi del Medio Oriente e dell'Africa, tentano di attraversare la foresta di Białowieża, l'ultima foresta vergine rimasta in Europa, situata lungo il confine tra Polonia e Bielorussia. La foresta, che alcuni profughi chiamano "la Giungla", è un luogo pericoloso e difficile da attraversare, in particolare per chi non è abituato al clima rigido dell'Europa nordorientale. Molti profughi rimangono intrappolati nella foresta per lunghi periodi, e lì si trovano ad affrontare condizioni estreme quali la mancanza di cibo e acqua, oltre ad essere fortemente esposti al rischio di ipotermia e morte durante i mesi invernali. Se intercettati dalle guardie di frontiera, questi profughi sono solitamente costretti a riattraversare la frontiera, il che significa essere lasciati nella parte bielorussa della selva, spesso di notte e senza testimoni, dopo essersi visti confiscare e distruggere i cellulari per impedire ogni comunicazione con il mondo esterno. Questi rimpatri forzati, noti come respingimenti, si verificano anche in condizioni estreme, senza eccezioni per le donne incinte o le persone sull'orlo dell'ipotermia, che sono anch'esse espulse verso il territorio bielorusso. Alcuni dei profughi hanno dichiarato di essere stati respinti così in più di un'occasione, addirittura fino a 17 volte.

Il precedente governo polacco ha fatto erigere un muro di confine sormontato da una recinzione di filo spinato e rinforzato alla base. Come analoghe barriere erette altrove nel mondo, neanche questa vale a fermare le persone che tentano di valicarla – in questo caso per entrare nell'UE – ma ha l'effetto di esporre i profughi al rischio di gravi lesioni. Le guardie di frontiera hanno inoltre installato trappole fotografiche nella foresta per individuare i movimenti di profughi e operatori umanitari. Non essendovi campi di raccolta per i profughi, questi si nascondono nella foresta per evitare di essere risospinti in Bielorussia, mentre la crescente presenza militare ostacola l'accesso agli aiuti umanitari.

Sin dall'inizio, la prestazione di aiuti umanitari in questa parte di frontiera ha dovuto affrontare sfide significative. La caduta, nell'ottobre 2023, del governo di estrema destra ha suscitato speranze di un cambiamento della politica migratoria polacca; ad oggi, tuttavia, continuano le violenze, i respingimenti e le difficoltà nell'accesso alle cure mediche. In quell'area, l'ONG Medici senza frontiere si trova attualmente a dover operare con solo tre lavoratori part time per offrire assistenza medica lungo una frontiera di 400 chilometri. Diversamente da altre aree frontaliere interessate da flussi migratori analoghi, lungo il confine tra Polonia e Bielorussia l'ONG non dispone di una base permanente. I suoi medici devono affrontare condizioni difficili, essendo spesso costretti a fornire assistenza nell'oscurità e senza attrezzature adatte per effettuare una diagnosi accurata. Devono adeguare i propri interventi alle situazioni presenti nella foresta, ad esempio somministrando flebo di notte o prestando cure mediche urgenti in casi gravi come gli aborti spontanei.

Da quando è stato eretto il muro di confine, agli altri problemi sanitari si aggiungono fratture di vario tipo, in quanto coloro che cercano di scavalcare il muro cadono talvolta da altezze considerevoli (fino a 5 metri). Alcune di queste fratture richiedono operazioni complesse e mesi di riabilitazione. In questi casi, così come nei casi di ipotermia, l'unica soluzione è quella di chiamare un'ambulanza, sapendo però che il profugo sarà posto in stato di arresto e sorvegliato dalle guardie di frontiera durante la sua degenza ospedaliera. Quando il profugo viene dimesso, le guardie di frontiera decidono, in base ai propri criteri, se inviarlo in un centro "chiuso" per stranieri o in un centro "aperto". A quanto mi hanno riferito diversi intervistati, vi sono state situazioni in cui alcuni profughi, una volta dimessi dall'ospedale, sono stati riportati nella foresta dalle guardie di frontiera e risospinti oltre il confine, dopodiché è ricominciata da capo la stessa storia.

Negli ultimi mesi anche il numero di soldati di stanza al confine polacco-bielorusso è aumentato costantemente, a testimonianza delle crescenti tensioni in quella parte di Europa. Nel giugno 2024 un migrante intercettato alla frontiera ha accoltellato un soldato polacco, poi deceduto a causa delle ferite. In reazione a questo episodio, il nuovo governo polacco ha intensificato la sua campagna contro i migranti e ha varato una legge che consente ai soldati di utilizzare le armi ogniqualvolta lo ritengano necessario, senza dover rispondere delle conseguenze. Tale scelta delle autorità polacche desta notevoli preoccupazioni, in particolare alla luce di alcuni episodi allarmanti in cui si è fatto uso della forza. Ad esempio, nell'ottobre 2023 un profugo siriano è stato raggiunto nella schiena da colpi di arma da fuoco in pieno giorno, riportando gravi lesioni. Analogamente, nel novembre 2023 alcuni volontari che tentavano di prestare aiuto umanitario hanno riferito che le guardie di frontiera hanno sparato nella loro direzione senza preavviso. La nuova legge non solo rischia di normalizzare tali pratiche pericolose, ma crea anche un clima di impunità, mettendo ulteriormente in pericolo sia i profughi che coloro che offrono assistenza umanitaria. Conferendo ai soldati un potere esente da ogni controllo, questa politica compromette diritti umani fondamentali e potrebbe condurre a una spirale di violenza in un'area di confine già caratterizzata da forte instabilità.

Il presidente polacco Donald Tusk cerca di proiettare l'immagine di un paese più aperto e attento ai diritti umani, ma il suo governo continua a riproporre la narrazione di quello precedente, rappresentando i migranti che vogliono attraversare questa frontiera come una minaccia per la società polacca, disumanizzandoli ed etichettandoli come terroristi o criminali. Il governo precedente ha inoltre cercato di accusare coloro che prestano aiuto umanitario di favoreggiamento della tratta di esseri umani, un reato punibile con la reclusione fino a otto anni. Vi sono già segnali che questa politica proseguirà anche sotto il governo guidato da Donald Tusk: il 28 gennaio 2025 cinque volontari che nel 2022 hanno prestato aiuto umanitario a una famiglia irachena e a un cittadino egiziano andranno a giudizio davanti a un tribunale polacco, rischiando di essere condannati a quella stessa grave pena detentiva.

Inoltre, le misure di politica migratoria di recente (ottobre 2024) annunciate dal governo polacco non autorizzano ad essere molto ottimisti. La zona cuscinetto, introdotta lo scorso luglio, rimane in vigore, limitando fortemente l'accesso per le organizzazioni umanitarie – compresa Medici senza frontiere – nonché per i giornalisti e rendendo così assai difficile prestare aiuto ai profughi e documentare le violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità polacche.

L'aspetto più controverso di questa politica, tuttavia, è il piano di sospendere il diritto di asilo per coloro che vogliono attraversare questa frontiera, una misura in palese contraddizione con la tutela di un diritto umano fondamentale riconosciuto in tutta Europa. Per di più questa nuova politica, benché foriera di implicazioni di vasta portata per gli abitanti di quell'area di frontiera, è stata definita dalle autorità senza alcuna consultazione preliminare della popolazione locale o delle organizzazioni umanitarie. Oltre ad adoperarsi instancabilmente per prestare aiuto, tali organizzazioni sono depositarie di conoscenze cruciali riguardanti la situazione sul campo, nonché le necessità dei profughi che tentano di attraversare il confine e le sfide che essi devono affrontare. Ignorare tale patrimonio di conoscenze non solo compromette gli sforzi umanitari, ma rischia anche di esacerbare una situazione già drammatica.

Questa inchiesta giornalistica è stata condotta con il sostegno di una sovvenzione del fondo Giornalismo investigativo per l'Europa (IJ4EU).

Hanna Jarzabek è una foto-documentarista ispano-polacca che vive a Madrid, con una formazione in scienze politiche e un passato di analista politica in alcune agenzie dell'ONU. Il suo lavoro, contraddistinto da un approccio sensibile e rispettoso, verte in particolare su temi quali la discriminazione, l'identità di genere, la diversità sessuale e i flussi migratori lungo le frontiere orientali dell'UE. I suoi reportage, pubblicati da media prestigiosi come El País e Newsweek Japan ed esposti in mostre fotografiche di livello internazionale, hanno ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui una candidatura al premio IJ4EU Impact Award 2024 e al premio Leica Oskar Barnack 2023.

Fotografie del progetto "The Jungle" [La Giungla]:

Il "piede da trincea", un'infezione fungina che colpisce i piedi, è uno dei problemi sanitari più comunemente riscontrati tra i profughi che tentano di attraversare la foresta di Białowieża (ottobre 2022). 

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Copyright: Robert Gašpert

Unmarked graves at Europe's outer borders

Barbara Matejčić, a freelance journalist from Croatia, has had the 'List of Refugee Deaths' - a record of people who tried to reach safety in the EU from 1993 to the present day - printed out on her desk for a long time. This 'catalogue of refugee despair and the cruelty of Europe's border regime' has served as a reminder that she needs to do something about it. 

Barbara Matejčić, a freelance journalist from Croatia, has had the 'List of Refugee Deaths' - a record of people who tried to reach safety in the EU from 1993 to present day - printed out on her desk for a long time. This 'catalogue of refugee despair and the cruelty of Europe's border regime' has served as a reminder that she needs to do something about it. In 2024, she took part in a major award-winning cross-border journalism project that confirmed over 1 000 unmarked gra...Leggi

Barbara Matejčić, a freelance journalist from Croatia, has had the 'List of Refugee Deaths' - a record of people who tried to reach safety in the EU from 1993 to present day - printed out on her desk for a long time. This 'catalogue of refugee despair and the cruelty of Europe's border regime' has served as a reminder that she needs to do something about it. In 2024, she took part in a major award-winning cross-border journalism project that confirmed over 1 000 unmarked graves of migrants across Europe over the last decade. Her story Unmarked monuments of EU's shame in Croatia and Bosnia chronicles state-linked deaths along the treacherous Balkan route.

By Barbara Matejčić

As I write this, on 13 January, in Zagreb, the odds are high that someone out there on the so-called Balkan route is dying. The temperatures are below freezing; the rivers are icy, swollen, and fast-flowing, and the mountains and forests are covered in snow. People have no other way to reach the European Union and ask for asylum, so they take high-risk routes. And they do not die 'only' because they drowned, fell fatally or froze to death. They also die because the police shoot at the boats in which they cross rivers, as happened to 20-year-old Arat Semiullah from Afghanistan, whose funeral prayer I attended in Bosnia and Herzegovina. They also die because the police refuse to respond to their repeated cries for help, as in the case of three minors from Egypt who froze to death in a Bulgarian forest in late 2024.

The root of my journalistic work on migrant deaths along the Balkan route lies in the 'List of Refugee Deaths’,  compiled by UNITED, a European network of activists and non-governmental organisations. The list documents information from 1993 to the present, about who has died, where, when, how and under what circumstances, while trying to reach Europe or somewhere within Europe. Many of those on the list were refugees fleeing the wars in the former Yugoslav countries. Eleven-year-old Jasminka from Bosnia died in 1994 after her Roma family was set on fire in a refugee centre in Cologne. Lejla Ibrahimović from Bosnia took her own life on 4 December 1994 in Birmingham after the British Interior Ministry refused to grant a visa to her husband Safet. Many people on the list tragically died by suicide.

Many did so after their asylum applications were refused, or before they were due to be deported from the European country they had managed to reach or in protest of the long wait for their asylum requests to be resolved. In the summer of 1995, Todor Bogdanović from Yugoslavia was shot by French police in the mountains near the border with Italy. He was eight years old. Refugees from former Yugoslav countries crossed the borders with documents and received protection in European countries, similar to Ukrainian refugees since the war in Ukraine began. But even then, some could not cross the border legally and tried to reach safety in Western Europe by any means they could, just as non-European refugees have done over the past decade. We don't know about those deaths from the 1990s, just as we don’t know much about the ones happening today.

Twelve years ago, I printed out that list, and it has been sitting on my desk ever since as a reminder that I need to do something about it. For me, no photograph, no text, no documentary about refugees is as heart-wrenching as that bare list of dead people. Those densely written pages are a catalogue of refugee despair and the cruelty of Europe's border regime.

As a reporter, I have covered various aspects of migration, including illegal pushbacks and police violence, particularly by the Croatian police, over the past decade. I started focusing on deaths in 2023. I toured cemeteries with activists in Croatia and Bosnia and Herzegovina, sent hundreds of inquiries to state bodies, spoke to the loved ones of the deceased. It is the activists, not the police, that migrants call when their life is in danger. It is the activists who help relatives find those who have disappeared after losing contact with them. It is activists who try to identify the dead, and put up permanent gravestones. This network of compassionate people does the work that should be done by institutions.

The text Unmarked monuments of EU's shame in Croatia and Bosnia is part of what I published, and it was created as part of an international journalistic investigation into migrant deaths at the external borders of the European Union, which I conducted together with colleagues from Greece, Italy, Spain, and Poland. The series titled 1000 Lives, 0 Names: The Border Graves Investigation won the 2024 Special Award European Press Prize and Investigative Journalism for EU Impact Award (IJ4EU). 

Based in Zagreb, Croatia, Barbara Matejčić is an award-wining freelance journalist, non-fiction writer, editor, researcher and audio producer focused on social affairs and human rights in the Balkan region. She has won several awards, including the Investigative Journalism for Europe award (2024) and the European Press Prize (2024). The Croatian Journalists’ Association named her best print journalist in Croatia for her features about post-war societies in Croatia and Bosnia and Herzegovina. She writes for Croatian and international media and produces multimedia projects. She lectures in Journalism Studies at the University of VERN in Zagreb. You can find out more about Barbara's work at barbaramatejcic.com  

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Copyright: UNHCR

I paesi dell'UE non devono costringere i rifugiati siriani a rientrare nel loro paese nell'attuale contesto di instabilità

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) è pronto a sostenere i siriani che considerano sicuro tornare a casa. Per tutti gli altri raccomanda invece di evitare i rimpatri forzati in un paese in preda all'incertezza politica e a una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, in cui ben il 90 % della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, scrive Jean-Nicolas Beuze dell'UNHCR.

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) è pronto a sostenere i siriani che considerano sicuro tornare a casa. Per tutti gli altri raccomanda invece di evitare i rimpatri forzati in un paese in preda all'incertezza politica e a una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, in cui ben il 90 % della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, scrive Jean-Nicolas Beuze dell'UNHCR.

Di Jean-Nicolas B...Leggi

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) è pronto a sostenere i siriani che considerano sicuro tornare a casa. Per tutti gli altri raccomanda invece di evitare i rimpatri forzati in un paese in preda all'incertezza politica e a una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, in cui ben il 90 % della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, scrive Jean-Nicolas Beuze dell'UNHCR.

Di Jean-Nicolas Beuze

Con la rapida evoluzione del panorama politico in Siria a seguito della caduta del presidente Bashar al-Assad, il dibattito sulla più grande popolazione mondiale di rifugiati ha assunto un ruolo centrale in tutta Europa.

Un numero crescente di paesi dell'UE sta bloccando le decisioni sulle domande di asilo per i siriani e alcuni hanno annunciato iniziative che prevedono voli charter e incentivi finanziari o "bonus rimpatri" per incoraggiare i rifugiati a tornare a casa. Altri starebbero addirittura pianificando di espellere i siriani attualmente presenti sul loro territorio, indipendentemente dallo status di asilo.

Per poter adottare decisioni informate in materia di asilo, gli Stati dell'UE devono valutare se, per i siriani che si trovano attualmente in Europa, la Siria sia un luogo sicuro dove rientrare. Tuttavia, a causa della rapida evoluzione della situazione sul terreno, in questo momento è impossibile formulare giudizi definitivi sulle condizioni di sicurezza presenti in questo paese, che rimangono infatti incerte, dato che, accanto alla possibilità di pace e di riconciliazione, sussiste anche il rischio di ulteriori violenze.

Milioni di rifugiati siriani che trovano all'estero si stanno interrogando sull'impatto che l'evoluzione della situazione attuale potrebbe esercitare sul loro futuro e si chiedono se la Siria sarà un luogo sicuro per loro e se i loro diritti saranno rispettati. Per alcuni sembrano esservi prospettive concrete di rientro, mentre per altri permangono serie preoccupazioni.

Quale futuro esiste per coloro che appartengono a minoranze etniche o religiose, che hanno opinioni politiche divergenti o che si identificano come parte della comunità LGBTQ + nella Siria attuale? La risposta è ancora tutt'altro che chiara.

Ciononostante, dobbiamo rispettare l'opinione di quanti considerano sicuro rientrare, eventualmente aiutandoli a rimpatriare e a reinserirsi nelle loro comunità di origine. Tuttavia, per tutti gli altri, l'UNHCR sconsiglia i rimpatri forzati a causa dell'instabilità e dell'incertezza politica presenti nel paese.

In caso di rimpatrio forzato dall'Unione europea, i siriani vedrebbero violati i loro diritti acquisiti in quanto rifugiati e rischierebbero di subire danni gravi e irreparabili al loro rientro.

La violenza armata, che imperversa in diverse aree della Siria, unita all'incertezza sulle modalità con le quali le nuove autorità risponderanno alle esigenze della popolazione, e in particolare dei gruppi vulnerabili, rende prematuro per molti prendere in considerazione il rimpatrio. È quindi importante rispettare la loro opinione al riguardo. Pertanto, gli Stati membri dell'UE, insieme ai paesi vicini alla Siria, che ospitano generosamente la maggior parte dei rifugiati siriani da oltre un decennio, devono continuare a mantenere il loro impegno a fornire protezione ai siriani sul loro territorio.

Su 1,1 milioni di sfollati interni a causa dell'escalation delle ostilità alla fine di novembre, circa 627 000 persone (per il 75 % donne e bambini) sono state nuovamente sfollate.

I rimpatri prematuri comportano rischi significativi, non da ultimo, alimentando un ciclo di sfollamenti, sia all'interno della Siria che a livello transfrontaliero, e aggravando in ultima analisi la crisi.

Oltre agli sfollamenti di massa, la Siria sta affrontando una delle peggiori crisi umanitarie al mondo. Nel conflitto sono state distrutte ampie parti delle infrastrutture siriane, tra cui ospedali, scuole e alloggi. La maggior parte dei rifugiati non ha alloggi dove tornare. Molte regioni registrano ancora carenze di cibo, acqua pulita e cure mediche. La mancanza di servizi di base, di opportunità economiche e di sicurezza rende difficile per i rimpatriati ricostruire la propria vita in modo sostenibile e dignitoso. Un dato sconcertante: ben il 90 % della popolazione siriana vive al di sotto della soglia di povertà.

Nelle ultime settimane i rimpatri volontari di siriani dal Libano, dalla Turchia e dalla Giordania sono notevolmente aumentati, fino a 125 000 (pari a circa 7 000 al giorno), secondo stime preliminari. Sebbene tali rimpatri siano guidati da scelte individuali, l'UNHCR si impegna a sostenere coloro che decidono di rientrare in questo momento.

Sono molti i siriani in Europa e nei paesi vicini che cercano di capire quanto sia sicuro tornare e che cosa troveranno in termini di servizi di base e opportunità di ricostruire la loro vita, e tutti desiderano ardentemente riunirsi con i propri cari. Per questo motivo, in molti desiderano tornare a casa per brevi periodi, in modo da valutare la situazione sul campo. E devono essere in grado di farlo senza temere di perdere lo status di rifugiato in Europa. Questi viaggi "per andare a vedere" sono essenziali per consentire alle persone di prendere decisioni informate che porteranno a risultati migliori, compresi rimpatri sicuri e duraturi.

La pazienza e la cautela sono fondamentali, in quanto i siriani attendono le giuste condizioni per un rimpatrio sicuro e una reintegrazione efficace nelle loro comunità. Molti siriani iniziano a prendere in considerazione il rientro in patria e l'UNHCR è pronto a sostenerli. Dopo essere stati sfollati per anni, questa potrebbe essere un'opportunità attesa da tempo, per molti, di porre fine al loro percorso di rifugiati e di scegliere una soluzione duratura con il ritorno in Siria. L'Unione europea e l'UNHCR continueranno ad essere al loro fianco, come lo sono stati durante il loro esilio, anche durante il loro ritorno e durante la ricostruzione di una nuova Siria.

Jean-Nicolas Beuze è il rappresentante dell'UNHCR presso l'UE, il Belgio, l'Irlanda, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e il Portogallo. In precedenza è stato rappresentante in Iraq, Yemen e Canada. Lavora da oltre 27 anni per le Nazioni Unite, sia sul campo che presso la sede centrale, nei settori dei diritti umani, del mantenimento della pace e della protezione dei minori.

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Copyright: Camille Le Coz

L'attuazione del nuovo patto sulla migrazione e l'asilo rischia di mettere a dura prova il progetto europeo

Elogiato come tappa storica al momento della sua adozione nel maggio 2024, il nuovo patto dell'UE sulla migrazione e l'asilo deve ancora dimostrare il suo valore. Tuttavia, le sfide che ci attendono nel 2025 non saranno di poco conto: in un contesto geopolitico eccezionalmente incerto, la complessità intrinseca del patto e la scadenza ravvicinata per la sua attuazione imporranno cautela e molto equilibrio – un'analisi di Camille Le Coz del Migration Policy Institute Europe (MPI, Istituto per le politiche migratorie Europa).

Elogiato come tappa storica al momento della sua adozione nel maggio 2024, il nuovo patto dell'UE sulla migrazione e l'asilo deve ancora dimostrare il suo valore. Tuttavia, le sfide che ci attendono nel 2025 non saranno da poco: in un contesto geopolitico eccezionalmente incerto, la complessità intrinseca del patto e la scadenza ravvicinata per la sua attuazione imporranno cautela e molto equilibrio – un'analisi di Camille Le Coz del Migration Policy Instit...Leggi

Elogiato come tappa storica al momento della sua adozione nel maggio 2024, il nuovo patto dell'UE sulla migrazione e l'asilo deve ancora dimostrare il suo valore. Tuttavia, le sfide che ci attendono nel 2025 non saranno da poco: in un contesto geopolitico eccezionalmente incerto, la complessità intrinseca del patto e la scadenza ravvicinata per la sua attuazione imporranno cautela e molto equilibrio – un'analisi di Camille Le Coz del Migration Policy Institute Europe (MPI, Istituto per le politiche migratorie Europa).

Con l'inizio del 2025 si pongono interrogativi pressanti sul futuro delle politiche migratorie nell'Unione europea (UE). La nuova Commissione europea ha definito un percorso chiaro con il suo piano di attuazione del nuovo patto sulla migrazione e l'asilo, ma il mutare delle circostanze potrebbe deviare altrove l'attenzione e le risorse della politica. Insieme alle conseguenze del crollo del regime di Assad e alla traiettoria imprevedibile della guerra in Ucraina, le imminenti elezioni in Germania aggiungono un ulteriore livello di incertezza. Proseguono le discussioni sui modelli di esternalizzazione, ma questi sforzi costituiscono più spesso manovre politiche isolate che non parte di una strategia europea coerente. Nel frattempo, la migrazione continua a essere usata come arma impropria alla frontiera tra Polonia e Bielorussia, con una strumentalizzazione che porta sempre più spesso a violazioni del diritto dell'UE. Quest'anno sarà cruciale per stabilire se l'Unione europea sarà in grado di adottare un approccio che promuova la fiducia e realizzi un'azione collettiva tanto necessaria, o se dovrà invece affrontare un'ulteriore frammentazione.

Nel maggio 2024 molti responsabili politici europei hanno salutato l'adozione del patto come tappa storica, dopo anni di difficili negoziati. Proprio prima delle elezioni europee, questo accordo ha dimostrato la capacità dell'Europa di unirsi e affrontare alcune delle questioni più impegnative. Gli obiettivi principali del patto sono affrontare le tensioni in materia di responsabilità e solidarietà, fugare la percezione di un'eterna crisi migratoria e armonizzare le discrepanze nelle procedure di asilo tra gli Stati membri. Pur essendo basato in ampia misura sul sistema esistente, il nuovo quadro introduce misure più rigorose, quali accertamenti sistematici, procedure rafforzate di asilo e rimpatrio alle frontiere ed eccezioni alle norme comuni in caso di crisi. Il patto favorisce inoltre una maggiore europeizzazione, con una solidarietà obbligatoria, un rafforzamento dei ruoli delle istituzioni e delle agenzie dell'UE e un aumento dei finanziamenti e del controllo europei.

Questo rafforzamento della credibilità dell'UE per quanto riguarda la gestione comune della migrazione rischia tuttavia di avere vita breve se gli europei non attueranno le nuove norme entro maggio 2026. Questa scadenza ravvicinata è particolarmente impegnativa in quanto il patto richiede l'istituzione di un sistema complesso, la mobilitazione delle risorse e l'assunzione e la formazione del personale, soprattutto per i paesi dell'Unione in prima linea. Sebbene gli Stati membri abbiano elaborato piani d'azione nazionali, gran parte del lavoro si è svolto a porte chiuse, con una comunicazione insufficiente sul piano politico. Questa carenza rappresenta un rischio crescente, in quanto l'indirizzo politico è fondamentale per mantenere il fragile equilibrio al livello dell'UE.

L'attuazione del nuovo sistema richiede inoltre che si formino coalizioni di soggetti interessati. Le agenzie nazionali per l'asilo sono fondamentali per tradurre testi legislativi complessi in quadri pratici, e le agenzie dell'UE, in particolare l'Agenzia dell'UE per l'asilo, svolgono già un ruolo centrale in questo processo. Altrettanto importante è il coinvolgimento delle organizzazioni non governative al fine di sfruttare le loro competenze e di garantire, tra l'altro, l'accesso alla consulenza legale e il controllo delle nuove procedure. Per sostenere questi sforzi sono necessari approcci più collaborativi, tra cui consultazioni periodiche, solidi meccanismi di condivisione delle informazioni e task force operative che si riuniscono con cadenza regolare.

Nel frattempo, un'attenzione significativa è stata rivolta alle strategie di esternalizzazione, che sempre più capitali europee vedono come una soluzione alle sfide poste all'UE in materia di migrazione. L'accordo Italia-Albania ha suscitato numerosi dibattiti sulle potenzialità che offre per una gestione più efficace della migrazione mista, proiettando Giorgia Meloni come figura di primo piano in quest'ambito a livello europeo. Tuttavia, esso non ha ancora prodotto risultati e rimane un accordo bilaterale che esclude i contributi di altri partner europei. Nel frattempo, altri governi stanno mettendo a punto modelli alternativi, come i centri di rimpatrio, e modalità per integrarli in un approccio a livello di UE.

Nei prossimi mesi proprio i rimpatri dovrebbero assumere un ruolo centrale nel dibattito politico. Una parte del patto si basa appunto sul miglioramento della velocità dei rimpatri, in particolare per le persone soggette a procedure di frontiera nei paesi in prima linea. La Commissione e gli Stati membri cercano di affrontare questo urgente problema lasciando nel contempo spazio ai centri pilota per i rimpatri, con proposte di revisione della direttiva rimpatri previste per marzo. Dato il poco tempo a disposizione, il rischio è che gli europei non possano riflettere pienamente sugli insegnamenti tratti dall'attuazione sul campo, nonostante i progressi compiuti nell'ultimo decennio in ambiti quali la sensibilizzazione, la consulenza, il sostegno alla reintegrazione e l'apprendimento reciproco a livello di UE. Inoltre, l'Europa deve agire con cautela affinché la sperimentazione di modelli di esternalizzazione non pregiudichi le sue relazioni con i paesi di origine e non indebolisca la sua posizione più generale.

Questa delicata opera di bilanciamento si svolge in un contesto di eccezionale incertezza, il che rende l'attuazione del patto un banco di prova non solo per la gestione della migrazione, ma anche per l'intero progetto europeo. La situazione alla frontiera polacca, in particolare, evidenzia le sfide specifiche poste dalla necessità di rispettare norme vincolanti sotto la pressione di un vicino ostile. Per quanto riguarda la Siria e l'Ucraina, le capitali europee devono essere preparate a sviluppi imprevisti. Nel corso di quest'anno sarà fondamentale promuovere una forte leadership a livello dell'UE al fine di attuare le nuove norme e continuare a esaminare possibili innovazioni che siano allineate a un approccio comune e contribuiscano a rafforzarlo. A tal fine occorre concentrare gli sforzi sulla creazione di partenariati resilienti con i paesi prioritari ed evitare il dirottamento delle risorse a causa di manovre politiche.

Camille Le Coz è direttrice associata presso il Migration Policy Institute Europe, un istituto di ricerca con sede a Bruxelles che punta a una gestione più efficace dell'immigrazione, dell'integrazione degli immigrati e dei sistemi di asilo, nonché a risultati positivi per i nuovi arrivati, le famiglie provenienti da un contesto migratorio e le comunità di accoglienza.

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Schotstek: promuovere le pari opportunità e la diversità nelle posizioni dirigenziali

L'origine e il contesto sociale di provenienza non dovrebbero mai essere degli ostacoli al successo, scrive Evgi Sadegie, amministratrice delegata di Schotstek, un'organizzazione con sede ad Amburgo e Berlino che promuove le pari opportunità e la diversità culturale nel mondo professionale. I programmi di borse di studio di Schotstek, unici nel loro genere, sono finalizzati a sostenere giovani intelligenti, ambiziosi e motivati, provenienti da un contesto migratorio, nel loro percorso verso posizioni di rilievo nella ricerca, nelle imprese e nella società. Aiutandoli a costruire una rete solida di contatti e dotandoli delle giuste competenze, Schotstek fornisce a studenti di talento e a giovani professionisti gli strumenti per realizzare appieno il loro potenziale.

L'origine e il contesto sociale di provenienza non dovrebbero mai essere degli ostacoli al successo, scrive Evgi Sadegie, amministratrice delegata di Schotstek, un'organizzazione con sede ad Amburgo e Berlino che promuove le pari opportunità e la diversità culturale nel mondo professionale. I programmi di borse di studio di Schotstek, unici nel loro genere, sono finalizzati a sostenere giovani intelligenti, ambiziosi e motivati, provenienti da un contesto migra...Leggi

L'origine e il contesto sociale di provenienza non dovrebbero mai essere degli ostacoli al successo, scrive Evgi Sadegie, amministratrice delegata di Schotstek, un'organizzazione con sede ad Amburgo e Berlino che promuove le pari opportunità e la diversità culturale nel mondo professionale. I programmi di borse di studio di Schotstek, unici nel loro genere, sono finalizzati a sostenere giovani intelligenti, ambiziosi e motivati, provenienti da un contesto migratorio, nel loro percorso verso posizioni di rilievo nella ricerca, nelle imprese e nella società. Aiutandoli a costruire una rete solida di contatti e dotandoli delle giuste competenze, Schotstek fornisce a studenti di talento e a giovani professionisti gli strumenti per realizzare appieno il loro potenziale.

Di Evgi Sadegie

La Germania è un paese culturalmente variegato, il che però non si rispecchia affatto nella sua leadership economica, scientifica, culturale e politica. Le persone provenienti da un contesto migratorio si trovano spesso ad affrontare ostacoli che accentuano le disuguaglianze sociali, lasciano inutilizzato il potenziale di innovazione e minano la coesione sociale. I pregiudizi, le disparità nelle opportunità di istruzione e la mancanza di modelli di riferimento e di reti di contatti ostacolano l'avanzamento di carriera di molte persone di talento.

La società Schotstek è stata fondata nel 2013 da Sigrid Berenberg insieme a un gruppo di amici. Avvocata di professione, Sigrid Berenberg è impegnata da anni nella promozione della giustizia sociale e della diversità. Insieme a persone animate dallo stesso spirito, ha creato Schotstek, specificamente pensata per aprire la strada a posizioni di leadership a giovani intelligenti, ambiziosi e motivati provenienti da un contesto migratorio. Ha sostenuto borsisti particolarmente brillanti, destinati a diventare futuri leader e decisori. Per molti anni Sigrid Berenberg si è occupata pienamente della gestione del programma su base del tutto volontaria.

Schotstek è una società senza scopo di lucro sostenuta da donazioni e iniziative congiunte con altre imprese. Il programma gode di un forte sostegno da parte di una rete di partner, organi consultivi e amici: tutti decisori ad alto livello provenienti da un ampio ventaglio di settori e culture. Degno di nota è il fatto che tre dei sette partner della società e l'attuale amministratrice delegata sono essi stessi ex borsisti del programma Schotstek. Questo dimostra come Schotstek passi sempre di più le redini dell'organizzazione ai talenti che sostiene, producendo così un impatto duraturo.

Schotstek offre un sostegno unico nel suo genere a studenti e giovani professionisti attraverso due programmi paralleli: uno ad Amburgo, al quale sono ammessi fino a 25 studenti all'anno, e l'altro ad Amburgo e Berlino, aperto a un massimo di 20 giovani professionisti. Dopo un biennio obbligatorio, i partecipanti rimangono nella rete di contatti e possono prendere parte agli eventi.

La missione centrale di Schotstek è la costruzione di reti di contatti solide: molti giovani provenienti da un contesto migratorio non hanno accesso ai legami professionali e sociali che sono cruciali per le opportunità di carriera. Schotstek li mette in contatto con ex borsisti, organi consultivi ed esperti del mondo imprenditoriale, scientifico, politico, culturale e sociale. Eventi regolari come serate tematiche e dibattiti con personalità di spicco promuovono gli scambi e ampliano gli orizzonti dei giovani partecipanti. Questi contatti dischiudono opportunità di carriera e creano una comunità che garantisce un sostegno a lungo termine e contribuisce al successo reciproco. Gli ex borsisti svolgono ora un ruolo fondamentale condividendo le loro conoscenze e le loro reti di contatti, oltre ad ampliare costantemente l'ambito di attività di Schotstek.

Schotstek offre seminari e coaching che preparano specificamente i partecipanti a ricoprire posizioni dirigenziali. La formazione impartita rafforza competenze chiave quali le capacità di comunicazione, la fiducia in se stessi e la leadership. I partecipanti ricevono anche un sostegno personale attraverso il tutoraggio. Sono messi in contatto con professionisti e dirigenti esperti che possono fornire preziose informazioni sul mondo del lavoro, sostenerli nella pianificazione della loro carriera e aiutarli ad affrontare le sfide professionali. I tutor fungono da modelli di riferimento, incoraggiando i partecipanti a perseguire i loro obiettivi professionali e a superare gli ostacoli.

Un'altra caratteristica specifica del programma offerto da Schotstek consiste nel promuovere la partecipazione alla vita culturale con la visita di musei, teatri – di prosa o lirici –, gallerie e altre istituzioni culturali. Questo rafforza la formazione culturale, lo sviluppo personale e l'identificazione con il proprio luogo di origine. Queste esperienze ampliano le prospettive dei borsisti e instillano un sentimento di appartenenza.

Schotstek cerca di promuovere la diversità a livello dirigenziale. L'origine e il contesto sociale di provenienza dovrebbero cessare di costituire degli ostacoli al successo. Da quando è stata fondata, Schotstek ha già sostenuto centinaia di giovani e vanta oltre 240 partecipanti ed ex borsisti ancora attivi. Molti di essi sono membri del comitato consultivo degli ex borsisti o ambasciatori, sostengono il lavoro sui social media o condividono le loro esperienze in veste di amici o tutor. Chiunque abbia fruito di una borsa di studio Schotstek rimane un membro permanente della rete di contatti: un meccanismo che consente un successo duraturo. L'estensione del programma alla città di Berlino nel 2023 dimostra che il concetto Schotstek può essere realizzato con buoni risultati anche in altre città.

Schotstek è qualcosa di più di un programma di sostegno: è un movimento che mostra in modo straordinario come si possa promuovere e rendere visibile la diversità agli alti livelli. Schotstek apre e crea opportunità che vanno al di là del successo individuale dei suoi ex borsisti e rappresenta un esempio di come la Germania possa sfruttare appieno il suo potenziale di paese di immigrazione. Promuovendo i talenti di eccellenza e abbattendo gli ostacoli, il programma svolge un ruolo fondamentale nel creare una società più equa e adeguata alle esigenze future: cosa essenziale in un mondo globalizzato.

Evgi Sadegie, laurea magistrale in turcologia, è amministratrice delegata di Schotstek gGmbH ed ex borsista dell'annata 2014. Prima del suo incarico attuale, ha guidato il progetto di tutoraggio "Yoldaş" presso la Fondazione civica di Amburgo, che sostiene i figli di famiglie turcofone svantaggiate sul piano socioeconomico. In tale ruolo, ha promosso le pari opportunità in relazione a un altro importante aspetto dell'uguaglianza. Forte della sua vasta esperienza in materia di gestione di progetti, in particolare nei settori del tutoraggio e della cooperazione interculturale, è attivamente impegnata nella promozione della diversità e dell'integrazione nella società.

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Copyright: Almir Hoxhaj

Vietato l'ingresso agli albanesi: un immigrato e la sua storia fatta di sfide, di adattamento e di speranza.

Almir Hoxhaj, immigrato albanese in Grecia, ormai parla il greco come la sua lingua madre. Dopo oltre 30 anni si sente parte del paese, ma adattarsi alla società greca, dove la parola "albanese" è persino usata come insulto, non è stato facile. Questa è la sua storia.

Almir Hoxhaj, immigrato albanese in Grecia, ormai parla il greco come la sua lingua madre. Dopo oltre 30 anni si sente parte del paese, ma adattarsi alla società greca, dove la parola "albanese" è persino usata come insulto, non è stato facile. Questa è la sua storia.

Sono nato in un paesino del distretto di Avlonas, dove ho vissuto fino a dodici anni. La mia famiglia si è trasferita a Tirana, ma nel 1997 ho ...Leggi

Almir Hoxhaj, immigrato albanese in Grecia, ormai parla il greco come la sua lingua madre. Dopo oltre 30 anni si sente parte del paese, ma adattarsi alla società greca, dove la parola "albanese" è persino usata come insulto, non è stato facile. Questa è la sua storia.

Sono nato in un paesino del distretto di Avlonas, dove ho vissuto fino a dodici anni. La mia famiglia si è trasferita a Tirana, ma nel 1997 ho preso la difficile decisione di cercare un futuro migliore in Grecia. All'epoca, dopo l'apertura delle frontiere, era comune che gli albanesi cercassero la sicurezza in Grecia in quanto, almeno in teoria, era più facile passare un confine terrestre. Io ho attraversato la frontiera a piedi diciotto volte, il mare mi faceva paura. Ricordo bene il mio ultimo viaggio fino a Veria, durato cinque giorni, in cui, nonostante abbia piovuto ininterrottamente, ho avuto una sete incredibile. Quando ho finalmente avuto in mano un bicchiere pieno d'acqua, non è certo bastato a dissetarmi. È così che è iniziata la mia vita in Grecia, con un bicchiere pieno d'acqua in mano.

Il mio primo contatto con il paese l'ho avuto a 15 anni, quando per la prima volta ho attraversato la frontiera di nascosto, con degli amici. Non ci è passato nemmeno per la testa che stavamo facendo qualcosa di illegale. Se avessi potuto venire in Grecia in aereo, l'avrei fatto. Il paese, la sua lingua, la sua mitologia e la sua storia mi attiravano in modo particolare. Quell'estate ho lavorato duramente, cercavo di aiutare la mia famiglia. Il mio trasferimento definitivo è stato complicato dall'incertezza giuridica, dal razzismo e dai problemi di integrazione. Ricordo chiaramente un episodio capitatomi nei primi tempi. Ero un immigrato irregolare, senza assicurazione, non sapevo la lingua e mi si è rotto un dente. L'unica cosa che potevo fare era togliermelo da solo, estraendolo davanti a uno specchio con delle pinze che usavo al lavoro. Avevo la bocca piena di sangue.

Adattarsi alla società greca non è stato facile. Come migrante di prima generazione, mi sentivo straniero, come se avessi costantemente sangue in bocca. Ero in Grecia illegalmente e avevo paura di andare a fare una passeggiata o a prendere un caffè. Ho vissuto il razzismo ovunque, in molte forme. Ho sentito un padre minacciare il figlio piccolo: "Se non stai buono ti faccio mangiare dagli albanesi!". Mi è stato rifiutato l'ingresso a caffè, club e altri luoghi, alcuni dei quali, quando ci sono andato per la prima volta, esponevano persino un cartello che diceva "Vietato l'ingresso agli albanesi". Ci definivano sporchi perché eravamo di religione diversa. Oggi i rapporti tra i greci e gli albanesi sono migliorati, anche se gli stereotipi sono duri a morire. La parola "albanese" in Grecia è addirittura utilizzata come insulto. Il razzismo c'era allora e c'è ancora, ma oggi è più mitigato, i tempi sono cambiati. Non vuol dire che sia scomparso, anzi è amplificato dalle difficoltà finanziarie e dalla mancanza di istruzione.

I pregiudizi e le discriminazioni sono profondamente radicati e spesso danno origine a modelli politici e sociali estremi che si diffondono e arrivano persino al Parlamento europeo, e questo è triste! Sebbene la situazione sia migliorata, i problemi restano reali ma c'è speranza per le generazioni più giovani. I nostri figli avranno maggiori possibilità di essere pienamente accettati, e questo vale anche per mia figlia, che ha 12 anni.

Oggi lavoro come imprenditore edile e guardo al passato con sentimenti contrastanti. Le difficoltà di adattamento e la mancanza di accoglienza che ho incontrato sono state una realtà quotidiana. Tuttavia, attraverso queste sfide ho sviluppato una comprensione più approfondita della vita e dell'importanza dell'integrazione.

L'Albania rimarrà per sempre parte di me. Ricordo benissimo gli anni del regime comunista: è stato un periodo di paranoia, paura, insicurezza ed estrema povertà. La caduta del regime ha portato sollievo, ma anche nuovi problemi come la disoccupazione e la criminalità. Queste esperienze mi hanno formato: mi hanno insegnato ad apprezzare la stabilità e la libertà che ho trovato in Grecia.

Personalmente mi sento legato a questo paese: anche se il mio cuore è nel mio paesino in Albania, la mia vita è qui. Parlo altrettanto bene il greco e l'albanese. Le mie esperienze, le mie battaglie e quanto ho saputo realizzare mi fanno sentire parte di questo paese. Spero che, col tempo, il popolo greco ci accetterà pienamente, riconoscendo il nostro contributo alla società.

La migrazione è un banco di prova pieno di sfide, ma anche di opportunità e, in quanto immigrato albanese in Grecia, non ho potuto evitarlo. La mia è una storia fatta di sfide, di adattamento e di speranza.

Negli anni a venire credo che continuerò a vivere in Grecia, che è casa mia, e in Albania, che spero diventi membro a pieno titolo dell'Unione europea. È questa ora la patria di tutti noi.

Almir Hoxhaj ha 47 anni. Vive e lavora a Tripoli, una cittadina del Peloponneso, e ha una figlia di 12 anni. La sua città preferita è Berlino. Parla e scrive correntemente in greco e ha tradotto in questa lingua il libro "La saga delle stelle dell'alba" dell'autore albanese Rudi Erebara, che nel 2017 è stato insignito del Premio dell'Unione europea per la letteratura e racconta la tragedia del popolo albanese nel XX secolo. Sebbene la vicenda narrata si svolga nel secolo scorso, l'essenza del totalitarismo, del fascismo e dell'irrazionalità rimane purtroppo attuale, in forme più "moderne".

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Redazione

Ewa Haczyk-Plumley (editor-in-chief)
Laura Lui (ll)

Hanno collaborato a questo numero

Christian Weger (cw)
Daniela Vincenti (dv)
Ewa Haczyk-Plumley (ehp)
Giorgia Battiato (gb)
Jasmin Kloetzing (jk)
Katerina Serifi (ks)
Laura Lui (ll)
Leonardo Pavan (lp)
Marco Pezzani (mp)
Margarita Gavanas (mg)
Margarida Reis (mr)
Millie Tsoumani (mt)
Pablo Ribera Paya (prp)
Thomas Kersten (tk)

Coordinamento

Agata Berdys (ab)
Giorgia Battiato (gb)

 

 

Indirizzo

European Economic and Social Committee
Jacques Delors Building,
99 Rue Belliard,
B-1040 Brussels, Belgium
Tel. (+32 2) 546.94.76
Email: eescinfo@eesc.europa.eu

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Reproduction permitted if EESC info is mentioned as the source and a link  is sent to the editor.
 

Gennaio 2025
01/2025

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