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European Economic and Social Committee A bridge between Europe and organised civil society

FEBRUARY 2025 | IT

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Editoriale

Editoriale

Mentre l'inverno cede quasi controvoglia il passo alla primavera, il CESE va incontro al mese di marzo con una serie di dinamici eventi che accendono i riflettori sui punti di vista dei giovani e della società civile.

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Mentre l'inverno cede quasi controvoglia il passo alla primavera, il CESE va incontro al mese di marzo con una serie di dinamici eventi che accendono i riflettori sui punti di vista dei giovani e della società civile.

La serie prende il via con la 16a edizione della manifestazione La vostra Europa, la vostra opinione! (Your Europe Your Say!). Il 13 e 14 marzo 2025 l'evento, largamente noto anche con l'acronimo "YEYS", riunirà quasi 100 giovani partecipanti in rappresentanza di organizzazioni giovanili, consigli nazionali della gioventù e scuole secondarie, oltre a 37 insegnanti provenienti da Stati membri dell'UE, da paesi candidati all'adesione e dal Regno Unito. Tutti condivideranno un'esperienza senza pari, unendo le loro voci per plasmare l'Europa in cui vogliono vivere.

Le loro raccomandazioni potrebbero contribuire ai lavori della seconda Settimana della società civile del CESE, che si terrà pochi giorni dopo, servendo da base per dibattiti incentrati sulle questioni giovanili, ed è anche possibile che vengano trasmesse ad esponenti di alto livello delle istituzioni europee.

Dopo una promettente prima edizione nel 2024, quest'anno la Settimana della società civile si svolgerà dal 17 al 21 marzo e sarà dedicata al tema Rafforzare la coesione e la partecipazione nelle società polarizzate. L'instabilità sociale, le recessioni economiche e un diffuso malcontento, in particolare tra quanti hanno la sensazione di non trovare chi è disposto ad ascoltarli e di essere lasciati indietro, hanno aggravato ancor di più le fratture sociali.

Per affrontare queste urgenti preoccupazioni, la Settimana della società civile 2025 riunirà un ampio e vario spettro di portatori di interessi della società civile europea e non solo, ai quali offrirà una piattaforma unica per partecipare a dibattiti critici, scambiare buone pratiche e collaborare allo sviluppo di soluzioni che promuovano la coesione sociale e rafforzino l'impegno democratico.

Il programma dell'edizione di quest'anno prevede tre iniziative principali: discussioni tra le organizzazioni e le reti europee della società civile (tavole rotonde del gruppo di collegamento del CESE) su come una strategia per la società civile europea possa favorire una maggiore coesione; la Giornata dell'iniziativa dei cittadini europei (ICE) e il ruolo dell'ICE nel contrastare la polarizzazione; e la cerimonia di consegna del Premio per la società civile. Il tema della 15ª edizione del Premio CESE per la società civile, un riconoscimento assegnato all'eccellenza nelle iniziative della società civile, è la lotta contro la pericolosa polarizzazione della società europea. I vincitori per il 2025 provengono dal Belgio, rappresentato dall'organizzazione della società civile "Diversity"; dalla Francia, con l'ONG Reporters d'Espoirs/Reporters of Hope; e dalla Slovacchia, con la SDA (Slovenská debatná asociácia = Associazione slovacca per il dibattito). La classifica sarà annunciata nel corso della cerimonia di premiazione.

La Settimana della società civile del CESE fungerà da piattaforma di discussione su temi di attualità, invitando la società civile organizzata e i cittadini a esprimersi su questioni essenziali: dalle sfide sempre più serie poste dai cambiamenti climatici all'aumento del costo della vita e alle crescenti disparità di reddito, fino ai risultati delle elezioni che si sono svolte nel 2024 in tutto il mondo - tutti fenomeni che hanno creato un terreno fertile per una diffusa polarizzazione.

Vi invito a entrare in questo scambio denso di contenuti partecipando alle nostre discussioni e cogliendo l'occasione per trasformare il dialogo in cambiamento. Le nostre voci contano e potranno trovare ascolto fino a quando resteremo uniti, proattivi e disposti a dare il nostro contributo per costruire un'Europa più coesa e partecipativa. Le iscrizioni sono aperte! Non lasciatevi sfuggire questa opportunità!

Aurel Laurențiu Plosceanu

Vicepresidente del CESE responsabile della Comunicazione 

Date da ricordare

13-14 marzo 2025

La vostra Europa, la vostra opinione! 2025

17-20 marzo 2025

Settimana della società civile 2025

18 marzo 2025

Giornata dell'ICE 2025

26-27 marzo 2025

Sessione plenaria del CESE

Veniamo al punto!

In vista della Giornata internazionale della donna (8 marzo) e della 69ª sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile (CSW69), il più importante organismo mondiale in materia di promozione dei diritti delle donne, il membro del CESE Maria Nikolopoulou, relatrice del parere sul tema Contributo del CESE alle priorità dell'UE alla 69ª sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile (CSW), fa il punto sui progressi compiuti dall'UE in materia di parità di genere. Malgrado i numerosi passi avanti, che meritano di essere riconosciuti, le donne sono ancora ben lontane dal godere di pari diritti rispetto agli uomini. Restano ancora molte lacune da colmare e molte battaglie da vincere.

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In vista della Giornata internazionale della donna (8 marzo) e della 69ª sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile (CSW69), il più importante organismo mondiale in materia di promozione dei diritti delle donne, il membro del CESE Maria Nikolopoulou, relatrice del parere sul tema Contributo del CESE alle priorità dell'UE alla 69ª sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile (CSW), fa il punto sui progressi compiuti dall'UE in materia di parità di genere. Malgrado i numerosi passi avanti, che meritano di essere riconosciuti, le donne sono ancora ben lontane dal godere di pari diritti rispetto agli uomini. Restano ancora molte lacune da colmare e molte battaglie da vincere.

Sulla parità di genere, l'Europa ha fatto molto ma deve fare ancora di più

Di Maria Nikolopoulou

In vista della Giornata internazionale della donna e della 69ª sessione della commissione delle Nazione Unite sulla condizione femminile (CSW69), a New York, è il momento giusto per fare una riflessione e un bilancio sui risultati conseguiti in materia di parità di genere. Ed è anche il momento per guardare al futuro e per continuare a tracciare la via da seguire.

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Di Maria Nikolopoulou

In vista della Giornata internazionale della donna e della 69ª sessione della commissione delle Nazione Unite sulla condizione femminile (CSW69), a New York, è il momento giusto per fare una riflessione e un bilancio sui risultati conseguiti in materia di parità di genere. Ed è anche il momento per guardare al futuro e per continuare a tracciare la via da seguire.

Per quanto riguarda il quadro legislativo, si osservano miglioramenti: più donne sono attive nel mercato del lavoro, percepiscono redditi migliori, raggiungono livelli di istruzione più elevati, ottengono una maggiore rappresentanza politica e ricoprono più posizioni di potere. Tali progressi però sono stati lenti e disomogenei negli Stati membri.

Tuttavia, finché persisteranno disuguaglianze strutturali, stereotipi di genere e arretramenti sui diritti femminili, le donne continueranno a essere sottorappresentate nella sfera pubblica, nella politica e nell'istruzione nelle discipline STEM, saranno esposte alla violenza online e offline e non avranno accesso alle risorse e al capitale per l'imprenditorialità. Saranno inoltre maggiormente esposte a condizioni di povertà di tempo e di denaro e i divari retributivi e pensionistici richiederanno troppi anni per essere colmati.

Devono essere compiuti passi avanti innanzitutto a livello di formazione, di finanziamenti e di impegno. Servono risorse per rafforzare le competenze delle donne, in vista della duplice transizione digitale e verde giusta, per finanziare piani d'azione nazionali di lotta alla violenza contro le donne e per impartire una formazione a tutto il personale che opera con le persone sopravvissute alla violenza.

Dobbiamo finanziare progetti imprenditoriali e istituire servizi di assistenza all'infanzia e agli anziani accessibili, di alta qualità e a prezzi abbordabili, al fine di alleggerire l'onere delle responsabilità di assistenza non retribuita che grava sulle donne. Inoltre, occorre un forte impegno per creare spazi sicuri, coinvolgendo un maggior numero di donne nei parlamenti locali e nazionali e nel Parlamento europeo, e garantendo la loro partecipazione attiva ai processi di risoluzione non violenta dei conflitti e di costruzione della pace, promuovendo nel contempo approcci inclusivi a livello di genere nell'ambito di tali processi.

Infine, disporre di un'ampia strategia europea per l'Agenda 2030 ci aiuterebbe a compiere progressi molto più rapidi nel rendere la parità di genere una componente fondamentale delle nostre politiche. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile dovrebbero essere affrontati nel loro insieme e non singolarmente.

I progressi compiuti nell'Unione europea sono "buoni", ma non bastano per gli uomini, le donne e le ragazze dell'UE che lottano perché la parità di genere diventi davvero una realtà. Il nostro ruolo di società civile consiste nell'aumentare la pressione sui responsabili politici affinché garantiscano progressi rapidi.

Una domanda a…

Le relazioni del 2024 di Mario Draghi ed Enrico Letta hanno avuto un'eco considerevole nell'UE e nei suoi Stati membri, diventando tabelle di marcia che indicano il percorso che l'Europa dovrebbe seguire per garantire un futuro sostenibile. Nel suo parere sulla valutazione delle relazioni Letta e Draghi sul funzionamento e la competitività del mercato unico dell'UE, il CESE fornisce un punto di vista della società civile in merito a tali relazioni e formula raccomandazioni per un'azione urgente. Abbiamo chiesto ai tre relatori del parere – Matteo Carlo Borsani, Giuseppe Guerini e Stefano Palmieri – di mettere in evidenza le proposte delle due relazioni che essi ritengono particolarmente importanti per la prosperità futura dell'UE.

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Le relazioni del 2024 di Mario Draghi ed Enrico Letta hanno avuto un'eco considerevole nell'UE e nei suoi Stati membri, diventando tabelle di marcia che indicano il percorso che l'Europa dovrebbe seguire per garantire un futuro sostenibile. Nel suo parere sulla valutazione delle relazioni Letta e Draghi sul funzionamento e la competitività del mercato unico dell'UE, il CESE fornisce un punto di vista della società civile in merito a tali relazioni e formula raccomandazioni per un'azione urgente. Abbiamo chiesto ai tre relatori del parere – Matteo Carlo Borsani, Giuseppe Guerini e Stefano Palmieri – di mettere in evidenza le proposte delle due relazioni che essi ritengono particolarmente importanti per la prosperità futura dell'UE.

Nelle relazioni Letta e Draghi non possiamo scegliere solo le raccomandazioni che ci fanno comodo

a cura di Matteo Carlo Borsani
gruppo Datori di lavoro del CESE

Come prima cosa, nel suo parere il CESE chiede di intervenire con urgenza per attuare le raccomandazioni contenute nelle relazioni Letta e Draghi. Personalmente ritengo che le due relazioni vadano attuate nella loro totalità: non possiamo scegliere soltanto le raccomandazioni che ci fanno comodo, limitando le proposte e l'attenzione agli aspetti che ci appaiono meno impegnativi ed evitando le tematiche più critiche e controverse, come gli investimenti. 

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a cura di Matteo Carlo Borsani
gruppo Datori di lavoro del CESE

Come prima cosa, nel suo parere il CESE chiede di intervenire con urgenza per attuare le raccomandazioni contenute nelle relazioni Letta e Draghi. Personalmente ritengo che le due relazioni vadano attuate nella loro totalità: non possiamo scegliere soltanto le raccomandazioni che ci fanno comodo, limitando le proposte e l'attenzione agli aspetti che ci appaiono meno impegnativi ed evitando le tematiche più critiche e controverse, come gli investimenti. 

Per quanto riguarda la relazione Draghi, data l'evidente importanza che essa riserva al tema della competitività dell'UE nel suo complesso, considero fondamentali le raccomandazioni sulla politica industriale dell'UE e in particolare il suo insistere sulla necessità di adottare una politica industriale in grado di superare l'attuale approccio frammentato. Oggi abbiamo 27 politiche industriali nazionali, che non sempre sono coordinate. È soltanto attraverso un organico sforzo europeo che potremo garantire la combinazione dinamica di misure fiscali, regolatorie, commerciali/doganali e di incentivo finanziario che caratterizza le più recenti politiche industriali di USA e Cina e che porterà enormi vantaggi per il mercato unico.

Tuttavia, tale impegno dovrebbe andare di pari passo con una drastica riduzione degli oneri burocratici per le imprese; ed è per questo che apprezzo in modo particolare la richiesta di Letta di "un mercato unico per andare veloce e lontano". Tra le sue principali raccomandazioni, Letta invita a razionalizzare gli oneri burocratici, a semplificare le procedure amministrative e ad adottare ulteriori misure per "ridurre la burocrazia", in particolare per le piccole e medie imprese (PMI). In quest'ottica, nel suo parere il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di ridurre del 25 % gli oneri di comunicazione per tutte le imprese, fissando un obiettivo di almeno il 50 % per le PMI. Inoltre, sviluppando e approfondendo la raccomandazione di Letta di considerare la possibilità di un meccanismo che assista i colegislatori con una valutazione d'impatto dinamica, il CESE sostiene fermamente l'idea di una "verifica della competitività" da effettuare nel corso dell'iter legislativo.

Dobbiamo agire rapidamente, ma senza transigere sulla qualità

a cura di Giuseppe Guerini
, del gruppo "Organizzazioni della società civile" del CESE

Lo scorso anno la Commissione europea e il Consiglio europeo hanno incaricato Mario Draghi ed Enrico Letta di elaborare due relazioni, rispettivamente sulla competitività dell'UE e sul rafforzamento del mercato unico. Tali relazioni definiscono un'agenda politica ambiziosa per l'Unione europea, fungendo sia da tabella di marcia che da parametro di riferimento per valutare l'impegno delle istituzioni e dei responsabili politici a plasmare il futuro dell'UE e la loro capacità di tradurre tale impegno in realtà.

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a cura di Giuseppe Guerini
, del gruppo "Organizzazioni della società civile" del CESE

Lo scorso anno la Commissione europea e il Consiglio europeo hanno incaricato Mario Draghi ed Enrico Letta di elaborare due relazioni, rispettivamente sulla competitività dell'UE e sul rafforzamento del mercato unico. Tali relazioni definiscono un'agenda politica ambiziosa per l'Unione europea, fungendo sia da tabella di marcia che da parametro di riferimento per valutare l'impegno delle istituzioni e dei responsabili politici a plasmare il futuro dell'UE e la loro capacità di tradurre tale impegno in realtà.

La relazioni Draghi e Letta possono essere utilizzate per misurare l'efficacia con cui le istituzioni e i leader stanno rispondendo alle complesse sfide odierne.

Il parere elaborato dal CESE sulle due relazioni costituisce uno strumento prezioso per valutare le prime fasi di questo nuovo ciclo politico. In quest'ambito, la prima iniziativa è rappresentata dalla bussola per la competitività, lanciata il 29 gennaio dalla Commissione europea. La bussola comprende diverse proposte di misure altamente prioritarie, evidenziate anche nel nostro parere, come colmare il divario di competitività, completare il mercato unico, semplificare la regolamentazione senza arrivare alle deregolamentazione e riconoscere che la competitività dipende dalle persone e dalle competenze.

Tuttavia, al di là del divario di competitività, quello che manca sono le azioni concrete. Finora la Commissione ha presentato documenti strategici, comunicazioni e impegni, ma per le misure tangibili si dovranno aspettare ancora dei mesi. Come osservato nel nostro parere, questo ritardo mette in luce la necessità che le istituzioni dell'UE e gli Stati membri avviino anche un dibattito sulle regole fondamentali dell'Unione e sull'idoneità dei Trattati in vigore ad affrontare le sfide attuali, che richiedono rapidità di azione.

Ma agire rapidamente non significa transigere sulla qualità, e la Commissione europea lo ha dimostrato nel 2020, quando ha attuato in tempi brevissimi l'iniziativa Next Generation EU. Oggi essa dovrebbe dar prova di quella stessa agilità.

Il conseguimento di questi obiettivi richiede un approccio multidimensionale. Completare rapidamente il mercato unico è fondamentale, ma ciò deve andare di pari passo con un forte impegno a favore della sostenibilità ambientale, della prosperità economica e della coesione sociale e territoriale, in quanto fattori chiave della competitività.

Questa visione richiede anche una politica industriale coesa, in grado di superare l'attuale frammentazione degli approcci nazionali, con il sostegno di incentivi fiscali e doganali strategici. Allo stesso tempo, la riduzione degli oneri burocratici e dei costi di conformità attraverso una regolamentazione più intelligente e processi amministrativi semplificati è essenziale per promuovere un contesto imprenditoriale più dinamico.

Nel settore dell'energia è vitale ridurre le disparità nei prezzi tra gli Stati membri e le altre economie mondiali. A tal fine si dovranno aumentare gli investimenti nelle energie rinnovabili, garantendo un mercato dell'energia più competitivo e sostenibile.

Per sostenere queste ambizioni, l'UE deve anche mettere a punto una politica comune in materia di beni pubblici europei, definendo chiaramente le proprie priorità strategiche e rafforzando il proprio ruolo sulla scena mondiale.

Il CESE continuerà a monitorare l'attuazione di tali politiche, garantendo che la voce della società civile europea venga ascoltata e sia presa in considerazione.

Confrontare le normative dell'UE e quelle degli Stati Uniti o della Cina è metodologicamente errato

a cura di Stefano Palmieri
gruppo Lavoratori del CESE

Pur differendo in modo significativo nelle rispettive analisi e nelle strategie proposte, le relazioni Letta e Draghi presentano notevoli elementi di sovrapposizione.

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a cura di Stefano Palmieri,
del gruppo Lavoratori del CESE

Pur differendo in modo significativo nelle rispettive analisi e nelle strategie proposte, le relazioni Letta e Draghi presentano notevoli elementi di sovrapposizione.

Si consideri, ad esempio, la politica di coesione. Per la relazione Letta, tale politica svolge un ruolo centrale, facendo sì che i benefici del mercato unico siano condivisi da tutti i cittadini e da tutte le regioni dell'Unione. Questa relazione sottolinea inoltre il nesso tra la politica di coesione e i servizi di interesse generale, essenziali per consentire ai cittadini europei di vivere e lavorare dove desiderano. Per contro, la relazione Draghi sembra ridimensionare l'importanza della politica di coesione e sminuire la dimensione sociale e territoriale della competitività. Quest'ultima relazione, infatti, tratta della competitività europea senza considerare le disparità territoriali, sottintendendo che il mero incremento della competitività complessiva dell'UE basterebbe a risolvere le criticità regionali. Ragionando così, tuttavia, non si tiene conto del fatto che, per molte regioni, la scarsa competitività e lo svantaggio territoriale sono due facce della stessa medaglia.

Entrambe le relazioni riconoscono che, per l'Unione europea, il mantenimento dello status quo non è più un'opzione accettabile. L'urgenza e la complessità delle crisi attuali impongono un cambiamento significativo nel processo di elaborazione delle politiche europee, eventualmente anche attraverso modifiche dei Trattati. Possiamo davvero parlare di un nuovo allargamento senza affrontare la necessità di una maggiore integrazione politica? Il cambiamento di cui abbiamo bisogno deve comportare anche un cambiamento di scala. L'attuale quadro finanziario pluriennale (QFP) è insufficiente, circoscritto com'è a poco più dell'1 % dell'RNL dell'UE e frenato com'è dalla logica obsoleta del "giusto ritorno". È necessario un nuovo approccio, ispirato al modello dell'iniziativa Next Generation EU. A sfide straordinarie bisogna rispondere con soluzioni audaci, compresa l'emissione di "attività sicure comuni" (common safe assets), come avvenuto durante la pandemia di COVID-19.

Il prossimo QFP (quello per il periodo 2028-2034) sarà un banco di prova delle vere intenzioni dell'UE, in quanto stabilirà le priorità per i prossimi sette anni. In tale contesto, è ragionevole attendersi un dibattito aperto sulle sfide che attendono l'Unione – considerate le molteplici crisi in atto – nonché sugli obiettivi fondamentali dell'UE e sui beni comuni europei che essa mira a garantire ai suoi cittadini.

Nel valutare l'opportunità di una riforma normativa, come raccomandato in entrambe le relazioni, è importante ricordare che l'UE è l'"economia sociale di mercato" più avanzata al mondo e che i suoi alti standard economici, sociali e ambientali sono condizioni essenziali, e non ostacoli, per il successo di questo modello. Pertanto, il confronto tra le normative dell'UE e quelle degli Stati Uniti o della Cina poggia su presupposti sbagliati. Qualsiasi sforzo volto a semplificare le norme dell'UE deve comunque salvaguardare le condizioni di lavoro, la sicurezza dei lavoratori, i diritti dei consumatori, la coesione sociale ed economica e la crescita sostenibile.

L'Europa è arrivata a capire, sia pure tardivamente, che non è più sufficiente essere un grande mercato. Per progredire, essa deve adoperarsi per una maggiore unità, il che significa anche e soprattutto una più profonda integrazione politica e politiche realmente uniformi in materia di economia, industria, commercio, affari esteri e difesa. I prossimi mesi saranno decisivi per plasmare il futuro dell'Europa.

L'ospite a sorpresa

La competitività sembra un tema assai in voga di questi tempi, e la deregolamentazione è vista da molti come la ricetta magica per mettere l'Europa al centro della scena economica mondiale. Tuttavia, vi sono molti modi per misurare la competitività e non esiste un'unica risposta universale alla domanda di cosa costituisca un "eccesso di regolamentazione". Se non gestiti con cautela, i dibattiti sulla competitività e la deregolamentazione rischiano di sprofondare in discussioni semplicistiche e dogmatiche che potrebbero compromettere un'elaborazione sensata delle politiche economiche, come scrive il nostro ospite a sorpresa Karel Lannoo, direttore generale del Centro per gli studi politici europei (CEPS).

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La competitività sembra un tema assai in voga di questi tempi, e la deregolamentazione è vista da molti come la ricetta magica per mettere l'Europa al centro della scena economica mondiale. Tuttavia, vi sono molti modi per misurare la competitività e non esiste un'unica risposta universale alla domanda di cosa costituisca un "eccesso di regolamentazione". Se non gestiti con cautela, i dibattiti sulla competitività e la deregolamentazione rischiano di sprofondare in discussioni semplicistiche e dogmatiche che potrebbero compromettere un'elaborazione sensata delle politiche economiche, come scrive il nostro ospite a sorpresa Karel Lannoo, direttore generale del Centro per gli studi politici europei (CEPS).

Karel Lannoo è il direttore generale del CEPS, uno dei principali gruppi di riflessione indipendenti europei. Le sue recenti pubblicazioni, incentrate su temi quali la regolamentazione finanziaria, la governance economica europea e le questioni relative al mercato unico, comprendono "Understanding Europe" (in neerlandese), una relazione della task force sulla politica del settore finanziario per la Commissione von der Leyen II e vari contributi a volumi e articoli accademici. Karel è spesso invitato a partecipare ad audizioni organizzate dalle istituzioni dell'UE e da altre istituzioni nazionali e internazionali, nonché a convegni internazionali e a programmi per dirigenti. Cura studi per governi nazionali, organizzazioni multilaterali ed enti del settore privato, e collabora frequentemente con vari organi di stampa. Fa parte inoltre dei consigli di amministrazione di società e fondazioni ed è membro di consigli consultivi, tra cui la commissione per i mercati dei capitali dell'AFM, l'autorità di vigilanza dei mercati dei capitali dei Paesi Bassi.

L'ossessione per la competitività

di Karel Lannoo

Di questi tempi va di moda dire che l'Europa non è competitiva e che occorre una massiccia campagna di deregolamentazione al livello dell'UE. Tuttavia, la misura in cui la situazione economica si può considerare problematica dipende dalla definizione di "competitività", dal denominatore utilizzato e dal parametro di riferimento, nonché dalle circostanze.

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di Karel Lannoo

Di questi tempi va di moda dire che l'Europa non è competitiva e che occorre una massiccia campagna di deregolamentazione al livello dell'UE. Tuttavia, la misura in cui la situazione economica si può considerare problematica dipende dalla definizione di "competitività", dal denominatore utilizzato e dal parametro di riferimento, nonché dalle circostanze.

Inoltre, si tende a far corrispondere la competitività alla deregolamentazione, il che non è corretto, come se la soluzione fosse una massiccia operazione di semplificazione. È quindi importante scegliere i parametri giusti per mantenere negli argini il discorso, che altrimenti rischia di sfuggire di mano e fare il gioco degli euroscettici.

La competitività come obiettivo politico è tornata in auge, anche se in realtà non è mai scomparsa dall'orizzonte: è importante ricordare alcuni precedenti. Con la strategia di Lisbona, adottata formalmente dal Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, l'UE si proponeva di diventare "l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Già durante gli anni della presidenza Delors la competitività era una preoccupazione per la Commissione europea: per capirlo basta leggere il famoso articolo di Paul Krugman del 1994, che la definiva una "pericolosa ossessione". All'epoca il Presidente Delors era preoccupato per l'aumento della disoccupazione europea, una situazione che aveva per sfondo la concorrenza mossa dagli Stati Uniti e dal Giappone, e proponeva, come soluzione, un programma di investimenti nelle infrastrutture e nell'alta tecnologia. Una ricetta che abbiamo già sentito.

Anche la semplificazione legislativa è da tempo in cima all'agenda. Le iniziative del programma SLIM ("Semplificare la legislazione per il mercato interno") sono iniziate già nel 1996, quando l'UE contava 15 Stati membri. Negli anni 2005-06, prima della crisi finanziaria, il commissario Charles McCreevy (2004-2009) aveva caldeggiato le cosiddette "pause normative". Ai tempi della Commissione Juncker il vicepresidente Frans Timmermans è stato incaricato di un programma per "legiferare meglio". Sebbene tutti questi piani fossero lodevoli, sarebbe meglio affrontare le cause profonde della complessità normativa – il processo decisionale e l'attuazione inadeguata – anziché limitarsi a curare i sintomi. Ma con 27 Stati membri, questo è più facile a dirsi che a farsi.

La competitività, almeno per come è definita nella relazione Draghi, riguarda più che altro la produttività e la crescita del PIL, e i risultati possono essere molto diversi a seconda del denominatore utilizzato. Esistono però anche altri modi di misurare la competitività. Si potrebbe ad esempio esaminare la competitività interna rispetto a quella esterna. Sul piano interno, l'UE appare debole, con un calo della produttività rispetto agli Stati Uniti. All'esterno, tuttavia, l'UE presenta un saldo attivo per quanto riguarda la bilancia commerciale e le partite correnti, mentre gli Stati Uniti devono fare fronte a un disavanzo enorme, ma questo non sembra costituire un problema (tranne per il Presidente Trump).

L'UE vanta anche una posizione di bilancio molto migliore rispetto agli Stati Uniti o persino al Giappone, anche se non disponiamo di dati precisi per un confronto esatto con la Cina. Nel 2024 il deficit di bilancio dell'UE era pari a circa il 3,5 % del PIL, mentre negli Stati Uniti era quasi il doppio (6,4 %). Gli Stati Uniti possono finanziare il loro disavanzo sui mercati internazionali grazie alla posizione mondiale del dollaro, anche se i tassi di interesse a medio termine nell'UE e negli Stati Uniti sono divergenti, il che è un indice delle preoccupazioni del mercato circa l'economia statunitense. Attualmente, il tasso d'interesse attivo a sei mesi applicato nei mercati al dollaro statunitense è pari al 4,8 %, mentre nella zona euro è al 2,5 % (Euribor).

Inoltre, i prezzi dell'energia nell'UE sono molto più elevati rispetto agli Stati Uniti dalla metà del 2021, cioè da quando Putin ha iniziato a manipolare i prezzi, il che rappresenta un problema di competitività per l'industria manifatturiera, e in particolare per la Germania. Oggi il costo dell'energia nell'UE è superiore di almeno il 50 % a quello negli Stati Uniti.

La politica energetica è un altro buon esempio del dibattito sulla normativa: è l'eccesso di regolamentazione il problema? Al contrario, l'UE dispone di un mercato unico dell'energia per la distribuzione, ma non per la produzione, che rimane sotto il controllo degli Stati membri. Ciò crea problemi nei paesi con un eccesso di produzione, in quanto determina l'aumento dei prezzi a causa della penuria di energia in altri paesi, come avviene tra Svezia e Germania.

Nel settore digitale, inoltre, ci si potrebbe chiedere se l'assenza di regolamentazione sia davvero meglio. Vogliamo la libertà di parola in stile statunitense e nessuna moderazione dei contenuti? Vogliamo un mercato oligopolistico come quello attuale?

Questa breve riflessione sottolinea che qualsiasi dibattito sulla competitività e la deregolamentazione deve essere affrontato con la massima cautela per evitare che scada in una discussione dogmatica, che potrebbe avere un impatto negativo su una definizione sensata delle politiche economiche.

Notizie dal CESE

In un dibattito ad alto livello il CESE si fa campione di un'IA a favore dei lavoratori

Con l'intelligenza artificiale che ridisegna il mondo del lavoro, è essenziale continuare a promuovere un'IA antropocentrica e propugnare politiche che controbilancino il forte sviluppo dell'IA in Europa con la giustizia sociale e i diritti dei lavoratori

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Con l'intelligenza artificiale che ridisegna il mondo del lavoro, è essenziale continuare a promuovere un'IA antropocentrica e propugnare politiche che controbilancino il forte sviluppo dell'IA in Europa con la giustizia sociale e i diritti dei lavoratori

Nella sessione plenaria di gennaio il CESE ha tenuto un dibattito sull'applicazione dell'intelligenza artificiale (IA) al mondo del lavoro, con interventi del Presidente del CESE Oliver Röpke, della vicepresidente esecutiva della Commissione europea Roxana Mînzatu e della viceministra polacca della Famiglia, del lavoro e delle politiche sociali Katarzyna Nowakowska.

Aprendo il dibattito, il Presidente Röpke ha dichiarato che "l'intelligenza artificiale è una delle tendenze più trasformative del nostro tempo, che offre un immenso potenziale ma pone anche sfide cruciali. Il dibattito di oggi intende ribadire l'importanza di ancorare la politica in materia di IA ai principi del pilastro europeo dei diritti sociali".

Da parte sua, la vicepresidente della CE Mînzatu ha affermato che, "per quanto concerne l'IA, in particolare nel mondo del lavoro, dovremmo studiare i modi di stimolare i nostri investimenti nella ricerca e nell'innovazione e di semplificare le modalità di sviluppo delle imprese europee in questo campo, per fare in modo che la nostra IA sia addestrata sulla base di dati europei e dei valori europei. L'adesione ai nostri valori in materia di diritti sociali e di uguaglianza fa sì che i lavoratori europei abbiano gli stessi diritti in un mondo con o senza l'IA, che tali diritti siano tutelati e che sia sempre garantito il controllo da parte dell'uomo".

La ministra polacca Nowakowska ha osservato che l'intelligenza artificiale nel mondo del lavoro offre enormi opportunità per aumentare la produttività e la competitività delle imprese, ma solleva anche una serie di interrogativi sul suo potenziale impatto sui posti di lavoro e sull'occupazione, sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, sulle condizioni di lavoro, sulla qualità generale del lavoro e sul ruolo del dialogo sociale.

Adozione del parere sull'IA a favore dei lavoratori e del controparere ad esso allegato

Dopo il dibattito, l'Assemblea del CESE ha adottato il parere d'iniziativa intitolato Un'intelligenza artificiale a favore dei lavoratori: leve per sfruttare le potenzialità e attenuare i rischi dell'IA in relazione alle politiche dell'occupazione e del mercato del lavoro, elaborato dalla relatrice Franca Salis-Madinier. Il parere è stato adottato con 142 voti a favore, 103 contrari e 14 astensioni e non ha ottenuto il sostegno del gruppo Datori di lavoro del CESE, che ha presentato un controparere.

Nel parere, il CESE sottolinea che il dialogo sociale e il coinvolgimento dei lavoratori sono fattori cruciali per la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori e la promozione di un'IA "affidabile" nel mondo del lavoro, aggiungendo che le norme in vigore dovrebbero colmare le lacune nella tutela dei diritti dei lavoratori sul lavoro e garantire che gli esseri umani mantengano il controllo di tutte le interazioni uomo-macchina.

Il controparere del gruppo Datori di lavoro è stato allegato al parere. I membri di tale gruppo hanno spiegano che, a loro avviso, l'UE dispone già degli strumenti adatti per abbracciare la rivoluzione dell'IA e il quadro giuridico esistente è idoneo a garantire un impiego corretto di tale tecnologia. (lm)

I giovani sono la chiave del partenariato euromediterraneo

I giovani della regione mediterranea devono essere coinvolti in ogni fase delle politiche, da quella di elaborazione a quella di attuazione. Essi forgiano non solo le politiche, ma anche la vita, come evidenziato nel dibattito organizzato dal Comitato economico e sociale europeo (CESE).

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I giovani della regione mediterranea devono essere coinvolti in ogni fase delle politiche, da quella di elaborazione a quella di attuazione. Essi forgiano non solo le politiche, ma anche la vita, come evidenziato nel dibattito organizzato dal Comitato economico e sociale europeo (CESE).

Il dibattito, svoltosi nel quadro della sessione plenaria di gennaio del Comitato, è collegato all'adozione del parere del CESE sul tema Coinvolgimento dei giovani nel dialogo sociale e civile nella regione mediterranea, il primo parere a tenere conto del punto di vista dei rappresentanti dei giovani della regione, otto dei quali hanno contribuito al suo processo di elaborazione.

Nel corso del dibattito, la commissaria per il Mediterraneo Dubravka Šuica ha sottolineato l'importanza dei giovani per la prosperità, la stabilità e la resilienza della regione. "L'avvenire del Mediterraneo è nelle mani dei suoi giovani. Per un futuro condiviso e sostenibile dobbiamo dialogare direttamente con le giovani generazioni, garantendo che le loro voci orientino le nostre politiche e le nostre priorità. È insieme a loro che forgeremo il nuovo patto per il Mediterraneo, investendo nell'istruzione, nell'occupazione e nella crescita."

Il Presidente del CESE Oliver Röpke ha espresso il suo sostegno al nuovo patto enunciato dalla commissaria Šuica, incentrato sugli investimenti, sulla sostenibilità e sulla migrazione, aggiungendo che la società civile deve essere attivamente coinvolta nella sua progettazione. "Il coinvolgimento dei giovani è essenziale per il futuro della regione, e il CESE è impegnato a garantire che le loro voci influiscano sulla politica e sul processo decisionale. Insieme all'Unione per il Mediterraneo e alla Fondazione Anna Lindh ci adoperiamo per costruire un Mediterraneo pacifico e prospero."

Sottolineando l'importanza del contributo dei giovani rappresentanti all'elaborazione del parere, la principessa Rym Ali, presidente della Fondazione Anna Lindh, ha dichiarato che lavorare con i giovani è non solo importante, ma anche urgente e foriero di risultati. "La posta in gioco è altissima. Se non abbiamo i giovani dalla nostra parte e se non offriamo loro strumenti per partecipare in maniera paritaria, non saremo in grado di mettere in campo una soluzione per il futuro. I giovani devono avere un posto al tavolo delle decisioni", ha affermato la principessa.

Per parte sua, Eliane El Haber, rappresentante dei giovani per l'elaborazione del parere e consigliera presso la rete SDG4 Youth & Student dell'Unesco, ha accolto con favore l'iniziativa del CESE di coinvolgere attivamente i giovani che rappresentano contesti diversi sul piano regionale, culturale, del genere e dell'istruzione.

In occasione di un convegno ad alto livello, il CESE e l'OIL uniscono le forze per plasmare un futuro equo e inclusivo basato sull'IA

L'intelligenza artificiale (IA) sta trasformando il mondo del lavoro a una velocità senza precedenti, creando sia opportunità che sfide per i lavoratori, le imprese e i responsabili politici. Lo scorso 3 febbraio il Comitato economico e sociale europeo (CESE) e l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) hanno tenuto un convegno congiunto ad alto livello sul tema "La giustizia sociale nell'era digitale: l'impatto dell'IA sul lavoro e sulla società".

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L'intelligenza artificiale (IA) sta trasformando il mondo del lavoro a una velocità senza precedenti, creando sia opportunità che sfide per i lavoratori, le imprese e i responsabili politici. Lo scorso 3 febbraio il Comitato economico e sociale europeo (CESE) e l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) hanno tenuto un convegno congiunto ad alto livello sul tema "La giustizia sociale nell'era digitale: l'impatto dell'IA sul lavoro e sulla società".

All'evento hanno partecipato leader di spicco, tra cui le ministre del Lavoro di diversi Stati membri dell'UE, che hanno soppesato le strategie per sfruttare il potenziale dell'IA, considerando nel contempo i rischi che questa tecnologia comporta per i diritti dei lavoratori e i mercati del lavoro. Nel corso dell'evento, che ha costituito un importante contributo alla coalizione globale per la giustizia sociale, è stata evidenziata la necessità di adottare un approccio coordinato alla governance dell'IA a livello sia europeo che mondiale. Il convegno ad alto livello è stato organizzato congiuntamente dalla sezione Occupazione, affari sociali, cittadinanza (SOC) del CESE e dall'Organizzazione internazionale del lavoro.

Un appello a favore di uno sviluppo etico e inclusivo dell'IA

Nel suo intervento di apertura del convegno, il Presidente del CESE Oliver Röpke ha sottolineato l'urgente necessità di adottare un approccio antropocentrico all'IA, affermando che "l'intelligenza artificiale sta già rimodellando le nostre società e i nostri mercati del lavoro, creando sia opportunità che sfide. Il CESE e le organizzazioni sue partner si sono impegnate ad assicurare che l'IA funga da forza trainante della giustizia sociale, rafforzando i diritti dei lavoratori, promuovendo l'inclusione e prevenendo nuove disuguaglianze. Se vogliamo che in futuro l'intelligenza artificiale sia equa e antropocentrica, c'è bisogno di un'azione collettiva da parte dei responsabili politici, delle parti sociali e della società civile, per garantire che la tecnologia funzioni a favore delle persone e non contro di esse".

Il direttore generale dell'OIL Gilbert F. Houngbo ha sottolineato l'importanza di condurre politiche proattive per attenuare l'impatto dirompente dell'IA sull'occupazione e sui luoghi di lavoro: "Dobbiamo assicurarci che l'IA sia plasmata in modo da far progredire la giustizia sociale. Questo significa agire su più fronti: sostenere i lavoratori, anche per quel che concerne le competenze professionali e la protezione sociale; agevolare l'accesso delle imprese di tutte le dimensioni e parti del mondo alla tecnologia di IA per sfruttarne i vantaggi in termini di produttività; e garantire che l'integrazione dell'IA sul luogo di lavoro tuteli i diritti dei lavoratori e promuova il dialogo sociale nella transizione digitale".

Nel corso di due tavole rotonde, gli oratori di alto livello che hanno partecipato all'evento hanno condiviso le loro riflessioni sulle sfide e opportunità che l'IA presenta per promuovere il lavoro dignitoso e mercati del lavoro inclusivi, oltre che per contribuire alla parità di genere negli anni a venire. Tra gli oratori invitati figuravano le ministre del Lavoro Agnieszka Dziemianowicz-Bąk (Polonia), Yolanda Díaz (Spagna), Níki Keraméos (Grecia) e Maria do Rosário Palma Ramalho (Portogallo), nonché – tra le altre personalità – la delegata del governo francese all'OIL e al G7-G20, Anousheh Karvar.

I dibattiti hanno messo in evidenza il fatto che, sebbene la diffusione dell'IA comporti dei rischi, non c'è bisogno di assumere posizioni luddiste dei confronti di questa nuova tecnologia. È tuttavia essenziale privilegiare il dialogo sociale e coinvolgere i lavoratori nella diffusione dell'IA, prestando nel contempo particolare attenzione agli sforzi di riqualificazione e miglioramento delle competenze. Grazie a una diffusione e regolamentazione adeguate e controllate dell'IA, si contribuirà a evitare gravi shock e a sfruttare il potenziale di questa tecnologia di ridurre i compiti ripetitivi, senza che ne derivino necessariamente licenziamenti su larga scala. (lm)

Mercato dell'energia elettrica: il CESE propone un "servizio E" per regolamentare, ove necessario, e privatizzare, ove possibile

Il mercato dell'energia elettrica deve essere riformato in modo che non si limiti a conseguire gli obiettivi di neutralità climatica fissati per il 2050. Secondo il Comitato economico e sociale europeo (CESE), è di vitale importanza garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, assicurare la stabilità e l'accessibilità dei prezzi e sancire il diritto all'energia al fine di proteggere i gruppi vulnerabili.

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Il mercato dell'energia elettrica deve essere riformato in modo che non si limiti a conseguire gli obiettivi di neutralità climatica fissati per il 2050. Secondo il Comitato economico e sociale europeo (CESE), è di vitale importanza garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, assicurare la stabilità e l'accessibilità dei prezzi e sancire il diritto all'energia al fine di proteggere i gruppi vulnerabili.

Nel parere sul tema Il futuro dell'offerta e della tariffazione dell'energia elettrica nell'UE, elaborato da Jan Dirx e Thomas Kattnig e adottato in gennaio, il CESE propugna un modello basato sulla regolamentazione pubblica, ove necessaria, e sull'iniziativa economica privata, ove possibile, e raccomanda di tradurlo in realtà come "servizio E".

Tale servizio potrebbe prendere la forma di un'impresa statale che funga da market maker (ossia da operatore di riferimento) sul mercato dell'energia elettrica al fine di realizzare gli obiettivi della neutralità climatica, della sicurezza dell'approvvigionamento e della stabilità e accessibilità dei prezzi.

Secondo il CESE, i cambiamenti di cui il mercato dell'energia elettrica ha bisogno dovrebbero essere apportati in tre fasi:

  • nella prima, da qui al 2030:

    il servizio E vedrà crescere il suo portafoglio energetico con una combinazione di diversi modi di produzione di energia elettrica (con emissioni diverse dalla CO2). In questa fase, la negoziazione di energia elettrica avverrà sulla base della negoziazione del giorno prima, ma crescerà progressivamente l'influenza del servizio E sul mercato;

  • nella seconda fase, dal 2030 al 2040:

    il servizio E raggiungerà la sua posizione di market maker e controllerà una parte congrua dell'offerta sul mercato attraverso contratti di fornitura. In questa fase la negoziazione del giorno prima si ridimensionerà di conseguenza;

  • nella terza fase, dal 2040 al 2050:

    il servizio E ottimizzerà l'offerta di energia elettrica per garantire, a partire dal 2050, una fornitura di elettricità sostenibile a lungo termine, a zero emissioni nette di gas effetto serra ed a prezzi stabili e prevedibili. (mp)

Per difendere i propri interessi, l'UE deve ripensare la sua strategia per l'Artico

Il modo migliore per difendere i legittimi interessi dell'UE nell'Artico europeo è farlo insieme, attraverso una strategia dell'UE per l'Artico che rafforzi la partecipazione della società civile in tutte le decisioni pertinenti. Una stretta cooperazione con la Groenlandia è altrettanto imprescindibile per garantire la prosperità e la resilienza dell'Artico tramite investimenti sostenibili nella regione.

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Il modo migliore per difendere i legittimi interessi dell'UE nell'Artico europeo è farlo insieme, attraverso una strategia dell'UE per l'Artico che rafforzi la partecipazione della società civile in tutte le decisioni pertinenti. Una stretta cooperazione con la Groenlandia è altrettanto imprescindibile per garantire la prosperità e la resilienza dell'Artico tramite investimenti sostenibili nella regione.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha elaborato un parere d'iniziativa – adottato nella sessione plenaria di gennaio – sul tema Sviluppare la strategia dell'Europa per l'Artico in dialogo con la società civile, in cui sottolinea l'importante ruolo che l'Artico svolge per l'autonomia strategica, la resilienza e la competitività dell'Europa.

Anders Ladefoged, membro del CESE e relatore del parere, ha dichiarato: "Questo nuovo parere fornisce la prospettiva della società civile in merito al modo in cui l'UE potrebbe sviluppare la sua politica per l'Artico, con l'obiettivo sia di tutelare i propri interessi che di contribuire ad assicurare una regione resiliente e prospera per le persone che vi abitano".

Inoltre, il Comitato sostiene e incoraggia la consultazione approfondita delle popolazioni indigene dell'Artico e la piena cooperazione con esse. A tale riguardo, il membro del CESE e correlatore del parere Christian Moos ha dichiarato: "Il modo migliore per difendere gli interessi degli Stati artici europei è farlo insieme, sia attraverso la cooperazione tra gli Stati membri settentrionali dell'UE che con una strategia artica europea che garantisca il coinvolgimento della società civile e rispetti i diritti delle popolazioni locali e indigene".

Il parere si sofferma anche sulla Groenlandia, che si trova ad affrontare una situazione simile a quella dell'Artico europeo per quanto concerne sia le sfide che le opportunità connesse alla rapida trasformazione in atto nella regione.

In merito a questo territorio, Moos ha dichiarato: "Una migliore cooperazione europea, anche in Groenlandia, è essenziale per investire in maniera sostenibile nell'Artico europeo e renderlo una regione prospera e resiliente".

Uno degli obiettivi principali dei groenlandesi è quello di rafforzare la loro autodeterminazione come nazione, all'insegna del motto "niente su di noi senza di noi". L'UE è vista però come un alleato stretto, sulla base di valori condivisi quali i diritti umani e il dialogo sociale. (at)

L'Europa deve dare la priorità alla competitività e all'integrazione per rimanere in vantaggio

L'UE deve concentrarsi in misura maggiore sulla politica di concorrenza per rafforzare la sua competitività globale, stimolare la sua produttività e garantire che il mercato unico rimanga un pilastro della sua potenza economica.

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L'UE deve concentrarsi in misura maggiore sulla politica di concorrenza per rafforzare la sua competitività globale, stimolare la sua produttività e garantire che il mercato unico rimanga un pilastro della sua potenza economica.

Nella sessione plenaria dello scorso gennaio il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha adottato il parere sul tema Una politica di concorrenza al centro della competitività dell'UE in cui chiede una maggiore integrazione delle economie nazionali e strategie più intelligenti in materia di aiuti di Stato, allo scopo di liberare il potenziale economico dell'Europa e affrontare le sfide globali principali, tra cui la digitalizzazione, i cambiamenti climatici e la resilienza.

Il CESE ha sottolineato che la politica di concorrenza è cruciale per incoraggiare l'innovazione, la sostenibilità e la crescita economica. "Non c'è contraddizione tra concorrenza e competitività", ha dichiarato la relatrice Isabel Yglesias. "Con procedure semplificate, strumenti flessibili e risorse sufficienti, la politica di concorrenza può fare da volano per la prosperità delle imprese e dei cittadini dell'UE".

Le nuove norme dell'UE in materia di concorrenza, come il regolamento sui mercati digitali e il regolamento sulle sovvenzioni estere, stanno già affrontando le distorsioni del mercato e rafforzando la posizione dell'UE a livello mondiale. Il CESE chiede tuttavia che siano varate ulteriori misure per mettere al passo coi tempi le valutazioni delle operazioni di concentrazione e garantire un controllo efficace delle concentrazioni indotte dall'innovazione, anche se di valore inferiore alle soglie di fatturato attualmente stabilite dall'UE.

Nel parere il CESE mette l'accento sul ruolo essenziale degli aiuti di Stato nel sostenere la duplice transizione verde e digitale. Tuttavia, un coordinamento carente delle sovvenzioni rischia di compromettere sia la produttività che la crescita. Da alcuni studi emerge che un coordinamento migliore all'interno dell'UE potrebbe far aumentare la produttività di oltre il 30 %. Il CESE raccomanda di allineare le sovvenzioni tra tutti gli Stati membri allo scopo di rafforzare le catene del valore europee e prevenire le inefficienze.

Gli importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI) e il fondo europeo per la competitività che è stato proposto dovrebbero essere concepiti in una prospettiva paneuropea al fine di stimolare l'innovazione industriale su larga scala. Questi strumenti devono assicurare un'equa distribuzione dei benefici in tutta l'Unione, promuovendo la sostenibilità e la resilienza.

Per assicurare all'UE una posizione da leader mondiale, il CESE sottolinea la necessità di:

  • aumentare l'integrazione per ridurre un'assegnazione inefficiente delle sovvenzioni e stimolare la produttività;
  • rafforzare la normativa per proteggere l'innovazione europea in caso di acquisizioni estere;
  • semplificare e velocizzare le procedure in materia di concorrenza e aiuti di Stato per incrementare l'efficienza;
  • garantire una politica equilibrata in materia di concentrazioni che promuova l'innovazione, la sostenibilità e gli investimenti infrastrutturali. (ll)

Il CESE chiede modifiche alle norme dell'UE in materia di aiuti di Stato per sostenere i soggetti dell'economia sociale

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha chiesto di modificare alcune norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato al fine di riconoscere i soggetti dell'economia sociale, che svolgono un ruolo cruciale nell'affrontare le sfide sociali, e di andare meglio incontro alle loro esigenze. 

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Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha chiesto di modificare alcune norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato al fine di riconoscere i soggetti dell'economia sociale, che svolgono un ruolo cruciale nell'affrontare le sfide sociali, e di andare meglio incontro alle loro esigenze.

Nel parere sul tema Come sostenere i soggetti dell'economia sociale in linea con le norme in materia di aiuti di Stato: alcune riflessioni a seguito dei suggerimenti contenuti nella relazione di Enrico Letta, adottato nella sessione plenaria di gennaio, il CESE avverte che le normative esistenti non forniscono un sostegno adeguato alle imprese di questo settore, le quali in molti casi, invece di ridistribuire agli investitori i profitti ottenuti, li reinvestono in attività tese a conseguire obiettivi sociali.

"Vogliamo che più cittadini si rendano conto dei vantaggi che una regolamentazione efficace in materia di concorrenza e di aiuti di Stato può apportare sia alle imprese dell'economia sociale che all'intero sistema dei servizi di interesse generale", ha dichiarato il relatore del parere Giuseppe Guerini.

I soggetti dell'economia sociale – che vanno dalle cooperative alle mutue e comprendono anche le fondazioni – danno lavoro a più di 11 milioni di persone in tutta l'UE, ossia al 6,3 % della popolazione attiva. Le imprese di questo tipo operano in settori quali i servizi sociosanitari e le energie rinnovabili, oltre a battersi per ridurre la povertà. Malgrado il loro contributo alla società, molti di questi soggetti si trovano ad affrontare ostacoli sistemici nell'assicurarsi il capitale per investimenti a lungo termine e nell'orientarsi nelle procedure relative agli appalti pubblici, in quanto l'attuale quadro normativo spesso non tiene conto del fatto che queste imprese non hanno finalità di lucro o che hanno carattere solidale.

Nel parere il CESE sottolinea, tra l'altro, che le autorità pubbliche non si avvalgono in misura adeguata degli strumenti esistenti, come il regolamento generale di esenzione per categoria e la disciplina sui servizi di interesse economico generale (SIEG).

Per questo motivo il Comitato chiede che le norme obsolete ed eccessivamente complesse previste dal regolamento generale di esenzione per categoria e volte a sostenere l'inserimento lavorativo delle persone svantaggiate o con disabilità siano semplificate e modernizzate, in linea con alcune delle raccomandazioni formulate nella relazione Letta sul mercato unico.

Pur accogliendo favorevolmente il recente aumento dei massimali relativi agli aiuti "de minimis" (300 000 EUR per il settore ordinario e 750 000 EUR per il settore dei SIEG), il CESE sostiene che strumenti più mirati – come il regolamento generale di esenzione per categoria o disposizioni specifiche relative ai SIEG – risponderebbero meglio alle esigenze dei soggetti dell'economia sociale in settori quali i servizi sociosanitari. (ll)

Per un'economia resiliente, competitiva e inclusiva occorrono riforme concrete e misure decisive

Rispetto ai suoi omologhi a livello mondiale, come gli Stati Uniti, la zona euro si trova di fronte a sfide urgenti quali il basso livello di produttività del lavoro, l'indebolimento della competitività e il rallentamento delle dinamiche economiche. Per invertire questa tendenza, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede che si adotti con urgenza una strategia coordinata. 

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Rispetto ai suoi omologhi a livello mondiale, come gli Stati Uniti, la zona euro si trova di fronte a sfide urgenti quali il basso livello di produttività del lavoro, l'indebolimento della competitività e il rallentamento delle dinamiche economiche. Per invertire questa tendenza, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede una strategia urgente e coordinata.

Nel suo parere Politica economica della zona euro 2025, il CESE delinea un piano inteso a stimolare la crescita grazie all'approfondimento del mercato interno, alla riduzione della burocrazia normativa e alla garanzia della sostenibilità di bilancio. Allo stesso tempo, è necessario che le politiche affrontino tendenze trasformative come l'intelligenza artificiale (IA) e le pressioni dovute all'invecchiamento della popolazione.

A seguito di shock esterni quali la pandemia di COVID-19 e la crisi energetica, la zona euro si trova ad affrontare delle sfide economiche di rilievo. Sebbene siano stati compiuti sforzi di stabilizzazione, per affrontare problemi quali l'incertezza interna, i cambiamenti demografici e le crescenti pressioni di bilancio occorrono riforme coraggiose.

Per migliorare la produttività e la competitività, il CESE propone un approccio articolato in tre fasi, ossia l'approfondimento del mercato interno, il coordinamento della politica industriale e la riduzione della burocrazia. La sostenibilità di bilancio è fondamentale e richiede un quadro equilibrato, una maggiore collaborazione a livello dell'UE e sforzi per utilizzare le entrate non sfruttate. Gli investimenti rimangono un punto debole, ed è necessario ampliare il capitale di rischio e promuovere le politiche favorevoli all'innovazione.

Anche la resilienza del mercato del lavoro è un elemento fondamentale e richiede flessibilità, salari equi, riforme della sicurezza sociale e lo sviluppo delle competenze basate sull'IA. Il CESE sottolinea la necessità di una responsabilità condivisa tra l'UE e i suoi Stati membri e sostiene un coordinamento rafforzato delle politiche. Grazie ad azioni risolute e a investimenti strategici, la zona euro può costruire un'economia resiliente, competitiva e sostenibile per il futuro (tk). 

I progressi dell'Europa in materia di OSS rallentano, mentre serve agire con urgenza nel campo dei sistemi alimentari

I progressi dell'Europa riguardo gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) sono molto rallentati, cosa che ha suscitato preoccupazioni circa il conseguimento degli obiettivi fissati per il 2030. La relazione 2025 sullo sviluppo sostenibile in Europa (ESDR) (Europe Sustainable Development Report), presentata dalla rete delle Nazioni Unite per le soluzioni di sviluppo sostenibile (UN Sustainable Development Solutions Network - SDSN), rivela che il ritmo dei progressi in materia di OSS dal 2020 al 2023 è stato inferiore alla metà di quello del periodo precedente.

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I progressi dell'Europa riguardo gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) sono molto rallentati, cosa che ha suscitato preoccupazioni circa il conseguimento degli obiettivi fissati per il 2030. La relazione 2025 sullo sviluppo sostenibile in Europa (ESDR) (Europe Sustainable Development Report), presentata dalla rete delle Nazioni Unite per le soluzioni di sviluppo sostenibile (UN Sustainable Development Solutions Network - SDSN), rivela che il ritmo dei progressi in materia di OSS dal 2020 al 2023 è stato inferiore alla metà di quello del periodo precedente.

Tra il 2016 e il 2019 si sono registrati avanzamenti pari a 1,9 punti, ma tale aumento è sceso a soli 0,8 punti negli anni successivi. Questo rallentamento si verifica in un contesto di crescenti sfide ambientali, sociali e geopolitiche. L'OSS 2 (fame zero) continua a destare grande preoccupazione, dato che in tutta Europa persistono problemi di sicurezza alimentare e di sostenibilità.

In uno studio elaborato per il Comitato economico e sociale europeo (CESE) viene sottolineata l'esigenza di introdurre dei cambiamenti nel regime alimentare per favorire l'agricoltura sostenibile e promuovere la salute pubblica.

Con l'insediamento di una nuova leadership dell'UE, gli esperti chiedono politiche e investimenti più forti per accelerare i progressi in materia di OSS. La cooperazione e il finanziamento a livello mondiale sono considerati fondamentali e si prevede che la 4a conferenza internazionale sul finanziamento per lo sviluppo, in programma in Spagna nel giugno 2025, si concentrerà sull'aumento del sostegno finanziario per la sostenibilità.

Guillaume Lafortune, vicepresidente della SDSN e autore principale della relazione, avverte che le crescenti tensioni geopolitiche complicano gli sforzi volti a promuovere la sostenibilità, ma rimane ottimista.

"Il mondo è sempre più pericoloso, instabile e incerto", ha detto. "Allo stesso tempo c'è un'aspirazione allo sviluppo sostenibile, specialmente da parte dei giovani. Date le dimensioni dell'economia globale e le tecnologie disponibili, il mondo ha il potenziale per soddisfare pienamente quest'aspirazione."

"Dei sistemi alimentari sostenibili costituiscono un fattore importantissimo per l'attuazione degli OSS. Al fine di accelerare l'azione abbiamo bisogno di meccanismi più ambiziosi, che salvaguardino i mezzi di sussistenza degli agricoltori, dei piccoli produttori alimentari e di altri portatori di interessi lungo tutta la filiera alimentare. Ma dobbiamo anche affrontare la questione della distribuzione sleale e garantire una transizione giusta", ha affermato il presidente della sezione Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente (NAT) del CESE Peter Schmidt, chiedendo nel contempo un maggiore impegno della società civile.

A solo cinque anni dalla scadenza fissata, l'UE ha di fronte una scelta difficile: agire con determinazione o rischiare di mancare ai suoi impegni per un futuro sostenibile ed equo. (ks)

Premi dell'UE per la produzione biologica 2025: è il momento di presentare la propria candidatura!

L'11 febbraio il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha annunciato l'apertura del periodo di presentazione delle candidature per la quarta edizione dei premi dell'UE per la produzione biologica, con scadenza il 27 aprile 2025.

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L'11 febbraio il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha annunciato l'apertura del periodo di presentazione delle candidature per la quarta edizione dei premi dell'UE per la produzione biologica, con scadenza il 27 aprile 2025.

Questi premi celebrano l'eccellenza lungo tutta la catena del valore del biologico, riconoscendo i contributi straordinari in categorie quali "migliore agricoltore biologico", "migliore città biologica", "migliore regione biologica", "migliore PMI di trasformazione alimentare biologica", "migliore rivenditore di alimenti biologici" e "migliore ristorante / servizio di ristorazione biologico". Il CESE segue in particolare tre categorie:

  • Migliore PMI di trasformazione alimentare biologica
  • Migliore rivenditore di alimenti biologici
  • Migliore ristorante / servizio di ristorazione biologico

La proclamazione dei vincitori avverrà il prossimo 23 settembre, in concomitanza con le celebrazioni annuali per la Giornata europea della produzione biologica. Le parti interessate del settore biologico, tra cui gli agricoltori, le imprese di trasformazione, i rivenditori al dettaglio e le autorità pubbliche, sono incoraggiate a presentare la loro candidatura.

Per maggiori dettagli sulle condizioni di ammissibilità e sulle candidature si rimanda al sito web della Commissione europea. Eventuali domande relative alle categorie gestite dal CESE possono essere inviate a EUorganicawardsEESC@eesc.europa.eu.

L'iniziativa sostiene il piano d'azione dell'UE per l'agricoltura biologica, volto a promuovere la produzione biologica e la sensibilizzazione dei consumatori. (ks) 

Settimana della società civile 2025 – partecipate al dibattito!

La seconda edizione della Settimana della società civile del CESE si svolgerà dal 17 al 20 marzo 2025 e sarà dedicata al tema Rafforzare la coesione e la partecipazione nelle società polarizzate. Iscrivetevi cliccando qui per essere sicuri di partecipare!

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La seconda edizione della Settimana della società civile del CESE si svolgerà dal 17 al 20 marzo 2025 e sarà dedicata al tema Rafforzare la coesione e la partecipazione nelle società polarizzate. Iscrivetevi cliccando qui per essere sicuri di partecipare!

Siete ancora in tempo per iscrivervi alla seconda edizione della Settimana della società civile del CESE - un evento che riunirà esponenti della società civile europea, responsabili politici dell'UE, esperti, giornalisti e altri partecipanti per discutere di uno dei problemi più urgenti che dobbiamo affrontare oggi: come lottare contro la polarizzazione delle nostre società.

Conseguenza delle molteplici crisi che abbiamo conosciuto più o meno nello stesso periodo – dalla pandemia e dalla crisi climatica fino all'aumento del costo della vita e alle crescenti disparità di reddito – la polarizzazione si è diffusa in tutta l'UE e non solo, aggravando le fratture sociali, minando la fiducia nelle istituzioni democratiche e mettendo a dura prova la coesione delle nostre comunità.

In questo contesto, la Settimana della società civile 2025 è un appello risoluto e coraggioso all'azione per promuovere la coesione sociale e rafforzare la partecipazione democratica. Attraverso una serie di animati dibattiti e seminari collaborativi, il forum, articolato in quattro giornate, offrirà a tutti i partecipanti una piattaforma unica per prendere parte a discussioni critiche, scambiare buone pratiche e collaborare allo sviluppo di soluzioni pragmatiche. 

Cosa c'è in programma

In questa edizione 2025 della Settimana della società civile si svolgeranno tavole rotonde moderate dal gruppo di collegamento del CESE, la Giornata dell'iniziativa dei cittadini europei (ICE) e la cerimonia di consegna del Premio CESE per la società civile.

La manifestazione prenderà il via con uno stimolante intervento di apertura della studiosa, autrice e notista politica Albena Azmanova, che definirà lo scenario e presenterà una serie di spunti utili per i dibattiti che seguiranno.

La successiva tavola rotonda ad alto livello cercherà di rispondere alla domanda "Siamo ancora uniti nella diversità?", con la partecipazione del vicepresidente del Parlamento europeo Younous Omarjee, della ministra polacca per la Società civile Adriana Porowska in rappresentanza della presidenza polacca del Consiglio dell'UE, del Presidente del CESE Oliver Röpke, della copresidente del gruppo di collegamento del CESE Brikena Xhomaqi, del segretario generale del Movimento europeo internazionale Petros Fassoulas e della rappresentante del consiglio nazionale della gioventù della Moldova Mădălina-Mihaela Antoci.

Nel corso della Settimana della società civile esamineremo i modi in cui l'educazione civica può contribuire a superare le divisioni, in cui l'Europa può guidare l'innovazione senza rinunciare ai propri valori e in cui possiamo mettere a disposizione alloggi sostenibili e a prezzi più accessibili affrontando al tempo stesso il problema della povertà energetica e favorendo la convivenza tra generazioni diverse. Discuteremo inoltre dei modi per rafforzare la società civile grazie al sostegno pubblico e al contributo dei filantropi, per garantire che le politiche dell'UE tengano conto delle esigenze locali nelle transizioni verde e blu, e per riconoscere e tutelare – ma anche coinvolgere – in modo più efficiente la società civile in tutta Europa.

Una sessione ad hoc, organizzata in collaborazione con il Parlamento europeo, sarà dedicata al quadro finanziario pluriennale (QFP) e alle sue implicazioni per la società civile.

Giornata dell'ICE 2025

Il 18 marzo, Giornata dell'ICE, i riflettori saranno puntati su quel potente strumento di democrazia partecipativa che è l'Iniziativa dei cittadini europei (ICE). Introdotta dal Trattato di Lisbona, l'ICE consente ai cittadini di chiedere alla Commissione europea di presentare una nuova proposta legislativa su un tema specifico. Affinché la Commissione esamini la loro iniziativa, i promotori di un'ICE devono raccogliere un milione di firme.

Attraverso dibattiti ad alto livello e seminari interattivi, i partecipanti analizzeranno temi chiave quali il ruolo dell'ICE nel contrastare la polarizzazione e i modi per ottenere un sostegno più forte in tutti gli Stati membri. Particolare attenzione sarà rivolta alle possibilità offerte alle organizzazioni della società civile per partecipare attivamente al processo dell'ICE, affinché i cittadini abbiano voce in capitolo nell'elaborazione delle politiche europee.

I partecipanti avranno inoltre l'opportunità unica di dialogare direttamente con promotori di ICE – passate, presenti e future – al fine di condividere buone pratiche e insegnamenti utili per organizzare le proprie campagne.

La Giornata servirà inoltre a sottolineare tutta l'importanza delle strategie d'impatto nel rendere più efficace l'attività delle ICE e dei panel di cittadini, insistendo soprattutto sui modi di accrescere le probabilità che le istituzioni dell'UE diano un seguito legislativo a queste iniziative.

Premio CESE per la società civile 2025

Nella giornata conclusiva della Settimana della società civile 2025 si svolgerà, tra l'altro, la cerimonia di consegna della 15a edizione del Premio CESE per la società civile.

L'obiettivo del Premio per la società civile è sensibilizzare in merito al contributo straordinario della società civile alla creazione di un'identità e di una cittadinanza europee e alla promozione dei valori comuni che sono alla base dell'integrazione europea. Il premio è assegnato ogni anno a persone e organizzazioni della società civile per progetti innovativi e creativi senza scopo di lucro su una serie di temi importanti per l'Unione europea.

Quest'anno il riconoscimento sarà assegnato a tre progetti che combattono la pericolosa polarizzazione della società europea.

La Settimana si chiuderà con una vivace sessione conclusiva con la partecipazione di oratori tra cui il vicepresidente esecutivo della Commissione europea (da confermare), la vicepresidente del Parlamento europeo Katarina Barley, il Presidente del CESE Oliver Röpke e la segretaria generale della Fondazione serba "Centro per la democrazia" Nataša Vučković.

Partecipate al dibattito!

Con quattro giorni densi di discussioni approfondite, interventi stimolanti di oratori di spicco e grandi opportunità di allacciare contatti, la Settimana della società civile 2025 promette di essere un evento che non vorrete perdere. Assicuratevi quindi di poter partecipare e unitevi a noi per trasformare la discussione e il dibattito in cambiamento. La vostra voce conta per costruire un'Europa più coesa e partecipativa!

Il programma completo è disponibile qui.

Iscrivetevi cliccando qui entro il 12 marzo. (ma)

L'evento annuale del CESE dedicato ai giovani - Un raduno dei leader di domani

Il 13 e 14 marzo 2025 il Comitato economico e sociale europeo accoglierà il proprio evento annuale destinato ai giovani: La vostra Europa, la vostra opinione! (Your Europe, Your Say! - YEYS), con oltre 130 partecipanti da tutta Europa e non solo. La manifestazione - unica nel suo genere - riunisce studenti delle scuole secondarie superiori, rappresentanti di organizzazioni giovanili e delegati dei consigli nazionali della gioventù, tra i 16 e i 25 anni di età, provenienti da tutti i 27 Stati membri dell'UE, da 9 paesi candidati all'adesione e dal Regno Unito.

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Il 13 e 14 marzo 2025 il Comitato economico e sociale europeo accoglierà il proprio evento annuale destinato ai giovani: La vostra Europa, la vostra opinione! (Your Europe, Your Say! - YEYS), con oltre 130 partecipanti da tutta Europa e non solo. La manifestazione - unica nel suo genere - riunisce studenti delle scuole secondarie superiori, rappresentanti di organizzazioni giovanili e delegati dei consigli nazionali della gioventù, tra i 16 e i 25 anni di età, provenienti da tutti i 27 Stati membri dell'UE, da 9 paesi candidati all'adesione e dal Regno Unito.

Con il suo ampio ventaglio di seminari, tavole rotonde e dibattiti, YEYS offrirà ai giovani una piattaforma per contribuire attivamente a plasmare il futuro dell'Europa. In questa edizione 2025, intitolata Dare voce ai giovani, i partecipanti affronteranno temi cruciali quali la sostenibilità, l'inclusione sociale, la trasformazione digitale e altri ancora.

Le conclusioni di questi dibattiti e le idee e proposte che vi verranno presentate andranno ad arricchire lo svolgimento della seconda Settimana della società civile del CESE, e saranno anche messe in risalto in occasione dell'Evento europeo per i giovani (EYE) organizzato dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2025.

L'evento sottolinea come sia fondamentale tradurre l'impegno dei giovani in azione civica, democrazia partecipativa e formazione delle politiche europee.

Continuate a seguirci per rimanere aggiornati sui risultati e le iniziative che scaturiranno da questo importante incontro. (kc)

Notizie dai gruppi

La bussola per la competitività: un passo avanti che giunge al momento opportuno per rilanciare il motore economico dell'Europa

a cura di Stefano Mallia, presidente del gruppo Datori di lavoro del CESE

Il 29 gennaio la Commissione europea ha adottato la bussola per la competitività, un passo avanti cruciale e al momento opportuno per rilanciare il motore economico dell'Europa che traccerà la rotta dell'UE per i prossimi cinque anni.

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a cura di Stefano Mallia, presidente del gruppo Datori di lavoro del CESE

Il 29 gennaio la Commissione europea ha adottato la bussola per la competitività, un passo avanti cruciale e al momento opportuno per rilanciare il motore economico dell'Europa che traccerà la rotta dell'UE per i prossimi cinque anni.

I datori di lavoro dell'UE invocano da tempo un'agenda globale per la competitività. Accogliamo quindi con favore i tre "pilastri" della bussola: colmare il divario in termini di innovazione e produttività, abbinare la decarbonizzazione alla competitività e ridurre le dipendenze per rendere sicure le catene di approvvigionamento. Si tratta infatti di linee di azione cruciali per mettere l'Europa in condizione di competere a livello mondiale, attrarre e trattenere talenti e promuovere l'innovazione.

Tuttavia, il successo della bussola per la competitività dipende in ultima analisi dall'adozione di misure concrete e da una loro tempestiva attuazione. Iniziative chiave quali il "pacchetto di semplificazione omnibus", il patto per l'industria pulita e la strategia orizzontale per approfondire il mercato unico svolgeranno al riguardo un ruolo decisivo, ma, per attrezzarci contro le sfide che si profilano, non basteranno strategie con un nome nuovo e titoli accattivanti.

Ad esempio, il primo passo – quello più urgente – dev'essere la semplificazione del quadro normativo. È infatti essenziale ridurre gli oneri burocratici e promuovere la rapidità e la flessibilità. Da troppo tempo le imprese dell'UE devono fare i conti con l'eccessiva complessità di norme e procedure e con la lentezza dei processi decisionali. Abbiamo poi bisogno di una verifica della competitività effettuata in maniera puntuale e incisiva, in modo che le nuove leggi e i nuovi regolamenti sostengano, anziché ostacolare, la crescita delle imprese.

La bussola si concentra giustamente sulla promozione dell'innovazione attraverso una solida Unione dei mercati dei capitali e sulla rimozione degli ostacoli strutturali per liberare il potenziale dell'Europa nel campo delle tecnologie deep tech, dell'energia pulita e della produzione avanzata, creando nel contempo un ecosistema fertile per le imprese in fase di avvio e di espansione.

Il fatto che l'Unione dei mercati dei capitali non sia ancora stata completata è un chiaro monito che non possiamo permetterci ritardi. Pur promuovendo un migliore coordinamento degli investimenti pubblici a livello nazionale, la bussola non dispone di un piano chiaro per quanto riguarda altre fonti comuni di finanziamento. Il resto del mondo, però, non rimane ad aspettarci.

La corsa è già iniziata, ed è giunto il momento di innestare la marcia più alta. Sbloccare la competitività non è solo un imperativo economico: è la chiave per una prosperità condivisa, che vada a beneficio di tutti. Le imprese europee sono e rimarranno parte della soluzione. 

Competitività a tutti i costi? L'Europa non deve lasciare indietro i diritti sociali e del lavoro

a cura del gruppo Lavoratori del CESE

Il gruppo Lavoratori del CESE avverte che i diritti sociali e dei lavoratori conquistati con fatica non dovrebbero essere messi da parte nel quadro degli sforzi profusi dall'UE per rimanere competitiva nell'economia globale. Mentre si moltiplicano le richieste di una maggiore deregolamentazione, l'UE non deve fare passi indietro per quanto riguarda normative fondamentali, come il pilastro europeo dei diritti sociali.

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a cura del gruppo Lavoratori del CESE

Il gruppo Lavoratori del CESE avverte che i diritti sociali e dei lavoratori conquistati con fatica non dovrebbero essere messi da parte nel quadro degli sforzi profusi dall'UE per rimanere competitiva nell'economia globale. Mentre si moltiplicano le richieste di una maggiore deregolamentazione, l'UE non deve fare passi indietro per quanto riguarda normative fondamentali, come il pilastro europeo dei diritti sociali.

A seguito delle raccomandazioni formulate nelle relazioni Draghi e Letta, la Commissione ha pubblicato una comunicazione sulla bussola per la competitività che, integrata dalle iniziative orizzontali da essa proposte, è tesa a promuovere le attività delle imprese. L'obiettivo è quello di rafforzare la competitività dell'Europa.

Il gruppo Lavoratori è profondamente preoccupato per il fatto che in questa iniziativa i diritti sociali e del lavoro rischiano di essere lasciati indietro, in quanto l'UE sembra aver scelto di tenere il passo con altre economie competitive a qualsiasi costo.

Per questo motivo il gruppo Lavoratori ha proposto una serie di pareri d'iniziativa che affrontano la questione della competitività dal punto di vista del valore aggiunto del capitale umano.  È il caso ad esempio della proposta di parere sul tema Il ruolo dei sindacati nel miglioramento della produttività, intesa a dimostrare che la forza trainante della produttività nell'UE (che incide sulla competitività) è principalmente costituita dagli investimenti nel capitale umano (i lavoratori), nonché nella tecnologia e nell'innovazione.

In tale contesto si pone in rilievo il ruolo chiave dei sindacati, che uniscono i singoli lavoratori attraverso la contrattazione e l'azione collettive, incidendo sulle dinamiche del mercato del lavoro per contribuire a mantenere la promessa di un'economia competitiva.

Analogamente, un prossimo studio del gruppo Lavoratori servirà a fare il punto e a valutare lo stato di avanzamento della legislazione dell'UE relativa al pilastro europeo dei diritti sociali. Lo studio costituirà un importante strumento di monitoraggio della politica sociale, in quanto nella sua ricerca di un percorso ideale verso la competitività, l'Europa dovrebbe concentrarsi principalmente sulla sua economia.   

Infine, nella riunione di aprile della categoria "Voce dei lavoratori per una maggiore partecipazione democratica", il gruppo esaminerà le iniziative proposte per ridurre gli oneri normativi che gravano sulle imprese – considerati un fattore che riduce la competitività dell'Europa – e il loro impatto sulle leggi dell'UE che proteggono i lavoratori e l'ambiente, in particolare nel contesto del dovere di diligenza ai fini della sostenibilità e della rendicontazione societaria di sostenibilità.

Nuovo studio del CESE sugli alloggi sostenibili e a prezzi accessibili nell'UE

a cura del gruppo Organizzazioni della società civile del CESE

I prezzi delle abitazioni sono aumentati del 47 % nell'UE tra il 2010 e il 2022. Nello stesso periodo, gli affitti sono cresciuti del 18 %. Secondo Eurostat, nel 2023 oltre il 10 % delle famiglie residenti nelle città e il 7 % di quelle che abitano nelle zone rurali hanno speso per l'alloggio più del 40 % del loro reddito disponibile. Per fare maggiore chiarezza su come rendere gli alloggi più accessibili e sostenibili per tutti gli europei, il CESE ha commissionato uno studio che esamina le possibili soluzioni, a livello di politiche, per conseguire questo obiettivo. In questa intervista, le coautrici dello studio, Agnieszka Maj, economista, e Karolina Zubel, direttrice della sezione Ambiente, energia e cambiamenti climatici del Centro per la ricerca sociale ed economica (CASE), ne discutono i principali risultati.

 

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a cura del gruppo Organizzazioni della società civile del CESE

I prezzi delle abitazioni sono aumentati del 47 % nell'UE tra il 2010 e il 2022. Nello stesso periodo, gli affitti sono cresciuti del 18 %. Secondo Eurostat, nel 2023 oltre il 10 % delle famiglie residenti nelle città e il 7 % di quelle che abitano nelle zone rurali hanno speso per l'alloggio più del 40 % del loro reddito disponibile. Per fare maggiore chiarezza su come rendere gli alloggi più accessibili e sostenibili per tutti gli europei, il CESE ha commissionato uno studio che esamina le possibili soluzioni, a livello di politiche, per conseguire questo obiettivo. In questa intervista, le coautrici dello studio, Agnieszka Maj, economista, e Karolina Zubel, direttrice della sezione Ambiente, energia e cambiamenti climatici del Centro per la ricerca sociale ed economica (CASE), ne discutono i principali risultati.

Di quali argomenti tratta lo studio del CESE e perché è rilevante?

Lo studio sugli alloggi sostenibili a prezzi accessibili nell'UE esamina la necessità di alloggi sostenibili e a prezzi accessibili nell'UE, ponendo l'accento sul ruolo della digitalizzazione (IA, concessioni edilizie digitali, banche dati pertinenti) e delle strutture dell'economia sociale. Attraverso studi di casi, evidenzia gli sforzi innovativi volti a migliorare la sostenibilità e l'accessibilità, anche economica, degli alloggi. Lo studio formula delle raccomandazioni attuabili entro il 2030 e il 2050, in linea con gli obiettivi dell'UE in materia di resilienza climatica, equità sociale e crescita economica. Offre indicazioni strategiche per adattare le politiche abitative alle sfide in evoluzione, promuovendo nel contempo il benessere delle comunità.

Quali sono le conclusioni principali dello studio?

La digitalizzazione offre opportunità significative in termini di aumento dell'efficienza nella progettazione, costruzione e gestione degli alloggi, potenzialmente in grado di ridurre i costi e accrescere la sostenibilità. Tuttavia, il suo impatto a livello di risparmi sui costi risulta attualmente limitato. Tra i principali fattori che ostacolano lo sfruttamento dei progressi digitali figurano la mentalità tradizionalista dei soggetti interessati, la percezione di un basso rendimento degli investimenti, gli elevati costi di attuazione e la mancanza di incentivi, formazione e regolamentazioni. Per sfruttare appieno il potenziale della digitalizzazione, sono essenziali ulteriori investimenti nelle infrastrutture digitali, ad esempio rendendo interoperabili le piattaforme digitali.

Il coinvolgimento di soggetti dell'economia sociale (associazioni a lucro limitato attive nel settore dell'edilizia abitativa, organizzazioni di pubblica utilità, cooperative) rappresenta un'innovazione promettente dal punto di vista delle politiche intese ad affrontare le attuali sfide in materia di alloggi. Tali soggetti offrono soluzioni abitative correttamente pianificate ed efficienti sotto il profilo dei costi, in grado di promuovere la coesione delle comunità e la stabilità abitativa a lungo termine. Ad esempio, a Vienna, gli alloggi senza scopo di lucro e a lucro limitato, che rappresentano il 30 % della produzione abitativa totale della città, svolgono un ruolo cruciale nella stabilizzazione del mercato immobiliare, esercitando un effetto di contenimento dei prezzi. Ciò contribuisce a mantenere gli affitti a prezzi accessibili ed evita distorsioni del mercato.

Partendo dalle conclusioni dello studio, quali sono le principali raccomandazioni per quanto riguarda le azioni da intraprendere e le ulteriori ricerche da compiere?

A medio termine, le politiche abitative dell'UE dovrebbero dare priorità all'introduzione di un "nuovo patto europeo per alloggi sociali sostenibili a prezzi accessibili" e di una "direttiva sugli alloggi" per un approccio unificato in tutti gli Stati membri. I paesi dovrebbero promuovere modelli innovativi, come le cooperative e gli alloggi a lucro limitato, fornire un sostegno finanziario flessibile ai progetti di edilizia abitativa e adottare strumenti digitali per migliorare le soluzioni abitative.

A lungo termine, le politiche abitative dovrebbero adottare un approccio strategico e sostenibile, ponendo l'accento sulle soluzioni locali e sul monitoraggio continuo. La digitalizzazione dovrà essere standardizzata per via legislativa, con pratiche di economia circolare quali i prestiti bancari legati alla circolarità degli edifici, gli incentivi alla locazione basati sull'efficienza energetica e le iniziative di finanziamento a livello locale. Inoltre, il concetto di "edilizia popolare" dovrebbe essere esteso alle famiglie a medio reddito, analogamente al modello di "edilizia per la società" di Vienna, promuovendo l'eterogeneità sociale e prevenendo la gentrificazione. È inoltre fondamentale concentrarsi sia sulle nuove costruzioni e ristrutturazioni, sia sul cambio di destinazione degli edifici inutilizzati, per soddisfare efficacemente le esigenze abitative.

La ricerca futura dovrebbe concentrarsi su approcci inclusivi in materia di pianificazione urbana, edilizia e fornitura di alloggi, per migliorare l'accessibilità per tutti i cittadini. Dovrebbe inoltre esaminare l'impatto delle tecnologie emergenti (come l'IA e l'automazione) a livello di risparmi sui costi e di efficienza nello sviluppo e nella gestione degli alloggi. Inoltre, la ricerca dovrebbe esplorare modelli abitativi innovativi in tutti gli Stati membri dell'UE, individuando strategie in grado di migliorare sia l'accessibilità economica che la sostenibilità.

Lo studio è stato commissionato dal CESE su richiesta del gruppo Organizzazioni della società civile.

Soon in the EESC/Cultural events

La bussola per la competitività non garantisce un equilibrio tra le esigenze delle imprese e i diritti dei lavoratori

La Confederazione europea dei sindacati (CES/ETUC), la principale organizzazione sindacale europea che rappresenta 45 milioni di lavoratori di tutta Europa, ha rifiutato di approvare la bussola per la competitività, il piano della Commissione europea per stimolare l'economia dell'UE. Per la CES, la bussola nella sua forma attuale è inaccettabile. Con la segretaria generale della CES, Esther Lynch, abbiamo discusso delle principali obiezioni mosse dai lavoratori alla bussola, e anche del futuro del pilastro europeo dei diritti sociali in un contesto in cui si moltiplicano gli appelli per una drastica deregolamentazione e una maggiore attenzione alla competitività.

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La Confederazione europea dei sindacati (CES/ETUC), la principale organizzazione sindacale europea che rappresenta 45 milioni di lavoratori di tutta Europa, ha rifiutato di approvare la bussola per la competitività, il piano della Commissione europea per stimolare l'economia dell'UE. Per la CES, la bussola nella sua forma attuale è inaccettabile. Con la segretaria generale della CES, Esther Lynch, abbiamo discusso delle principali obiezioni mosse dai lavoratori alla bussola, e anche del futuro del pilastro europeo dei diritti sociali in un contesto in cui si moltiplicano gli appelli per una drastica deregolamentazione e una maggiore attenzione alla competitività.

I sindacati dell'UE hanno già espresso la loro insoddisfazione riguardo all'ultimo piano della Commissione europea per rilanciare l'economia dell'UE. A Suo parere, qual è il difetto principale della bussola per la competitività della Commissione? Quali proposte del piano giudica particolarmente allarmanti?

Il problema principale della bussola per la competitività della Commissione europea è che essa privilegia la deregolamentazione invece di puntare sugli investimenti necessari per creare posti di lavoro di qualità, sviluppare una politica industriale europea forte e garantire servizi pubblici efficienti. Inoltre la bussola – che pur riconosce l'importanza di posti di lavoro di qualità per un'economia competitiva – anziché proporre la legislazione necessaria per rafforzare i diritti, migliorare le condizioni di lavoro e favorire la contrattazione collettiva, compromette questa priorità promuovendo la deregolamentazione, che rischia di peggiorare le condizioni di lavoro e di aumentare la precarietà lavorativa.

Una delle proposte più preoccupanti è l'introduzione del 28o regime giuridico per le società, che consentirebbe alle imprese di operare al di fuori del diritto nazionale del lavoro. Così si rischia di compromettere gravemente la legislazione sull'occupazione in tutta Europa, scatenando una corsa al ribasso sui diritti e sulle tutele dei lavoratori.

Nella stessa ottica, appare estremamente problematico il divieto della sovraregolamentazione (gold-plating), ossia la possibilità per i governi di legiferare al di sopra e al di là delle norme minime stabilite dalle direttive dell'UE. L'idea alla base delle direttive dell'UE, distinte dai regolamenti dell'UE, è quella di stabilire norme minime per tutti i paesi. Se viene impedito agli Stati membri di andare al di là di tali norme, non solo si viola questo principio, ma si rischia di arrecare un grave danno ai lavoratori, vanificando i progressi faticosamente realizzati in materia di assistenza sanitaria, istruzione, salute e sicurezza sul lavoro nonché retribuzione equa, solo per citare alcuni esempi.

Va poi aggiunto che la richiesta, formulata nella bussola, di riforme pensionistiche basate sull'allungamento della vita lavorativa pone una serie di problemi, in quanto fa gravare un onere eccessivo sui lavoratori senza affrontare la necessità di sistemi pensionistici sostenibili ed equi.

Inoltre, la bussola è fortemente sbilanciata a favore delle imprese, dal momento che fa numerose promesse ai gruppi di imprese ma non assume nessun impegno concreto riguardo a misure legislative che vadano a vantaggio dei lavoratori. Ad esempio, non sono previsti interventi volti a garantire che gli investimenti pubblici siano utilizzati per creare posti di lavoro di qualità anziché semplicemente per aumentare gli utili delle imprese.

In sintesi, nella bussola per la competitività non si è trovato un equilibrio fra le esigenze delle imprese, da un lato, e i diritti e il benessere dei lavoratori, dall'altro; dunque riteniamo questa proposta inaccettabile nella sua forma attuale.

Ritiene che l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali possa ora essere a rischio?

In teoria la Commissione si è nuovamente impegnata a favore del pilastro europeo dei diritti sociali nel suo programma di lavoro per il 2025, recentemente pubblicato. Tuttavia, nella pratica, lo stesso programma di lavoro è il primo a non includere alcuna iniziativa legislativa sociale dal 2019.

Per contro, per il prossimo anno la Commissione ha proposto otto atti legislativi di "semplificazione". A nessuno piace vedersi imporre un eccesso di oneri amministrativi, e gli stessi sindacati propongono attivamente delle soluzioni al problema, ad esempio una semplificazione delle norme sugli appalti pubblici.

Tuttavia, è evidente che i problemi che l'Europa si trova ad affrontare non saranno risolti con la semplificazione.

La principale minaccia per l'attuazione del pilastro dei diritti sociali è l'ondata di licenziamenti di massa annunciati in tutta Europa. Ciò metterà a repentaglio i salari e la sicurezza del lavoro, ma anche le pensioni, la protezione sociale e molti altri principi sanciti dal pilastro.

È necessario garantire investimenti volti a proteggere e creare posti di lavoro di qualità, compreso uno strumento SURE 2.0 e un solido meccanismo di investimento dell'UE, nonché adottare le iniziative legislative necessarie per garantire quei posti di lavoro di qualità.

Se non è la riduzione degli oneri normativi, quale sarebbe la strada giusta perché UE possa avere un ruolo e un peso maggiori nell'attuale contesto economico globale?

Le condizioni che hanno portato ai licenziamenti di cui parlavo prima sono state create dalla mancanza di investimenti, e questo vale tanto per gli investimenti privati quanto per quelli pubblici.

Le imprese hanno reindirizzato gli investimenti dalle retribuzioni dei lavoratori e dalle indispensabili attività di ricerca e sviluppo verso attivi improduttivi come il pagamento dei dividendi e il riacquisto di azioni proprie, bloccando il progresso degli sviluppi verdi e tecnologici qui in Europa.

Negli ultimi anni gli Stati Uniti e la Cina hanno lanciato importanti campagne di investimenti pubblici, mentre l'UE era impegnata ad adottare nuove norme improntate all'austerità, che hanno costretto gli Stati membri a effettuare numerosi tagli.

L'UE deve cambiare urgentemente rotta. Una politica di ingenti investimenti pubblici – accompagnati da requisiti sociali per garantire che creino posti di lavoro di qualità – è una condizione sine qua non per l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali.

Esther Lynch è la segretaria generale della Confederazione europea dei sindacati (CES/ETUC). Lynch ha una vasta esperienza di impegno sindacale in Irlanda, in Europa e a livello internazionale. È stata vice segretaria generale e segretaria confederale della CES, guidando le lotte volte a rafforzare i diritti dei lavoratori e dei sindacati come pure influenzando direttive fondamentali in materia di salari minimi adeguati, condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili e segnalazioni di irregolarità. Ha inoltre promosso una serie di campagne a favore del pilastro europeo dei diritti sociali e per una retribuzione equa. Grazie al suo impegno, sono stati garantiti 15 limiti di esposizione giuridicamente vincolanti per gli agenti cancerogeni e sono stati raggiunti degli accordi tra le parti sociali sulla digitalizzazione e sulle sostanze tossiche per la riproduzione. Femminista da sempre, si adopera anche per porre fine alla sottovalutazione dei lavori svolti prevalentemente dalle donne.

La CES rappresenta 45 milioni di membri provenienti da 94 organizzazioni sindacali di 42 paesi europei, più 10 federazioni sindacali europee.

La deregolamentazione annunciata è un passo nella giusta direzione

di Kinga Grafa

Le imprese europee si trovano ancora oggi a far fronte a oneri burocratici eccessivi, alla frammentazione normativa e all'aumento dei costi. Questo eccesso di regolamentazione frena la loro crescita e impedisce loro di tenere il passo con le imprese concorrenti situate in altre parti del mondo. L'Europa non può continuare a tergiversare. Gli imprenditori hanno bisogno di un reale cambiamento, non dell'ennesima analisi di ostacoli che conosciamo ormai da anni. È giunto il momento di passare dalle parole ai fatti, scrive Kinga Grafa, della confederazione imprenditoriale polacca Lewiatan.

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di Kinga Grafa

Le imprese europee si trovano ancora oggi a far fronte a oneri burocratici eccessivi, alla frammentazione normativa e all'aumento dei costi. Questo eccesso di regolamentazione frena la loro crescita e impedisce loro di tenere il passo con le imprese concorrenti situate in altre parti del mondo. L'Europa non può continuare a tergiversare. Gli imprenditori hanno bisogno di un reale cambiamento, non dell'ennesima analisi di ostacoli che conosciamo ormai da anni. È giunto il momento di passare dalle parole ai fatti, scrive Kinga Grafa, della confederazione imprenditoriale polacca Lewiatan.

La Commissione europea ha recentemente presentato la bussola per la competitività, una tabella di marcia per i prossimi cinque anni volta a rafforzare la posizione economica dell'UE e a sostenere le sue imprese. La linea d'azione proposta dalla Commissione è quella giusta. È da tempo che le imprese chiedono tali cambiamenti, ponendo la competitività e il mercato unico in cima all'elenco delle loro priorità. Tuttavia, se vuole essere una concorrente mondiale, l'UE deve agire ora. Avendo come punto di partenza un'economia forte, dobbiamo snellire con urgenza la regolamentazione, nonché ridurre i costi dell'energia e garantire un sostegno efficace agli investimenti e all'innovazione. Di fronte a un contesto geopolitico volatile, è necessario inoltre concludere accordi di libero scambio con i nostri principali partner, compresi quelli riguardanti l'accesso alle materie prime critiche.

Tuttora le imprese europee si trovano a far fronte a oneri burocratici eccessivi, alla frammentazione normativa e all'aumento dei costi. L'eccessiva regolamentazione rallenta lo sviluppo delle nostre imprese, mentre le loro concorrenti situate in altre parti del mondo crescono più velocemente. Occorre che la Commissione europea proponga riforme specifiche che migliorino realmente il contesto imprenditoriale dell'UE. La bussola per la competitività affronta i principali ostacoli alla crescita e alla produttività nell'UE, quali gli elevati costi dell'energia, l'eccesso di regolamentazione e le carenze di competenze e di manodopera. Si tratta della giusta strategia, ma ciò che conta di più è darle attuazione concreta, tramite proposte legislative e piani d'azione che promuovano la competitività invece che frenarla.

Il mercato unico è uno dei maggiori successi dell'integrazione europea, ma il suo potenziale deve essere sfruttato appieno. È inaccettabile che le barriere individuate nel mercato unico già 20 anni fa non siano ancora state abbattute. La presidenza polacca del Consiglio dell'UE ha la possibilità di cambiare questa situazione, tutelando in via prioritaria la libera prestazione di servizi, poiché di vitale importanza non solo per il settore dei trasporti, ma anche per il gruppo, sempre più ampio, di imprese che offrono servizi professionali. Purtroppo, le relazioni Letta e Draghi non dedicano la dovuta attenzione a questo problema. Letta si è concentrato esclusivamente sull'edilizia e sul commercio al dettaglio, mentre Draghi non ha tenuto conto delle stime della Commissione relative alle misure supplementari che potrebbero sbloccare il potenziale del mercato dei servizi. È invece positivo che la relazione di Niinistö abbia messo in rilievo il ruolo che i servizi svolgono nel rafforzamento della resilienza e della sicurezza. Non vi è alcun dubbio sulla loro rilevanza nell'attuale panorama geopolitico. È in questo contesto che la Commissione propone il "28o regime", ovvero un unico insieme di norme in materia di fiscalità, diritto del lavoro e diritto societario. L'iniziativa mira a semplificare le attività transfrontaliere, in particolare per le PMI, ma al momento attuale non possediamo sufficienti informazioni per poterla valutare.

L'annuncio della deregolamentazione e della razionalizzazione della legislazione rappresenta chiaramente un passo nella giusta direzione. Tuttavia, è ora giunto il momento di trasformare i progetti in realtà, senza limitarsi a una semplice riduzione degli oneri di comunicazione. Ci auguriamo che la Commissione effettui un "audit" approfondito della legislazione dell'UE che si traduca in proposte specifiche per migliorare rapidamente il contesto normativo dell'Unione.

Attendiamo con interesse il Forum del mercato unico di Cracovia e le conclusioni della consultazione pubblica con i membri di Lewiatan. L'obiettivo sarà preparare la prossima strategia per il mercato unico.

Questo è un momento cruciale, in cui bisogna passare dalle parole ai fatti e attuare soluzioni che consentano di liberare realmente il potenziale di sviluppo delle imprese europee. Il dialogo tra le istituzioni dell'UE e le parti sociali sarà essenziale, affinché le azioni intraprese rispondano alle effettive esigenze delle imprese. Solo prendendo decisioni coraggiose eviteremo di sprecare tempo prezioso e di perdere terreno rispetto alla concorrenza mondiale.

Kinga Grafa è vicedirettrice generale per gli Affari europei presso la confederazione Lewiatan e delegata permanente presso BusinessEurope. Politologa e giornalista per formazione, ha acquisito esperienza nell'ambito del funzionamento dell'UE lavorando per l'ufficio del comitato per l'integrazione europea (2008-2009) e per il Parlamento europeo (2009-2014). È inoltre coautrice di un libro sull'aristocrazia polacca e ha redatto diverse pubblicazioni scientifiche che trattano di politica estera americana, élite americana e diplomazia culturale.

Future 500, l'iniziativa che aiuta le imprese europee a crescere e ad affermarsi a livello mondiale

"È giunto il momento di dare attuazione concreta alla relazione Draghi, prima che questa scompaia nei meandri della politica. Abbiamo bisogno di validi strateghi e responsabili politici in grado di andare oltre questa relazione e sviluppare strategie per la politica industriale dell'UE", afferma Stjepan Orešković, imprenditore e scienziato croato che,  insieme a Jörn Fleck, direttore senior del think tank transatlantico Atlantic Council, ha presentato l'ambiziosa iniziativa "Future 500" alla conferenza pubblica internazionale "Conclave II" svoltasi a Bruxelles. Tale iniziativa, che fa parte della più ampia piattaforma SEEUS Futures dell'Atlantic Council, mira a individuare e sostenere 500 imprese europee destinate a crescere in maniera sostanziale e ad esercitare un impatto a livello mondiale. L'obiettivo è sostenere nuovi imprenditori europei nella concorrenza mondiale, rafforzando la presenza dell'Europa sulla scena economica internazionale. Stjepan Orešković ci ha spiegato più in dettaglio in cosa consiste questo progetto.

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"È giunto il momento di dare attuazione concreta alla relazione Draghi, prima che questa scompaia nei meandri della politica. Abbiamo bisogno di validi strateghi e responsabili politici in grado di andare oltre questa relazione e sviluppare strategie per la politica industriale dell'UE", afferma Stjepan Orešković, imprenditore e scienziato croato che,  insieme a Jörn Fleck, direttore senior del think tank transatlantico Atlantic Council, ha presentato l'ambiziosa iniziativa "Future 500" alla conferenza pubblica internazionale "Conclave II" svoltasi a Bruxelles. Tale iniziativa, che fa parte della più ampia piattaforma SEEUS Futures dell'Atlantic Council, mira a individuare e sostenere 500 imprese europee destinate a crescere in maniera sostanziale e ad esercitare un impatto a livello mondiale. L'obiettivo è sostenere nuovi imprenditori europei nella concorrenza mondiale, rafforzando la presenza dell'Europa sulla scena economica internazionale. Stjepan Orešković ci ha spiegato più in dettaglio in cosa consiste questo progetto.

Ci può descrivere brevemente l'idea alla base dell'iniziativa "Future 500"?

Sulla base delle informazioni tratte da importanti relazioni sul futuro dell'Europa, elaborate da Draghi, Letta e Heitor, e analizzate attraverso la doppia lente di scienziati e imprenditori, l'iniziativa solleva diversi interrogativi critici: chi attuerà questi piani per la competitività e la bussola per la competitività recentemente pubblicata? Quali meccanismi verranno utilizzati? Quali costi dovranno essere sostenuti? E quali rendimenti ci si può attendere rispetto a quelli delle nuove imprese statunitensi a forte crescita? L'iniziativa "Future 500" è una pietra angolare della piattaforma SEEUS, che rappresenta gli Stati Uniti, l'UE e l'Europa sudorientale, e mira a rafforzare la visibilità e la cooperazione tra queste regioni. È stata strategicamente concepita per rispondere all'urgente necessità dell'Europa di alimentare un ambiente dinamico, in grado di trasformare le imprese locali in aziende leader a livello mondiale. L'iniziativa mira in particolare a fornire capitale di rischio e a offrire consulenza strategica e opportunità di creazione di reti internazionali, sfruttando gli insegnamenti di esperti come Dani Rodrik dell'Università di Harvard e Beata Jaworcik della BERS, per sviluppare politiche industriali del 21° secolo, che rafforzino in modo significativo la nostra posizione competitiva.

Ci sono già potenziali candidati per le 500 imprese che verranno selezionate? Quali sono i requisiti di base che un'impresa deve soddisfare per essere scelta?

Sebbene non siano ancora state scelte imprese specifiche, "Future 500" si orienterà verso soggetti con un potenziale di scalabilità e di crescita rapida. Il processo sarà aperto e continuo e darà priorità alla promessa economica, all'innovazione e all'importanza strategica nei rispettivi settori. Cercheremo inoltre di istituire partenariati con banche multilaterali di sviluppo e investitori che stanno già aiutando le imprese ad acquisire lo status di forza competitiva. L'attenzione viene rivolta alle imprese che già dimostrano un solido percorso di crescita, capacità innovative e l'ambizione di espandersi a livello mondiale. In questo modo viene garantito che le imprese siano non solo leader del mercato, ma anche pionieri nella tecnologia e nei modelli aziendali. Ci baseremo sulle esperienze di grandi progetti come "Scale-Up Europe", che riuniscono fondatori, investitori, dirigenti e scienziati, con la missione di rendere l'Europa la sede dei leader tecnologici. Per i paesi candidati all'adesione all'UE, queste imprese potenzialmente selezionate sono particolarmente importanti: esse, infatti, integreranno i principi della nuova economia e fungeranno da modello per imprese ambiziose e competitive a livello internazionale, che non dipendono principalmente dai finanziamenti nazionali da parte dei contribuenti.

Quanto è ottimista riguardo alle potenzialità dell'Europa in termini di competitività a livello mondiale?

Vi è un notevole ottimismo circa la capacità dell'Europa di rafforzare la sua posizione competitiva a livello mondiale, abbandonando gli atteggiamenti prevalenti di autocommiserazione. I rendimenti totali dei benchmark azionari della zona euro, dall'inizio del mercato al rialzo alla fine del 2022, hanno superato S&P 500, escludendo Nvidia. I sistemi sociali e sanitari europei mantengono le persone in buona salute e attive per periodi più lunghi, a costi molto inferiori, e hanno un impatto positivo sulla produttività e sulla competitività della nostra economia su scala mondiale.

Stiamo cercando di riprodurre il concetto di "autentico entusiasmo" citato da Immanuel Kant nel contesto della rivoluzione francese. Tale mentalità può trasformare le sfide in una forza motivazionale, sviluppando una determinazione apparentemente insuperabile. Abbiamo bisogno di meno "gatti grassi" e di meno "cagnolini", ossia di meno élite ricche e compiacenti, e di meno seguaci eccessivamente obbedienti e poco ambiziosi, categorie, queste, che sono state favorite negli ultimi due decenni. Abbiamo invece bisogno di un maggior numero di “giovani affamati”, cioè individui motivati, ambiziosi e pronti ad affrontare le sfide.

L'iniziativa "Future 500" mira ad affrontare in modo proattivo le problematiche croniche segnalate nelle relazioni sulla competitività, come la necessità di un'innovazione coraggiosa e l'espansione delle imprese. La posizione globale dell'Europa dipenderà fortemente dalla sua capacità di integrare tecnologie avanzate, coltivare il talento imprenditoriale e perfezionare le politiche industriali per sostenere la crescita inclusiva. Sfruttando la forza lavoro ben istruita, il ricco patrimonio innovativo e i settori industriali tradizionali e nuovi, nonché affrontando questioni quali la frammentazione normativa e gli squilibri di mercato, l'iniziativa mira a creare un ambiente fertile per i leader delle imprese e gli innovatori.

In sintesi, "Future 500" segna una svolta importante nel mettere alla prova il panorama economico europeo, posizionando il continente come concorrente globale, attraverso la promozione di aziende ad alto potenziale e il rafforzamento dell'ecosistema imprenditoriale. Non vi è alcuna possibilità di battere la concorrenza senza sapere chi sono i nostri concorrenti.

Stjepan Orešković è scienziato e imprenditore. È membro dell'Accademia europea delle scienze e delle arti e fondatore di  Bosqar Invest. Sotto la guida della sua famiglia, Bosqar Invest ha aumentato la propria forza lavoro da 300 a oltre 16 000 dipendenti in cinque anni, dando prova di una formidabile strategia di espansione, capace di integrare scienza, tecnologia, investimenti da fondi pensionistici e altri fondi, nonché coraggio imprenditoriale, seguendo lo stesso approccio fondamentale raccomandato nella relazione di Draghi. Questa enfasi strategica ha probabilmente ispirato la nascita dell'iniziativa "Future 500" promossa dall'Atlantic Council, di cui ci ha parlato Orešković.

La Coalizione europea per la responsabilità sociale d'impresa dice no al "pacchetto Omnibus": le politiche dell'UE non dovrebbero essere guidate dagli interessi aziendali

La Commissione europea presenterà a breve un pacchetto di riforme legislative sugli obblighi di comunicazione societaria, noto come "pacchetto Omnibus".  Il pacchetto mira a semplificare e razionalizzare i regolamenti in materia di sostenibilità, rendendo gli obblighi di comunicazione più agevoli per le imprese. Dal suo annuncio, nel novembre scorso, il pacchetto ha suscitato grande sconcerto in tutta l'UE, provocando un vasto dibattito e le proteste di diversi gruppi. Le organizzazioni della società civile, i sindacati, le imprese, gli investitori, la professione legale e gli studiosi del ramo hanno espresso tutti preoccupazione per la possibile deregolamentazione che deriverebbe da questo pacchetto, e hanno esortato la Commissione a salvaguardare gli strumenti in questione, anziché indebolirli.  Andriana Loredan, della Coalizione europea per la responsabilità sociale d'impresa (ECCJ) ci spiega qual è la posta in gioco e il motivo per cui organizzazioni della società civile come la ECCJ si oppongono al "pacchetto Omnibus". 

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La Commissione europea presenterà a breve un pacchetto di riforme legislative sugli obblighi di comunicazione societaria, noto come "pacchetto Omnibus".  Il pacchetto mira a semplificare e razionalizzare i regolamenti in materia di sostenibilità, rendendo gli obblighi di comunicazione più agevoli per le imprese. Dal suo annuncio, nel novembre scorso, il pacchetto ha suscitato grande sconcerto in tutta l'UE, provocando un vasto dibattito e le proteste di diversi gruppi. Le organizzazioni della società civile, i sindacati, le imprese, gli investitori, la professione legale e gli studiosi del ramo hanno espresso tutti preoccupazione per la possibile deregolamentazione che deriverebbe da questo pacchetto, e hanno esortato la Commissione a salvaguardare gli strumenti in questione, anziché indebolirli.  Andriana Loredan, della Coalizione europea per la responsabilità sociale d'impresa (ECCJ) ci spiega qual è la posta in gioco e il motivo per cui organizzazioni della società civile come la ECCJ si oppongono al "pacchetto Omnibus".

La competitività utilizzata come pretesto per indebolire indispensabili atti legislativi in materia di sostenibilità

Il "pacchetto Omnibus" si concentra su tre essenziali strumenti di sostenibilità al centro del Green Deal europeo: la direttiva relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità, la direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e il regolamento sulla tassonomia. Questo pacchetto è il risultato diretto del nuovo orientamento della Commissione, che ha avuto inizio con la relazione di Mario Draghi sul futuro della competitività europea del settembre 2024. La relazione Draghi ascrive in parte la stagnazione dei mercati dell'UE a oneri normativi eccessivi a carico delle imprese, trascurando in modo conveniente rispetto alle argomentazioni che presenta altri fattori chiave, come l'inflazione dei prezzi del petrolio, del gas e dei prodotti alimentari indotta dalla speculazione di alcune multinazionali. Secondo la relazione, il quadro dell'UE in materia di rendicontazione di sostenibilità e dovere di diligenza è all'origine di ingenti oneri normativi. In assenza di prove che colleghino la legislazione in materia di sostenibilità alla presunta mancanza di competitività dell'UE, questa visuale ristretta è diventata un pretesto per eventualmente smantellare per intero la legislazione in materia di sostenibilità.

Con questo particolare "pacchetto Omnibus", la Commissione intende semplificare alcuni degli strumenti più importanti recentemente adottati per affrontare l'impatto delle grandi imprese sui cittadini e sull'ambiente: tra questi, la direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, adottata solo lo scorso anno e non ancora attuata.

Qualsiasi discussione sul contenuto del pacchetto rimane per ora allo stadio di ipotesi. Tuttavia, uno dei principali rischi derivanti dal "pacchetto Omnibus" è che gli strumenti di sostenibilità vengano rimessi in discussione, cosa che potrebbe portare alla rinegoziazione di disposizioni essenziali (come la responsabilità civile o i piani di transizione climatica a norma della direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità). La Coalizione europea per la responsabilità sociale d'impresa è fermamente contraria a una riapertura della discussione sulla legislazione già concordata in materia di sostenibilità, che avrebbe l'effetto di accrescere l'incertezza normativa, di mettere a rischio il rispetto dei diritti umani e dell'ambiente da parte delle imprese e di penalizzare gli operatori che si muovono per primi.

Influenza sproporzionata delle imprese nell'ambito di un processo di consultazione viziato

L'annuncio del "pacchetto Omnibus" e l'elaborazione della proposta da parte della Commissione sono stati condotti in una totale mancanza di trasparenza e senza tenere conto dei Trattati dell'UE o delle norme procedurali della Commissione stessa.

La Commissione intende presentare la sua "iniziativa Omnibus" in tempi molto brevi, cosa che renderà impossibile effettuare un'adeguata valutazione d'impatto e una consultazione pubblica. Tale approccio è incompatibile con il diritto di partecipare ai processi decisionali dell'UE, un principio democratico tutelato dai Trattati dell'UE. È inoltre in contrasto con gli orientamenti per legiferare meglio della Commissione, che richiedono una consultazione ampia e trasparente dei portatori di interessi durante l'elaborazione delle politiche da parte della stessa Commissione.

Nel febbraio 2025 la Commissione ha invece dato vita a una parvenza di consultazione, facendo a suo dire "il punto della situazione", con un piccolo e selettivo gruppo di portatori di interessi, principalmente grandi aziende e associazioni di imprese. Molte di queste imprese sono attualmente alle prese con azioni legali riguardanti i diritti umani o gli abusi ambientali nelle loro attività o nelle loro catene del valore. Hanno pertanto un interesse concreto a indebolire la legislazione in materia di sostenibilità, a discapito dei lavoratori, delle comunità locali e dell'azione per il clima. Inoltre, la rappresentanza sproporzionata delle grandi imprese è in netto contrasto con quella, inadeguata, della società civile. Le organizzazioni della società civile, i sindacati e le piccole imprese sono stati rappresentati solo simbolicamente, mentre le vittime di abusi societari e le imprese che promuovono le norme in materia di sostenibilità sono state completamente escluse dal confronto.

"Pacchetto Omnibus": una potenziale minaccia per delle politiche climatiche ambiziose

La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il commissario Valdis Dombrovskis, che supervisiona l'intero processo di "semplificazione", sembrano allinearsi all'agenda delle imprese più grandi e potenti. In particolare, tra i partner principali della Commissione nella proclamata verifica del "punto della situazione" figuravano imprese dei settori petrolifero e petrolchimico, del gas, dell'automobile e finanziario, le cui attività contribuiscono in modo significativo ai cambiamenti climatici e che hanno interesse a ridurre gli obblighi climatici. Data l'attuale crisi climatica e i suoi effetti negativi sulle persone e sull'ambiente, ciò fa temere che il "pacchetto Omnibus" possa rappresentare un passo indietro per le politiche climatiche.

La priorità della Commissione dovrebbe essere l'attuazione e non già la deregolamentazione

Se è realmente preoccupata per la competitività, la riduzione dell'onere normativo, i diritti umani e la giustizia climatica, la Commissione dovrebbe valutare come attuare efficacemente gli strumenti di sostenibilità. Ciò può essere facilmente realizzato elaborando orientamenti per assistere le imprese e le autorità degli Stati membri, come indicato dalla direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, nonché sviluppando il finanziamento e promuovendo la creazione di capacità. Tale approccio risponderebbe alle critiche espresse nella relazione Draghi in merito alla mancanza di orientamenti per facilitare l'applicazione della legislazione dell'UE in materia di sostenibilità.

In ultima analisi la riscrittura di normative fondamentali in materia di sostenibilità, effettuata in tutta segretezza, a porte chiuse e insieme ad alcune delle maggiori imprese mondiali, non è certo la strada giusta verso il conseguimento di un'autentica competitività. 

Andriana Loredan è responsabile delle politiche presso la Coalizione europea per la responsabilità sociale d'impresa (ECCJ) e partecipa alla campagna in favore della direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità sin dalla presentazione della relativa proposta nel 2022. In precedenza ha lavorato presso l'organizzazione Anti-Slavery International, occupandosi del tema delle imprese e dei diritti umani sotto il profilo del lavoro forzato. 

Non mettiamo a repentaglio le conquiste ambientali, sociali ed economiche realizzate con fatica negli ultimi decenni

Secondo Danny Jacobs, direttore generale della rete ambientale fiamminga Bond Beter Leefmilieu (BBL), l'Unione europea deve resistere alla tentazione della deregolamentazione, dato che non farebbe che creare incertezza per le imprese, indebolire la competitività orientata alla sostenibilità e ridurre il benessere e la fiducia dei cittadini. Jacobs ha condiviso con noi le preoccupazioni delle ONG ambientaliste in merito all'ultima proposta dell'UE volta a semplificare le normative che, secondo i loro timori, potrebbe far passare in secondo piano le principali ambizioni del Green Deal europeo.

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Secondo Danny Jacobs, direttore generale della rete ambientale fiamminga Bond Beter Leefmilieu (BBL), l'Unione europea deve resistere alla tentazione della deregolamentazione, dato che non farebbe che creare incertezza per le imprese, indebolire la competitività orientata alla sostenibilità e ridurre il benessere e la fiducia dei cittadini. Jacobs ha condiviso con noi le preoccupazioni delle ONG ambientaliste in merito all'ultima proposta dell'UE volta a semplificare le normative che, secondo i loro timori, potrebbe far passare in secondo piano le principali ambizioni del Green Deal europeo.

Che cosa pensa delle ultime iniziative della Commissione in materia di deregolamentazione, come la bussola per la competitività o il pacchetto Omnibus?

La Commissione europea ha presentato un programma di deregolamentazione e semplificazione fondato su motivazioni economiche, che rischia di compromettere i risultati ambientali, sociali ed economici ottenuti con fatica. A causa di questa tensione tra adattamento e mantenimento dell'acquis europeo, l'Unione europea ha difficoltà a tenere dritta la barra.

La bussola per la competitività, presentata dalla Commissione a fine gennaio, ribadisce le preoccupazioni delle imprese per i costi dell'energia e le sfide economiche, ma relega in secondo piano priorità fondamentali quali l'obiettivo "inquinamento zero" e il benessere dei cittadini, senza riuscire a guidare l'economia europea verso un futuro pulito, prospero e circolare. La bussola rischia di sviare l'Europa dai suoi obiettivi. Promuovere una decarbonizzazione competitiva senza integrare gli obiettivi sociali e ambientali finisce per compromettere lo scopo stesso delle istituzioni dell'UE, ossia servire e difendere il bene comune.

Ciò che preoccupa le organizzazioni della società civile è il rischio posto dall'obiettivo di semplificazione del 25 % previsto dalla bussola. Se razionalizzare la regolamentazione è positivo, semplificarla senza effettuare valutazioni approfondite potrebbe compromettere le tutele sanitarie, sociali e ambientali critiche. Non è tanto la regolamentazione a ostacolare l'innovazione delle imprese, quanto piuttosto la mancanza di norme chiare. Un'ulteriore deregolamentazione non farebbe che creare un clima di incertezza, penalizzando gli operatori che si muovono per primi (cioè le imprese che assumono un ruolo guida) e pregiudicando i progressi e la sostenibilità.

Temiamo inoltre che questo impulso alla semplificazione vada a scapito degli obiettivi ambientali e sociali. La direttiva relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità (CSRD), la direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e la tassonomia dell'UE presentano molte lacune e non hanno conseguito gli obiettivi ai quali avrebbero potuto aspirare. Indebolire ulteriormente tali direttive, partendo da una situazione già sfavorevole, le priverebbe di significato.

Un altro esempio concreto permette di illustrare il contesto attuale:  negli ultimi anni le Fiandre hanno dovuto far fronte a un enorme problema causato dalle sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS), che inquinano gran parte del nostro territorio e hanno conseguenze per centinaia di migliaia di cittadini. Una restrizione o un divieto ai sensi della normativa europea sulle sostanze chimiche (REACH) è considerato lo strumento più efficace per controllare i rischi posti dalle sostanze che, come le PFAS, sono utilizzate nei processi industriali e nei prodotti (miscele e articoli). Se la Commissione europea dovesse cessare di riconoscere l'importanza di mantenere un regolamento REACH rigoroso, aumenterebbe il rischio di esposizione a sostanze chimiche pericolose, il che andrebbe a scapito della salute pubblica. Le imprese sarebbero soggette a minori obblighi di cercare alternative sicure e ciò frenerebbe l'innovazione nell'ambito della chimica sostenibile. L'inquinamento ambientale potrebbe intensificarsi, in quanto un allentamento delle norme comporterebbe un aumento degli scarichi e dei rifiuti pericolosi. I consumatori sarebbero esposti a maggiori rischi poiché i prodotti non sarebbero controllati in modo altrettanto accurato per individuare eventuali sostanze tossiche. Questo potrebbe determinare un ritardo delle imprese europee nella transizione globale verso prodotti più sicuri e rispettosi dell'ambiente; esse perderebbero infatti quote di mercato rispetto ai concorrenti che adottano innovazioni adeguate alle esigenze future.

Quanto è ottimista riguardo al destino del Green Deal alla luce del nuovo percorso annunciato dalla Commissione per stimolare l'economia europea?

Il programma di lavoro della Commissione europea per il 2025 presenta sia promesse che rischi. Sebbene il suo impegno a favore della decarbonizzazione e dell'energia a prezzi accessibili indichi un possibile percorso verso un'Europa più pulita e resiliente, le principali ambizioni del Green Deal europeo rischiano di passare in secondo piano. La proposta di regolamento Omnibus suscita crescenti perplessità dato che, con il pretesto della "semplificazione", potrebbe fungere da porta di servizio attraverso cui far passare la deregolamentazione in materia di responsabilità delle imprese. Dati recenti mostrano che la semplificazione è troppo spesso utilizzata per indebolire garanzie essenziali, che si tratti della legislazione sui prodotti chimici o dell'agricoltura. Ne è un esempio evidente la riforma affrettata della politica agricola comune (PAC) introdotta nel marzo 2024, che ha eliminato le salvaguardie verdi. Ora, la tanto attesa revisione del regolamento REACH, concepito come uno strumento di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, rischia di essere convertita in una misura di "semplificazione" volta a snellire le norme del settore.

Solo pochi mesi fa la Presidente von der Leyen ha promesso di mantenere la rotta verso tutti gli obiettivi del Green Deal europeo; eppure l'attuale programma di lavoro presenta un quadro diverso, considerando meno prioritari gli obiettivi per cui è invece più urgente intervenire, in particolare l'obiettivo "inquinamento zero".

Ritiene che la deregolamentazione, come viene proposta, potrebbe avere un impatto negativo sulla sostenibilità e sui progressi compiuti finora?

L'UE deve resistere alla tentazione di ricorrere alla deregolamentazione, che non farebbe che compromettere la certezza e la prevedibilità del diritto per le imprese, indebolire la competitività a lungo termine basata sulla sostenibilità ed erodere il benessere e la fiducia dei cittadini.

L'UE deve garantire che ridurre la burocrazia non significhi ridurre la protezione dell'ambiente e della salute pubblica. L'attuazione intelligente dovrebbe rafforzare e non compromettere il Green Deal europeo. Indebolire le principali tutele ambientali e sociali con il pretesto di ridurre la burocrazia non è una strategia che permette di rafforzare l'economia. Si tratta di un passo indietro piuttosto imprudente che pregiudicherà le stesse norme concepite per adeguare la nostra economia alle esigenze future. Tutto ciò accresce il rischio allarmante di vanificare un decennio di progressi in materia di sostenibilità.

Allo stesso tempo, in tutta l'Unione la società civile è sottoposta a crescenti pressioni dovute a leggi restrittive sugli agenti stranieri, repressioni delle proteste e tagli ai finanziamenti, tutte misure che minacciano i diritti fondamentali. Lo scudo europeo per la democrazia e l'imminente strategia europea per la società civile devono andare oltre gli impegni puramente simbolici: devono garantire tutele giuridiche, finanziamenti sostenibili e un dialogo civile strutturato con le istituzioni dell'UE. Il programma di lavoro della Commissione deve dare priorità alla salvaguardia della democrazia rafforzando la società civile, poiché senza una società civile indipendente e dotata di risorse adeguate, la democrazia stessa è a rischio in Europa.

Danny Jacobs è il direttore generale di Bond Beter Leefmilieu - BBL (una federazione belga di 135 ONG ambientaliste delle Fiandre) e uno dei rappresentanti belgi dell'Ufficio europeo per l'ambiente (la più grande rete europea di organizzazioni ambientali dei cittadini, che rappresenta circa 30 milioni di membri individuali e sostenitori).

Redazione

Ewa Haczyk-Plumley (editor-in-chief)
Laura Lui (ll)

Hanno collaborato a questo numero

Christian Weger (cw)
Daniela Vincenti (dv)
Dimitra Panagiotou (dm)
Erika Paulinova (ep)
Ewa Haczyk-Plumley (ehp)
Giorgia Battiato (gb)
Jasmin Kloetzing (jk)
Katerina Serifi (ks)
Laura Lui (ll)
Leonard Mallet (lm)
Marco Pezzani (mp)
Margarita Gavanas (mg)
Margarida Reis (mr)
Millie Tsoumani (mt)
Pablo Ribera Paya (prp)
Samantha Falciatori (sf)
Parminder Shah (sp)
Thomas Kersten (tk)

Coordinamento

Agata Berdys (ab)
Giorgia Battiato (gb)

 

 

Indirizzo

European Economic and Social Committee
Jacques Delors Building,
99 Rue Belliard,
B-1040 Brussels, Belgium
Tel. (+32 2) 546.94.76
Email: eescinfo@eesc.europa.eu

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Reproduction permitted if EESC info is mentioned as the source and a link  is sent to the editor.
 

February 2025
02/2025

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